Sclerosi Multipla. Sì a reti e Pdta specifici, ma senza “ghettizzare” i pazienti. Le riflessioni dal Regional Summit di Sics dedicato alla Liguria

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Sarà formalizzata a breve la Rete per la Sclerosi Multipla della Liguria, in realtà operativa già da qualche tempo. Ad annunciarlo l’assessore alla Salute Angelo Gratarola, che ha però messo in guardia sulla necessità di evitare che la realizzazione di modelli assistenziali sempre più specifici per determinate patologie possa portare all’isolamento dal resto del sistema di pazienti che invece, proprio per la complessità della loro condizione, hanno bisogno di una presa in carico multidisciplinare e integrata. Riflessioni condivise con Andreoli (Alisa), Serrati (Alisa), Inglese (Irccs San Martino), Rebesco (Regione Liguria), Beltramini (Ospedale San Martino).

Vanno bene Pdta, Centri di Riferimento e Reti per un’assistenza sempre più specifica su alcune patologie, ma “attenzione a non ghettizzare una malattia all’interno di una rete, come se quella rete potesse dare tutte le risposte. C’è bisogno di multidisciplinarietà, specie per quelle patologie altamente complesse come la Sclerosi Multipla, che richiede non solo assistenza neurologica, ma anche riabilitativa e di qualsiasi altro tipo utile a migliorare la salute complessiva e la qualità di vita del paziente”. A dirlo è stato Angelo Gratarola, assessore alla Salute della Regione Liguria, portando nuovi spunti di riflessione al dibattito sulla Sclerosi Multipla (SM) promosso da Sics, con il contributo incondizionato di Bristol Myers Squibb, per capire come ci si cura nelle diverse Regioni italiane, specie alla luce del nuovo Pdta (Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale) pubblicato dall’Agenas nel febbraio 2022.

Oltre a Angelo Gratarola, ospiti dell’ultima puntata del format, condotta da Corrado De Rossi Re e dedicata in particolare alla Regione Liguria, sono stati Giovanni Battista Andreoli, direttore Sanitario f.f. – Responsabile del Dipartimento Prevenzione Epidemiologia Programmazione e Controlli – Alisa; Carlo Serrati, coordinatore dei Dipartimenti Interaziendali Regionali (DIAR) Neuroscienze e Riabilitazione Alisa; Matilde Inglese, professoressa associata di Neurologia Università di Genova e responsabile del Centro Sclerosi Multipla Irccs San Martino; Barbara Rebesco, direttore S.C. Politiche del Farmaco Regione Liguria; Sabrina Beltramini, direttore della Farmacia dell’Ospedale San Martino.

Per Carlo Serrati il nuovo Ptda dell’Agenas sulla Sclerosi Multipla sembra essere stato sviluppato dopo “avere visto come è organizzata la rete in Liguria. Una rete non formalizzata ma nell’ambito della quale si è consolidata una grande tradizione di presa in carico clinica e di ricerca scientifica nell’ambito della SM”. Entrando nel dettaglio, il coordinatore dei Diar di Neuroscienze e Riabilitazione di Alisa definisce il Pdta di Agenas “opportuno” perché “mira a una maggiore omogeneità tra le Regioni italiane” e perché “ha individuato due modelli di Rete fondamentali a garantire la migliore assistenza: il primo hub e spoke; il secondo di tipo ‘orizzontale’, che è un po’ quello che abbiamo in Liguria, in cui non esiste una distinzione tra centri in termini di prescrizione di terapie ma ogni centro sviluppa specificità che poi mette a disposizione degli altri”.

Il terzo aspetto di innovazione del documento Agenas, per Serrati, è “il forte richiamo alla necessità di declinare i Pdta e le organizzazioni a livello aziendale e territoriale, cercando di rendere il territorio non più una ‘ossessione metafisica’ ma una realtà riempita di contenuti operativi”. Di grande importanza, infine, la spinta alla “multidisciplinarietà” e “l’attenzione rivolta alla presa in carico delle forme infantili o degli over65enni”, nonché avere deciso di “definire le caratteristiche dei centri non solo per vocazione ma anche per expertise e casistica”.

Per Matilde Inglese l’aggiornamento del Pdta era “più che mai necessario alla luce delle tante innovazioni che negli ultimi hanno caratterizzato la SM in ambito terapeutico, diagnostico e riabilitativo”, nonché per la maggiore consapevolezza che si tratti di una “malattia cronica ma ad alta complessità, per la quale serve multidisciplinarietà e anche un monitoraggio continuo”.
Inglese ha posto poi l’accento sul tema della prossimità delle cure: “In Liguria partiamo da una posizione privilegiata dal momento che, pur non formalizzata, esiste una rete orizzontale caratterizzata da una grande condivisione e dalla possibilità di tutti i centri di prescrivere tutte le terapie utili. Si è consolidata anche la collaborazione scientifica che, specie nel periodo pandemico, ha portato a iniziative collettive, soprattutto sullo screening vaccinale e sulla valutazione dell’efficacia dei vaccini”.

