Salute sessuale e riproduttiva della donna, in Italia c’è ancora molta strada da fare. Le riflessioni a Camerae Sanitatis

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La denatalità in Italia non si ferma. Nel 2021 è stato toccato il picco negativo, con appena 399.431 nati tra la popolazione residente, ben 400mila in meno dell’anno precedente. Un trend che rischia di non essere invertito, perché il nostro Paese è ancora lontano dall’avere politiche utili a promuovere e soddisfare il desiderio delle donne di diventare genitori prima dei 35 anni, quando cioè la salute e la fertilità consentono di avere più chances di avere una gravidanza o di averne anche più di una negli anni successivi. La crisi della natalità e le sue cause sono state al centro dell’ultima puntata di Camerae Sanitatis, il format editoriale multimediale nato dalla collaborazione tra l’Intergruppo parlamentare Scienza & Salute e SICS editore.

La puntata, promossa con il contributo incondizionato di Organon Italia Srl, condotta da Ester Maragò (Quotidiano Sanità), e ospitata nell’ambito dell’evento “Her Promise, Our Purpose” organizzato dall’azienda farmaceutica a Roma, ha visto ospiti Antonio Gaudioso, capo della segreteria tecnica del ministro della Salute; Nicola Colacurci, presidente Sito (Società Italiana Ginecologia e Ostetricia); Luca Mencaglia, presidente Fondazione Pma, Direttore della Rete Regionale della Toscana per la cura dell’infertilità e Direttore dell’UOC Centro Pma dell’Asl Toscana sud est e coordinatore del Tavolo tecnico per la ricerca e formazione nella prevenzione e cura dell’infertilità, al Ministero della Salute; Francesca Moccia, vice segretario generale di Cittadinanzattiva e direttore dell’Agenzia di valutazione civica.

 

 

A Camerae Sanitatis è arrivato anche il saluto dell’On. Angela Ianaro, presidente dell’Intergruppo Parlamentare Scienza&Salute, assente in studio perché occupata con i lavori parlamentari, ma che nel suo intervento ha voluto ribadire il proprio impegno su queste tematiche: “C’è bisogno di più informazione e di garantire in modo omogeneo sul territorio l’accesso a tutte quelle prestazioni che possano tutelare la salute sessuale e riproduttiva e sostenere la genitorialità”.

Introducendo il tema, Nicola Colacurci ha affermato che “la gravidanza dovrebbe essere qualcosa di programmato in una coppia. E questo evento dovrebbe essere programmato quando la donna è al massimo della sua capacità riproduttiva, che diminuisce dopo i 35-37 anni. Oggi, invece, la gravidanza avviene spesso a 40 anni. Questo significa una riduzione del potenziale riproduttivo di una coppia e un aumento dei rischi, quindi una maggiore difficoltà di risoluzione delle eventuali problematiche da parte dei ginecologi che prendono in cura la donna”.

Per il presidente della Sigo i fattori che portano una coppia a ritardare la gravidanza sono molteplici. “Sicuramente oggi molte gravidanze vengono ritardate per portare avanti un progetto di lavoro. Servirebbero, allora, dei meccanismi che consentissero alla donna di considerare vantaggioso per la propria identità avere una gravidanza in un età più giovane. Questo significa offrire un supporto prima della gravidanza, durante la gravidanza e dopo la gravidanza, perché la gestione di un bambino piccolo rende la situazione estremamente limitante per l’affermazione individuale di una donna”.

Dal punto di vista della Società scientifica che presiede, Colacurci ha espresso l’impegno a promuovere “una maternità responsabile, che significa anche fare contraccezione. Una contraccezione che sia sicura, in quanto le malattie sessualmente trasmissibili potrebbero impattare sulla fertilità e quindi sulla futura possibilità di avere figli”, ha spiegato. Bisogna, ha proseguito, “spiegare alla donna che l’età migliore per avere una gravidanza è quella della massima fertilità”. Il presidente della Sigo ha quindi richiamato i mass media a una presa di coscienza e responsabilità, “perché enfatizzare le gravidanze a 50 anni inducono le donne a pensare di poter fare come quell’attrice o quel personaggio”.

L’intervento di Luca Mencaglia si è concentrato sul lavoro svolto presso il tavolo del ministero di cui è coordinatore per “definire le tariffe giuste per la Pma nei nuovi Lea. È stato un lavoro importantissimo, perché non è accettabile che, in un Paese moderno, una donna che vive in una Regione non abbia gli stessi diritti di una donna proveniente da un’altra regione”. In Italia, ha spiegato Mencaglia, le più penalizzate sono le donne del Sud: “Lì non esistono strutture pubbliche funzionanti e le Regioni in piano di rientro spesso non concedono le autorizzazioni per consentire alle donne di usufruire di quelle prestazioni in altre Regioni. In pratica o hai i soldi e te ne vai in un’altra ragione oppure non accedi alla prestazione. Questo è assolutamente inaccettabile”.

