Pnrr. Per i manager, senza assunzioni rischia di essere una Ferrari senza pilota

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Senza pilota, una macchina non può muoversi. Allo stesso modo, senza un adeguato numero di personale, anche correttamente formato, il Pnrr rischia di essere “una Ferrari senza pilota” e gli interventi previsti (dalle nuove strutture alle tecnologie) di tradursi in spreco piuttosto che in investimento. È questa, in estrema sintesi, la posizione espressa dai manager ospiti dell’ultima puntata di Sanitask, l’appuntamento mensile del videoportale SaniTask realizzato da Sics Editore con il supporto di Alfasigma dedicato, in questa occasione, al Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr).

Tra le critiche che in misura maggiore vengono mosse al Pnrr, infatti, vi è quella di non aver pianificato investimenti congrui sul personale ma quasi soltanto sulle strutture, in particolare quelle che afferiscono alla sanità del territorio. A confrontarsi sulla questione, al SaniTalk, sono stati Francesco Saverio Mennini, presidente Sihta (Società italiana di health technology assessment) e direttore EEHTA del CEIS, Facoltà di Economia, Università di Roma Tor Vergata; Arturo Cavaliere, direttore di Farmacia della Asl di Viterbo e presidente Sifo (Società italiana di farmacia ospedaliera); Emanuele Ciotti, direttore sanitario dell’Ausl Ferrara e presidente Card Emilia Romagna; Paolo Petralia, direttore generale Asl 4 Chiavarese e vicepresidente vicario Fiaso; Gianfranco Finzi, presidente Anmdo (Associazione Nazionale dei Medici delle Direzioni Ospedaliere) e direttore sanitario degli Ospedali Privati Riuniti di Bologna; Gennaro Sosto, direttore generale Asl Napoli 3 Sud e componente dell’Esecutivo nazionale di Federsanità Anci.

 

Il dibattito è partito da un dato certo: in Italia c’è una grave carenza di personale. Per dare un quadro ancora più preciso della situazione, basti pensare che secondo gli organismi di rappresentanza, in Italia mancano circa 60.000 infermieri per mantenere gli attuali standard e per arrivare agli europei ne servirebbero almeno altri 140mila. La grave carenza degli organici non riguarda, però, solo gli infermieri, ma anche le altre professionalità, compresi i medici, soprattutto in determinate branche come l’emergenza-urgenza e l’anestesia-rianimazione.

“Non avere previsto un piano di assunzioni adeguato è una problematica grave”, ha detto Francesco Saverio Mennini. “Con il Pnrr si mettere in piedi una riforma che cambierà totalmente l’assetto della sanità territoriale, saranno costruite numerose nuove strutture, parliamo di oltre 8 miliardi di investimenti per l’implementazione e l’ammodernamento tecnologico. Chi dovrà lavorarci? Chi dovrà far funzionare la macchina? Serve non solo personale, in termini di quantitativi, ma anche formazione, perché parliamo di nuovi modelli e di strumenti innovativi che il nostro personale non è pronto a gestire”.

Mennini ha evidenziato come il problema della carenza di professionisti sia ancora più serio se si considera la mancata copertura del turnover: “Non è, anche in questo caso, solo questione di numeri. Significa che il personale più anziano, quello con maggiore esperienza, esce dal sistema senza avere trasmesso il proprio sapere ai colleghi più giovani. L’esperienza di questi professionisti viene, di fatto, in grande parte dispersa, mentre tra i giovani che restano fuori dal mondo del lavoro c’è molto meno sapere”. Per il presidente Sihta il problema della carenza di personale e della mancata formazione esploderà soprattutto sul territorio e nei servizi di assistenza domiciliare, di nuova costituzione. Tutto questo si tradurrà in “forte inefficienza, spreco di risorse, e nessun passo avanti per il sistema e per i pazienti”.

Paolo Petralia ha voluto ribadire il ruolo assolutamente essenziale del capitale umano per il sistema sanitario nazionale. “Il personale alimenta le nostre aziende, le spinge a un miglioramento costante e continuo. Senza di loro, nulla si può fare nulla. Non solo non si possono sfruttare al meglio le tecnologie o le innovazioni, ma non si può neanche fronteggiare l’ordinarietà dei servizi”. Per il vicepresidente vicario Fiaso “in tutti questi anni i tetti di spesa del personale hanno limitato non soltanto lo sviluppo, ma a volte anche l’erogazione delle prestazioni, nonché la possibilità, per i manager, di formulare un’adeguata capacità di programmazione”.

