Sfida a tre per il tumore al polmone

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(Reuters Health) – Chi soffre di un tumore del polmone EGFR-positivo potrebbe beneficiare di più del farmaco in sperimentazione di Pfizer, dacomitinib, piuttosto che di Iressa (AstraZeneca), mentre chi ha una forma ALK-positiva potrebbe avere più vantaggi dal trattamento con Alecensa (Roche), piuttosto che con Xalkori (Pfizer). È quanto hanno dimostrato due studi presentati all’incontro annuale dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO). Il primo studio ha preso in considerazione 452 pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule (NSCLC) ed EGFR-positivo, sui quali è stato testato dacomitinib, un antitumorale per via orale di nuova generazione messo a punto da Pfizer. Il trattamento con questo farmaco è stato confrontato con la terapia standard, così il farmaco di Pfizer sarebbe riuscito a prolungare la sopravvivenza libera da malattia di 14,7 mesi, rispetto ai 9,2 di Iressa. Con l’aumento dell’efficacia, però, ci sarebbe stato anche un aumento degli effetti collaterali dovuti alla soppressione dei normali geni EGFR nei tessuti sani di pelle e tratto gastrointestinale, con acne e diarrea. In circa il 60% dei pazienti trattati con il farmaco di Pfizer, la dose sarebbe stata infatti ridotta. Nonostante questo, Pfizer ha intenzione di discutere di questi dati con l’autorità regolatoria per chiedere  l’approvazione del farmaco. E se arriverà l’ok della FDA, il medicinale di Pfizer andrà a competere con l’unico inibitore EGFR approvato per il tumore del polmone, Gilotrif (afatinib) di Boehringer Ingelheim.

Il secondo studio, che ha messo a confronto Alecensa, di Roche, con Xalkori, di Pfizer, ha invece preso in considerazione pazienti con NSCLC ALK-positivi. Il medicinale dell’azienda svizzera sarebbe stato in grado di arrestare la diffusione del tumore per una media di 15 mesi di più del trattamento con il rivale di Pfizer, con minori effetti collaterali. Il trial clinico è stato condotto su 303 pazienti e avrebbe dimostrato che il trattamento con Alecensa sarebbe in grado di ridurre il rischio di progressione della malattia o di morte del 53% rispetto al farmaco di Pfizer. In media, i pazienti in terapia con il medicinale di Roche, infatti, sarebbero sopravvissuti 25,7 mesi prima della progressione della malattia, rispetto ai 10,4 mesi di Xalkori. Inoltre, il tumore si sarebbe diffuso al cervello nel 9% dei pazienti in terapia con Alecensa, contro il 41% di quelli trattati con Xalkori. Tra gli effetti collaterali, i ricercatori del Massachusetts General Hospital di Boston ,che hanno condotto lo studio, avrebbero rilevato stanchezza, costipazione e dolori muscolari nel 41% dei pazienti trattati con Alecensa, contro il 50% di quelli in trattamento con Xalkori. Alecesa (alectinib) è attualmente approvato solo come terapia di seconda linea, nei pazienti in fase avanzata che si aggravano nonostante il trattamento con Xalkori (crizotinib). Le vendite del medicinale di Roche sono arrivate a 189 milioni di dollari l’anno, mentre quelle di Xalkori sono state di 145 milioni di dollari.

Fonte: ASCO/Reuters Health News

(Versione italiana per Daily Health Industry)

 

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