Oncologia. Le terapie innovative avanzano, ma il sistema è ancora troppo indietro. Le riflessioni a Camerae Sanitatis

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L’oncologia sta facendo passi da gigante. La medicina personalizzata e in particolare le terapie di precisione stanno portando a un vero e proprio cambio di paradigma per quanto riguarda i trattamenti oncologici. Lo sviluppo e la produzione di farmaci innovativi accelera. Ma la scienza da sola non basta. Perché per poter rappresentare davvero un punto di svolta, queste innovazioni devono diventare accessibili ai cittadini. Ed è qui che la politica e il sistema possono fare la differenza.

Uno sforzo in tal senso va compiuto anche in Italia. L’infrastruttura burocratica e tecnologica, così come la diagnostica, sono rimaste indietro rispetto all’innovazione terapeutica. Anche la rete oncologica, già esistente, appare ancora troppo debole e non in grado di coinvolgere in modo uniforme l’intero territorio italiano.

La somministrazione della terapia con cellule Car-T è un esempio: l’Italia rappresenta un’eccellenza, al punto che i risultati ottenuti con il farmaco sono migliori di quelli emersi dai trial clinici, occorre però rendere omogenea la distribuzione dei centri che erogano la terapia su territorio nazionale. Per riuscirci è indispensabile il coinvolgimento della politica.

Sono queste le principali riflessioni emerse nel corso della nuova puntata di Camerae Sanitatis dedicata al “governo” del diritto all’innovazione in oncologia. Giunto al quindi appuntamento, format nato dalla collaborazione tra l’Intergruppo parlamentare Scienza & Salute e SICS editore, ha visto intervenire , moderati da Ester Maragò, giornalista di Quotidiano SanitàAngela Ianaro, Presidente Intergruppo Parlamentare Scienza&SaluteProfessore di farmacologia Università degli Studi di Napoli “Federico II”; l’ On.Fabiola Bologna, Segretario della XII Commissione Affari Sociali; Arturo Cavaliere, Presidente S.I.F.O Società Italiana di Farmacologia Ospedaliera e dei servizi Farmaceutici delle Aziende Sanitarie; Fabio Ciceri, Presidente G.I.T.M.O. Gruppo Italiano per il Trapianto di Midollo Osseo, cellule staminali e terapia cellulare; Saverio Cinieri, Presidente A.I.O.M, Associazione Italiana di Oncologia Medica; Francesco De Lorenzo, Presidente F.A.V.O. Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia; Marino Nonis, Referente Progetto It.DRG del MinSal presso ISS Roma e Dirigente Medico c/o Dir.Strategica AO San Camillo – Forlanini Roma; Concetta Quintarelli, Segretario del working group sulle CART-A.C.C.Alleanza Contro il Cancro; Claudio Tripodo, S.I.A.P.E.C. Società Italiana di Anatomia Patologica e Citologia Diagnostica -Segretario del Gruppo di Studio Patologia Sperimentale (GIPS); Marco Vignetti, Presidente Fondazione G.I.M.EM.A, Gruppo Italiano Malattie Ematologiche dell’Adulto; Luigi Boano, General Manager Novartis Oncology Italia.


Ad aprire il confronto Angela Ianaro, che ha evidenziato come “i processi innovativi in oncologia stiano portando a un cambio di paradigma”. Una rivoluzione che, “per essere governata, veicolata e compresa, necessita di un cambiamento culturale”. Una “comprensione profonda dell’innovazione che si sta portando” che, per Ianaro, “deve riflettersi anche nella corretta informazione al paziente”.

La portata dei cambiamenti in ambito terapeutico oncologico è enorme. Stiamo assistendo, ha spiegato Arturo Cavaliere, a una “transizione da un modello istologico a un modello agnostico in cui la mutazione genica e quindi la profilazione genica andrà a sostituire l’istologia e la sede del tumore”. Il presidente della Sifo ha quindi fornito alcuni dati indicativi: “Siamo già alla quarta terapia agnostica nel mondo, in generale ci sono circa 16.000 farmaci in via di sviluppo, con circa 1.500 trial clinici”.

