Nessun effetto panico. Almeno per ora. A pochi giorni dall’annuncio dell’introduzione di nuove tariffe sulle importazioni farmaceutiche, il settore biotech statunitense mostra una tenuta sorprendente sui mercati finanziari. Le principali aziende del settore, da Eli Lilly a Pfizer, hanno già attivato contromisure operative per attenuare l’impatto immediato delle misure sulle quali sta ragionando Trump.
Secondo quanto riportano il quotidiano finanziario Barron’s e il Wall Street Journal, molte pharma USA avrebbero accumulato scorte sufficienti per garantire la continuità produttiva per 12–18 mesi. Parallelamente procede senza sosta il processo di reshoring, che punta a riportare negli Stati Uniti la produzione di principi attivi e dispositivi medicali, rafforzando l’autonomia industriale nazionale.
La Borsa sta premiando queste strategie: l’indice Nasdaq Biotechnology ha chiuso in rialzo due giorni fa, sostenuto da investitori che scommettono su una relativa immunità del comparto farmaceutico, almeno nel breve termine.
Resta da valutare l’effetto delle tariffe nel medio-lungo periodo. Gli analisti avvertono che eventuali ulteriori escalation – Trump ha parlato di aumenti progressivi fino al 200% – potrebbero mettere sotto pressione soprattutto le aziende che più dipendono dalla supply chain asiatica e dagli ingredienti attivi provenienti da India e Cina.
Le prossime settimane saranno cruciali per capire l’evoluzione del piano tariffario e le eventuali contromisure politiche e industriali del settore.