Sobi, emofilia A: efmoroctocog alfa farmaco vantaggioso per il paziente e per il sistema sanitario

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Un recente studio pubblicato dall’Italian Journal of Public Health e condotto da Altems – l’Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, realizzato con il contributo incondizionato di Sobi, ha dimostrato che efmoroctocog alfa (Elocta), il primo fattore VIII ricombinante a emivita prolungata per l’emofilia A, è un farmaco vantaggioso sia per il paziente – migliorandone la qualità di vita – sia per il sistema sanitario dal punto di vista economico.

I ricercatori hanno simulato quello che accadrebbe se l’uso di efmoroctocog alfa andasse progressivamente a sostituire la somministrazione delle alternative terapeutiche ad oggi disponibili, calcolando un risparmio di oltre 18 milioni di euro in 3 anni.

La terapia in profilassi con sostituti del Fattore VIII è il “gold standard” per i pazienti emofilici e consente, se assunta costantemente, di prevenire gli episodi emorragici, l’artropatia emofilica e preservare la normale funzione muscolo-scheletrica. Per i pazienti significa sottoporsi a infusioni ogni 1-2 giorni, nei casi di prodotti a emivita standard – oppure ogni 3-5 giorni, nel caso di efmoroctocog alfa, che ha un’emivita prolungata.

“Efmoroctocog alfa ha dimostrato di essere molto efficace nella prevenzione delle artropatie e degli emartri. Il fatto che rimanga in circolo per un tempo prolungato consente di programmare le infusioni con una minore frequenza, con un vantaggio indubbio per i pazienti e i loro caregiver”, afferma Raimondo De Cristofaro, ematologo Policlinico Universitario “Agostino Gemelli” della Università Cattolica Sacro Cuore, “Inoltre, grazie alla sua formulazione, si riduce l’eventuale sviluppo di anticorpi (IgG) contro il fattore della coagulazione esogeno, la complicanza più grave associata alla terapia sostitutiva”.

Una soluzione di grande vantaggio per i pazienti e le loro famiglie, ma anche per il Sistema Sanitario: i Centri di Emofilia, infatti, vedono una riduzione dell’impatto sia sul fronte organizzativo sia su quello dei costi.

“Questo è uno dei rari casi in cui l’introduzione di una soluzione innovativa non ha un impatto sulla spesa, ma anzi la riduce. Il nostro studio dimostra che la riduzione può arrivare a oltre 18 milioni di euro in tre anni”, spiega Americo Cicchetti, Direttore di Altems. “A cui vanno aggiunti i costi indiretti: i pazienti con una migliore qualità di vita hanno maggiori probabilità di continuare a lavorare e condurre una vita soddisfacente”.

“La disponibilità di prodotti innovativi a lunga durata, efficaci e che riducano al contempo il numero di infusioni – sottolinea Cristina Cassone, presidente FedEmo – rappresenta un indubbio vantaggio per i pazienti rendendo loro più semplice l’aderenza alla terapia in regime di profilassi e contribuendo in maniera significativa a migliorare la loro qualità di vita.”

 

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