Deal, parola d’ordine dei CEO USA

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In quale modo i CEO delle società lifescience statunitensi prevedono di raggiungere gli obiettivi di crescita nei prossimi anni?

È questa la domanda principale espressa da un recente sondaggio KPMG rivolto a 193 top manager di vari settori del lifescience, 44 dei quali con sede negli Stati Uniti.

Circa il 43% dei CEO della biopharma statunitense ha una “grande fame “di fusioni; un dato in salita del 33% rispetto al sondaggio di un anno fa.

“I CEO del lifescience si rendono conto che ha grande utilità trovare partner con capacità nella ricerca per portare i prodotti sul mercato sia attraverso la collaborazione con start-up o con partner di venture capital oppure cercando soluzioni tecnologiche”, dice Carole Streicher, leader della consulenza aziendale di KPMG per l’assistenza sanitaria e le lifescience.

I bassi tassi di interesse e le valutazioni azionarie favorevoli sono stati citati come i principali motivi per cui i produttori di farmaci statunitensi sono a caccia di affari, siano essi accordi di licenza, partnership o acquisizioni definitive.

Il 44% degli amministratori delegati ha indicato la trasformazione del modello di business come principale motore di fusioni e acquisizioni, seguito da un miglioramento della quota di mercato e da finanziamenti a basso costo (39%).

Queste motivazioni spiegano le diverse importanti operazioni di M&A nel settore biopharma, come per esempio l’acquisto di Tesaro da parte di GlaxoSmithKline per 5,1 miliardi di dollari.

Le azioni della biotech stavano soffrendo per la lenta crescita del suo inibitore PARP Zejula. L’acquisto di un player importante in oncologia non solo ha portato in dote a GSK un team di vendita già pronto, ma ha anche potenziato la sua pipeline oncologica, in linea con le strategie della CEO Emma Walmsley.

Il CEO di Takeda, Christophe Weber, è andato contro il parere di alcuni membri della famiglia fondatrice della casa farmaceutica giapponese e ha acquisito Shire per raggiungere l’obiettivo di un’ulteriore “occidentalizzazione” del proprio mercato.

AbbVie, che ha iniziato a vedere il declino del suo farmaco di successo Humira, ha sborsato 63 miliardi di dollari per acquistare Allergan e allargare il raggio della propria azione.

Con l’accordo Pfizer-Mylan, la pharma del New Jersey sta scaricando alcuni prodotti ormai un pò logori per concentrarsi su farmaci innovativi, mentre Mylan sta acquisendo un’impronta globale molto più ampia.

Eli Lilly ha voluto Loxo Oncology per rafforzare la sua presenza nel settore terapeutico oncologico proprio mentre Amgen ha versato 13,4 miliardi per Otezla di Celgene.

Anche il taglio dei prezzi è risultato un fattore chiave nel guidare M&A, come ha dichiarato nel sondaggio KPMG il 39% dei CEO.

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