Sabrina Beltramini ha, dal suo punto di vista, messo in risalto come “mai come in questo documento Agenas è stata enfatizzata la figura del farmacista per percorso assistenziale dei pazienti con SM”. Un ruolo, quello dei farmacisti, che si concretizza anzitutto nel “garantire appropriatezza prescrittiva e quindi della sostenibilità – condivisa con i clinici – della terapia, che è complessa come la stessa malattia”. I farmacisti, inoltre, svolgono una funzione di “counselling” e tutto questo riconduce alla “sorveglianza” e alla “sicurezza”, in sintesi alla “farmacovigilanza”.

L’assessore Angelo Gratarola è quindi intervenuto per annunciare che l’attuale Rete informale per la SM della Liguria, più volte citata dagli ospiti del Regional Summit, “sarà formalizzata, con deliberazione della Giunta, entro la metà di giugno”. “Aggiungiamo un peso politico al tema della SM, già importante dal punto di vista clinico”, ha detto l’assessore. Gratarola ha evidenziato come il modello ligure sia peraltro caratterizzato dalla volontà di “deospedalizzare al massimo questi malati, rafforzando il territorio per dare loro risposte ai bisogni di salute ma anche a quegli aspetti che determinanto la qualità di vita”. Per questo, per Gratarola, “occorre fare attenzione a non isolare i pazienti dentro modelli rigidi e centri iperspecializzati. I pazienti devono essere seguiti all’interno di una rete a maglia aperta, nella quale deve essere permesso di entrare anche ad altre figure, dai medici di famiglia ai professionisti della riabilitazione fino anche a quelli dell’ambito sociale. Altrimenti non facciamo che costruire nuovi silos, secondo un modello che a me non piace politicamente ma neanche clinicamente”.

Parole, quelle dell’assessore, condivise da Barbara Rebesco, secondo cui “la Rete deve essere uno strumento per rendere più efficiente e sicura l’assistenza, non certo per ghettizzare i pazienti, che devono piuttosto essere inseriti in processi che tengano conto a 360 gradi dei loro bisogni, perché questi bisogni spesso non sono strettamente legati alla SM come condizione clinica, ma alle conseguenze che la SM comporta”.

In Liguria “ci siamo muovendo su molti aspetti”, ha quindi spiegato Giovanni Battista Andreoli. “Ad esempio sulla cronicizzazione della SM, che comporta evidentemente la necessità di spingere sul territorio per dare risposte a tutti quei bisogni che interessano quotidianamente la vita dei paziente e a cui non ha senso dare risposte in ospedale”. In questo senso, per il direttore Sanitario f.f. e responsabile del Dipartimento Prevenzione Epidemiologia Programmazione e Controlli di Alisa, “il DM 77 e il Pnrr offrono molte possibilità. Mi riferisco agli strumenti informatici e a quelli di telemedicina, che possono rappresentare un connettivo importante tra ospedale e territorio, con benefici per i professionisti ma soprattutto per i pazienti”. “Per non lavorare ‘a silos’ – ha evidenziato Andreoli – è necessario seguire dei valori di riferimento. Quattro, in particolare, che guideranno la presa in carico dei pazienti nel Ssn nei prossimi anni, e cioè: la persona, il territorio, l’innovazione e la sostenibilità”. In che modo? “Mettendoci nell’ottica di dovere superare le rigidità normative e di relazione”.

A chiudere la puntata, l’assessore Angelo Gratarola, che pur richiamando alla necessità di “rete aperta”, ha sottolineato l’importanza di “sartorializzazione delle terapie, anche come strumento per favorire, attraverso l’appropriatezza, l’aderenza terapeutica e la sostenibilità economica”.

Gratarola ha infine lanciato una sfida, quella della “ospedalizzazione domiciliare” come “una grande alternativa per il sistema e per il cittadino, a volte costretto a spostamenti penosi ma pressoché inutili perché la stessa prestazione potrebbe essere erogata a casa attraverso gli strumenti di telemedicina e nuovi modelli organizzativi. Se riusciamo a garantire a casa, con la stessa sicurezza, una parte delle prestazioni che oggi vengono erogate in ospedale, avremo dato vita a una strategia vincente per il futuro”, ha concluso l’assessore.

di Lucia Conti

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