Mencaglia ha evidenziato come “confrontando i dati sulla natalità con quelli sulla mortalità esca fuori un quadro di disastro assoluto. Tra 25 anni l’Italia rischia di non vedere più nascere un italiano”. Per questo “dobbiamo tutti impegnarci per eliminare ogni ostacolo, tenendo conto che già oggi in Italia circa il 4% dei bambini nasce da tecniche di Pma, una percentuale che potenzialmente potrebbe raggiungere il 6%”.

Anche per Francesca Moccia “abbiamo molto da fare e tante barriere da abbattere, perché oggi chi vorrebbe un figlio non riesce ad averlo e chi non è preparato ad averlo è costretta a interrompere la gravidanza. È evidente che c’è qualcosa che non va”. Tra le difficoltà, per il vice segretario generale di Cittadinanzattiva, c’è “la questione dell’accesso negato alla Pma. La diversità regionale è un aspetto gravissimo, il ricorso a queste prestazioni oggi è un privilegio e non un diritto come dovrebbe essere e che va riconosciuto e tutelato”.

Ci sono poi, secondo Moccia, “ostacoli di tipo culturale. Su questo possiamo fare molto e noi di Cittadinanzattiva ci siamo impegnando da tempo con campagne informative e di consapevolezza affinché la genitorialità sia una scelta responsabile e collettiva, della donna e della coppia, in una visione secondo la quale tutti hanno una responsabilità”. Per Moccia occorre però “spingere di più sull’educazione dei giovani, che deve cominciare molto presto. Siamo davvero troppo indietro in questo Paese”, ha concluso.

A chiudere il confronto, Antonio Gaudioso, “Il decreto tariffe sarà inviato alla Conferenza Stato Regioni, dove non passerà” ha annunciato manifestando tutta la sua disapprovazione in merito. Per Gaudioso “dobbiamo iniziare a chiederci: le diseguaglianze a chi convengono? Perché c’è qualcosa che non va in questo paese e lo dobbiamo dire. C’è qualcuno a cui conviene nel nostro Paese che le cose non cambino? Lo potrete capire nelle prossime ore. Tuttavia — ha aggiunto — in un mondo normale ognuno ci deve mettere la faccia e deve motivare le proprie scelte. Perché il fatto che il decreto tariffe non entri in vigore significa che non si potrà fare lo screening esteso neonatale per la Sma né i test prenatali non invasivi. Significa non poter erogare tutta una serie di prestazioni che hanno a che fare con il diritto delle persone a poter essere genitori, a potere avere un Ssn che risponde alle singole loro esigenze. Io penso che questo sia il tema dei temi”.

Dal confronto tra gli esperti sono inoltre emerse una serie di raccomandazioni che costituiscono un vero e proprio Manifesto politico per la natalità in Italia:

1) Misure di comunicazione con:

– l‘adozione di campagne informative e di sensibilizzazione sociale strutturate e continuative sulla salute riproduttiva, utilizzando anche gli attuali canali digitali, per un pieno soddisfacimento del diritto alla salute che presuppone scelte informate e consapevoli;
– l’educazione, la formazione, la sensibilizzazione su temi di fertilità, educazione sessuale e contraccezione;
– la valorizzazione culturale della maternità;

2) Misure sociali ed economiche su larga scala quali quelle di tutela del welfare a supporto della donna, della maternità e della famiglia;

3) Misure strutturate e continuative di carattere tecnico, afferenti agli aspetti gestionali e organizzativi del SSN riguardo:
– 
l’educazione sentimentale e sessuale nelle scuole;
– il potenziamento della rete dei consultori, come presidio alla tutela della salute riproduttiva e di sostegno alla procreazione libera e consapevole, e accompagnamento alle coppie durante i percorsi di fertilità e accesso ai trattamenti di PMA;
– l’attivazione di Centri informativi e di ascolto;
– l’accesso facilitato alla contraccezione per i giovani e per coloro che si trovino in condizione disagiate;
– attuazione del Decreto che prevede nuove e aggiornate tariffe all’interno dei LEA per garantire accesso uniforme sul territorio nazionale alle tecniche di PMA;
– una campagna di sensibilizzazione per la donazione di gameti e rimborso delle spese sostenute dai donatori.

di Lucia Conti

 

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