In Italia, gli oncologi si sono adeguati rapidamente alla medicina di precisione, ha commentato Saverio Cinieri. “I centri sono in grado di identificare il bersaglio terapeutico e di somministrare le nuove terapie. Il problema è che il percorso burocratico e amministrativo per l’accesso a tali trattamenti è così complesso da mettere in difficoltà le piccole oncologie”. È quindi fondamentale “sburocratizzare” questo aspetto della prescrivibilità e della somministrabilità del farmaco. Inoltre, il Presidente AIOM chiede alla politica che “la somministrabilità dei farmaci agnostici ai pazienti sia velocizzata”. Se il tumore di un paziente presenta una mutazione che è il target terapeutico di un farmaco approvato per altri tipi di tumore, l’oncologo dovrebbe poter prescrivere quel farmaco, anche se l’indicazione non è ancora arrivata.

Il problema fondamentale messo in luce da Francesco De Lorenzo è la difficoltà per i malati di accedere alle terapie personalizzate: “serve un’organizzazione al livello nazionale, una cabina di regia, un monitoraggio che faccia in modo che tutti i malati, in Italia, indipendentemente da dove risiedono, abbiano lo stesso tipo di accesso alle terapie”.

E aggiunge: “Credo che la politica e le società scientifiche, debbano guardare a una ristrutturazione del Servizio Sanitario Nazionale” e il Parlamento dovrebbe definire le risorse e i finanziamenti per mettere in atto un “piano oncologico nazionale”. De Lorenzo ha quindi evidenziato che senza finanziamenti non è possibile attuare nessuno dei propositi discussi, per cui bisogna “fare in modo che nell’ambito del PNRR una parte dei fondi previsti per la digitalizzazione e per la tecnologia, sia destinata ai malati di cancro, altrimenti è inutile parlare di innovazione”. E conclude: “la Commissione Europea ha previsto 4 miliardi di euro per prevenzione, diagnosi, trattamento e qualità della vita dei pazienti oncologici”.

Ma serve anche una diagnostica al passo con i tempi, hanno evidenziato gli esperti. Nonché reti oncologiche efficienti, che per Saverio Cinieri devono essere nazionali e che diventano fondamentali perché vengano eseguiti dei test molecolari, quelli che poi consentono di dare l’indicazione per la terapia di precisione, su tutto il territorio italiano. “Non possiamo occuparci tutti di tutto, quindi deve esserci uno scambio ancora più importante con i colleghi patologi”.

L’anatomia patologica serve, in questo contesto di innovazione terapeutica, “a formulare un giudizio preciso sull’eleggibilità dei pazienti, valutare la presenza dei target e l’opportuna riuscita di un percorso terapeutico per i pazienti”, ha commentato Claudio Tripodo. “Purtroppo anche l’anatomia patologica si trova in un collo di bottiglia dovuto a un’infrastruttura burocratica, ambientale, tecnologica, che è inadeguata rispetto alla velocità con cui procede l’innovazione”.

Luigi Boano concorda: “La messa a punto  e la disponibilità di terapie innovative non va di pari passo con gli aspetti diagnostici. Man mano che si sviluppano terapie target, è importante rendere disponibili analisi diagnostiche che consentano di identificare correttamente i pazienti che possano trarre beneficio da queste terapie”. E aggiunge: “il percorso di rimborsabilità dei farmaci segue una sua via, diversa da quella del percorso di messa a disposizione di metodologie diagnostiche. E spesso arriva prima il farmaco rispetto alla parte diagnostica”. Serve quindi un’accelerazione della parte diagnostica, ed è importante “che ci sia uniformità tra le Regioni italiane”.

