Nonostante il numero di morti legate all’Aids sia sceso al livello più basso dal 2004, la battaglia contro l’epidemia rimane fragile: ogni minuto, nel mondo, una persona continua a morire a causa della malattia. A lanciare un nuovo, forte allarme è stata giovedì 5 giugno l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite durante la revisione dei progressi nella lotta all’Hiv/Aids.
Un successo multilaterale minacciato da tagli e disimpegno
“Più di 30 milioni di persone nel mondo stanno ricevendo trattamenti salvavita: questo è un chiaro esempio di successo multilaterale”, ha dichiarato Amina Mohammed, Vice Segretaria Generale dell’Onu, “Tuttavia tale progresso è oggi minacciato da una combinazione pericolosa di disimpegno politico e tagli ai finanziamenti, con effetti dirompenti sull’accesso ai servizi sanitari per l’Hiv.
“L’impegno globale si sta affievolendo. I fondi stanno diminuendo. E i servizi e i sistemi sanitari per l’Hiv sono in fase di disgregazione”, ha denunciato Mohammed, parlando di una “serie di minacce” che rischiano di annullare i risultati ottenuti in decenni di lavoro.
Impatti concreti: chiusura delle cliniche e rischio per i più vulnerabili
Secondo i dati condivisi in sede Onu, il progressivo taglio dei finanziamenti – incluso quello incombente sul programma PEPFAR degli Stati Uniti, cruciale nella lotta all’Hiv in Africa – ha già comportato la chiusura di numerose cliniche e una riduzione significativa della disponibilità di farmaci. Ad essere più colpiti sono i gruppi più vulnerabili, come le adolescenti e le giovani donne, che si trovano ora esposte a un rischio maggiore di infezione.
L’Unaids, programma congiunto delle Nazioni Unite sull’Hiv/Aids, ha stimato che, senza un’inversione di tendenza, entro il 2029 potrebbero verificarsi fino a 4 milioni di morti aggiuntive e oltre 6 milioni di nuove infezioni.
Appello: “Non distruggiamo i progressi a lungo termine per miopi tagli a breve termine”
“Non possiamo permettere che tagli a breve termine distruggano progressi a lungo termine”, ha ribadito con forza la Vice Segretaria Generale. Da qui l’appello urgente alla comunità internazionale per affrontare la crisi dei finanziamenti. In particolare, Mohammed ha sottolineato come metà dei Paesi dell’Africa sub-sahariana spenda oggi più per il servizio del debito che per la sanità. Serve quindi – ha spiegato – un’azione congiunta che comprenda alleggerimento del debito, riforma fiscale e maggiore sostegno internazionale.
Diritti umani al centro della risposta sanitaria
Oltre all’aspetto economico, l’alto funzionario Onu ha denunciato le crescenti aggressioni ai diritti umani, con leggi punitive, violenza di strada e discorsi d’odio che colpiscono i gruppi marginalizzati, alimentando lo stigma e allontanando le persone dai servizi sanitari. “Proteggere la salute significa proteggere i diritti umani”, ha affermato.
Particolarmente preoccupante è il definanziamento delle organizzazioni guidate dalle comunità locali, proprio nel momento in cui il loro lavoro risulta cruciale per arginare l’epidemia. L’Onu e i suoi partner – ha detto Mohammed – devono rafforzare il loro sostegno a queste realtà.
Un traguardo ancora raggiungibile, ma non garantito
“La fine dell’Aids non è un mistero”, ha concluso Amina Mohammed. “Eliminare la malattia entro il 2030 è ancora possibile. Ma il successo non è garantito”.