Ricerca antibiotici, si può dare di più

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Al contrario di malattie come cancro e patologie rare, che hanno ritorni economici importanti sugli investimenti, le infezioni antibiotico-resistenti non sarebbero sostenibili per le aziende e questo costituirebbe anche il motivo dei pochi investimenti in Ricerca & Sviluppo in questo ambito.

A esserne convinto è l’economista britannico Jim O’Neil, già presidente di Goldman Sachs Asset Management, che ha spiegato le sua posizione nell’ambito di un incontro dell’ente benefico Wellcome Trust, nel Regno Unito.

Secondo O’Neil il problema potrebbe essere superato con un sistema ‘play or pay‘, con premi tra il miliardo e il miliardo e mezzo di euro per ogni nuovo antibiotico di successo, incentivando finanziariamente le aziende.

Una delle altre idee avanzate, e di cui si è parlato nel corso degli anni, è nazionalizzare la ricerca sugli antibiotici, anche se questo eliminerebbe qualsiasi elemento di competizione e richiederebbe ingenti somme di denaro da parte dei contribuenti.

Secondo Tim Jinks, capo del programma sulle infezioni farmaco-resistenti di Wellcome Trust “la scienza non può risolvere da sola questo problema”.

L’esperto è convinto che “le piccole aziende biotech stanno diventando il motore di innovazione degli antibiotici” ma soffrirebbero, secondo Jinks, della mancanza di risorse che il settore farmaceutico ha, ma che non sta usando.

Dagli anni Ottanta non è stato introdotto alcun nuovo antibiotico e la resistenza dei microbi potrebbe portare alla diffusione di nuove infezioni mortali. Secondo O’Neil, infatti, la resistenza antibiotica potrebbe arrivare a uccidere altre 10 milioni di persone l’anno entro la metà del secolo.

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