Boehringer Ingelheim: Nintedanib rimborsabile anche in Italia

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Nintedanib, farmaco per il trattamento della Fibrosi Polmonare Idiopatica approvato dall’agenzia regolatoria europea (Ema) nel gennaio 2015, ha ottenuto la rimborsabilità anche in Italia. Lo ha annunciato Boehringer Ingelheim, precisando che, per i criteri di rimborsabilità adottati dall’AIFA, solo una parte dei 515 pazienti attualmente in terapia attraverso l’uso compassionevole del farmaco potrebbe continuare a utilizzarlo, ma l’azienda ha deciso di assicurarlo anche agli altri, con relativo costo a suo carico.

La Fibrosi polmonare idiopatica e’ una malattia respiratoria rara, progressiva e cronica, caratterizzata da formazione di tessuto cicatriziale nei polmoni, con conseguente e progressiva perdita della funzionalità respiratoria. Si manifesta con tosse secca e difficoltà a respirare durante uno sforzo, ed è ritenuta una malattia ‘killer’ in quanto il tasso di sopravvivenza a 3 anni e’ di circa il 50%, peggiore di quella di molti tumori. Si stima che in Italia colpisca circa 15.000 persone, con circa 4.500 nuovi casi l’anno.

“Per questa malattia, fino a pochi anni fa, non esisteva alcun trattamento – spiega Alberto Pesci, Direttore Clinica di Pneumologia dell’Universita’ di Milano Bicocca – A partire dagli anni 2000 diversi studi hanno permesso di analizzare più di 5.000 pazienti e di individuare molecole efficaci che, sebbene non siano in grado di curare la patologia, possono rallentarne significativamente la progressione. Questo consente ai pazienti di avere un’aspettativa di vita più lunga e qualitativamente migliore. Il primo farmaco efficace ad entrare sul mercato tre anni fa è stato pirfenidone – aggiunge il Professor Pesci – ora l’arsenale terapeutico si è arricchito con nintedanib”. Le potenzialità di utilizzo di nintedanib sono state dimostrate da due studi, che hanno coinvolto oltre 1.000 pazienti e dimostrato l’efficacia del farmaco nel rallentare l’evoluzione della malattia, riducendo del 50% il declino della funzionalità polmonare e del 47% il rischio di esacerbazioni acute della malattia, eventi clinici di tale gravità da essere spesso fatali.

 

 

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