“La rete di Alleanza Contro il Cancro – ha sottolineato Concetta Quintarelli – ha cercato di colmare dei gap esistenti nel SSN, in particolare generando esperienze nella biologia molecolare e nell’approfondimento della diagnostica molecolare”. “Le conoscenze che si sono sviluppate – ha proseguito – sono andate in maniera capillare a tutti gli IRCCS che fanno parte della rete oncologica in modo tale che la diagnostica molecolare fosse più  a contatto con i nostri pazienti e risolvesse nell’immediato la loro caratterizzazione”. Questo però non è sufficiente, conclude: “è necessario allargare questo network a tutti gli ospedali”.

Marco Vignetti ha sottolineato come l’oncologia e l’ematologia italiana siano all’avanguardia nella ricerca nel mondo. “Questo accade attraverso iniziative partite dai centri del SSN, dai ricercatori che si sono messi insieme per aggirare una serie di problematiche concrete”. Una rete esiste ma “deve essere istituzionalizzata e resa solida dal SSN. Non bisogna costruire nulla di nuovo, abbiamo strutture e un’attività di eccellenza, ma queste devono essere riconosciute”.

La regionalizzazione del sistema sanitario, in generale, porta a un problema strutturale, come ha osservato Marino Nonis. “Si verificano delle situazioni di obiettiva diseguaglianza”. E aggiunge: “”n modo molto pragmatico, metodologicamente, dovremmo trovare delle strade che consentano di migliorare l’accessibilità”. “Nel DPCM sui LEA del 2017 – ha osservato Nonis – le uniche prestazioni che hanno anche un corrispettivo monetario sono i DRG e la specialistica ambulatoriale. Credo che sia inaccettabile non avere un nomenclatore tariffario, un linguaggio comune, che dica come si traducono i LEA in erogazione e accesso alle prestazioni”.

“È necessaria un’evoluzione culturale, l’organizzazione deve estendersi in modo uniforme su tutte le Regioni e bisogna valutare gli esiti e il beneficio di ciò che viene fatto”, ha riassunto Fabiola Bologna.

L’esempio della terapia con cellule Car-T. Da due anni, in Italia, sono disponibili delle terapie a base di cellule Car-T, farmaci “viventi”, altamente innovativi. L’eccellenza dei centri che somministrano la terapia e le difficoltà emerse da un punto di vista logistico e amministrativo sono un buon esempio della necessità di un adeguamento delle strutture all’emergere di nuovi trattamenti.

“La somministrazione delle Car-T, presuppone un’infrastruttura logistica che oggi risiede nelle unità di trapianto di midollo che svolgono attività di trapianto complesso”, ha osservato Fabio Ciceri. “In Italia ci sono più di 50 centri che svolgono questo genere di attività”. E aggiunge: “la rete dei trapianti di staminali di midollo in Italia rappresenta esempio virtuoso di rete di centri che operano in grande trasparenza”. E questo può facilitare l’estensione della qualifica di centri per le terapie avanzate.

Ci sono però due grossi ostacoli all’estensione dal punto di vista dei centri che le erogano. “Il primo è di logistica, di connessione con i centri ematologici che seguono i pazienti candidati per questa terapia. Comunichiamo per mail, ma serve un sistema che consenta uno scambio efficace e oggettivo nei due sensi. Bisognerebbe quindi investire in tecnologie informatiche”. Il secondo limite consiste nel fatto che “la terapia Car-T si è aggiunta alle attività in corso per questi centri. Non essendo realtà espandibili al momento, il risultato è che la terapia è andata a competere con le attività esistenti. Quindi serve una programmazione a livello regionale e nazionale che permetta ai centri di espandere le attività in base alle richieste”.

In Italia, tutti i pazienti trattati con le Car-T vengono inseriti nei registri, seguiti e monitorati con grande attenzione, osserva Boano. “I risultati in Italia sono addirittura superiori rispetto a quelli dei trial clinici registrativi a livello internazionale. Questo rende merito della preparazione dei centri italiani che somministrano il farmaco”. Adesso bisogna “rendere omogenea la distribuzione di questi centri su territorio nazionale”.  Quando arriveranno altre Car-T per altre patologie ematologiche “si potrebbe andare incontro a sofferenza perché non ci sarà disponibilità adeguata di letti presso questi centri”.

Camilla De Fazio

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