Petralia ha inoltre fatto notare come il futuro finanziamento del Fondo sanitario nazionale non sia affatto roseo: “Nel 2020 il Fondo è stato di 123,5 miliardi, pari al 7,5% del Pil. Il Def 2022-2024 parla di risorse pari a 123,6 miliardi di euro nel 2023 che tuttavia, in quell’anno, rappresenteranno il 6,3% del Pil. Se la disponibilità del fondo resta dunque uguale, assistiamo, quindi, al decremento di oltre un punto percentuale sul Pil. Torneremo, in pratica, alla situazione del 2020. Questo significa – ha chiarito il vicepresidente vicario della Fiaso – che le risorse per il personale saranno inferiori ad oggi, perché è di tutta evidenza che il resto del sistema non rimarrà fermo e ci saranno alcune voci di spesa in crescita da coprire, come quella per l’energia”.

Interrogato sulla fuga di personale a causa della scarsa attrattività del Ssn, Gianfranco Finzi ha ricordato come gli stipendi del personale medico ed infermieristico in Italia siano ben al di sotto di quelli dei Paesi europei come Francia, Germania e Gran Bretagna. “Una minore attratività legata allo scarso riconoscimento economico sicuramente esiste” e “l’ultimo contratto nazionale di lavoro non ha sanato queste differenze”. “Sicuramente – ha aggiunto il presidente Anmdo – il nostro non è un Paese che premia la buona volontà e la meritocrazia come meriterebbe”.

Finzi ha poi rilanciato il problema dell’imbuto formativo, “nei confronti del quale non vedo larghi spiragli di miglioramento, a parte la possibilità introdotta nel corso della pandemia, ma già prassi in passato, di consentire di lavorare anche durante gli anni di specializzazione”. Per Finzi, insomma, la crisi del personale, insomma, “è legata a un gran numero di fattori che dovrebbero essere risolti, ma non sarà semplice”. Una triste considerazione se si pensa che “con il Pnrr realizzaremo molte belle strutture e le riempiremo di bellissime attrezzature, ma alla fine ci ritroveremo con una bellissima Ferrari da competizione ma senza pilota”. In pratica “resteremo fermi, mentre tutti gli altri Paesi partiranno e arriveranno ancora più lontani da noi di quanto non lo siano ora”.

Emanuele Ciotti ha però fatto notare come ci sia qualche spazio di manovra che consentirebbe non di risolvere il problema della carenza di personale, ma almeno migliorare le condizioni di lavoro di quelli attualmente in campo rendendo più efficiente l’intero sistema. “Pensiamo al sistema di tracciamento e agli aspetti burocratici che sono stati posti sulle spalle dei medici in generale. I sistemi di informatizzazione hanno in parte consentito di semplificare le cose, consentendo ai medici di avere più tempo per i pazienti”.

Per Ciotti, tra le sfide del Ssn c’è anche capire “come possiamo produrre salute, smettendo di lavorare solo sulla malattia e iniziando a capire che riducendo l’obesità, ad esempio, ci troveremo ad affrontare anche un minor numero di ricoveri per infarto o altri patologie connesse”. “In questi mesi – ha evidenziato il presidente Card Emilia Romagna – abbiamo fatto lavorare i medici per 10, 15 ore al giorno. Bisognerebbe chiedersi che risultati in termini di salute generi questa situazione”. Per Ciotti, in questo percorso verso gli obiettivi di salute, un ruolo potrà essere affidato anche alle “piattaforme di autocura che, per esempio attraverso i cellulari, possono indirizzare i cittadini, ad esempio, a sili di vita più sani”.

“Nessuna rivoluzione, tantomeno in sanità, può avere gambe senza investimenti sul capitale umano” ha ribadito secondo Arturo Cavaliere, che rivendica un ruolo per il farmacista anche all’interno delle nuove strutture sanitarie che saranno realizzate sul territorio, come le Case di Comunità e le Centrali operative territoriali (COT). Il farmacista, ha evidenziato il presidente della Sifo, è un professionista in cui il resto d’Europa sta già fortemente investendo: “In Italia i farmacisti che operano nelle farmacie ospedaliere sono in media 2,7 contro Paesi che ne hanno anche 6,4. I dati sono emblematici, e si consideri che i dati europei sono molto al di sotto di quelli degli Stati Uniti”.

Quanto alla generale carenza di personale sanitario, due, secondo Cavaliere, i fattori che l’hanno determinata. “C’è stato anzitutto un problema di natura politica, perché lo Stato non ha mai voluto investire in sanità attraverso il rafforzamento e la valorizzazione delle professioni”. Il secondo fatto “è di tipo formativo, anche questo allo scopo di valorizzare le competenze”. Per Cavaliere è inoltre urgente introdurre “l’esame abilitante” che renda il titolo acquisito in Italia riconosciuto negli altri Stati membri ai fini dell’esercizio professionale. “Un passo che l’Italia dovrebbe compiere grazie a una recente direttiva europea”, ha detto.

Anche secondo Gennaro Sosto l’efficientemente del sistema non rappresenta la soluzione alla carenza di personale, ma potrebbe comunque contribuire a migliorare l’attuale situazione. Un aiuto, in questo, senso, potrebbe arrivare secondo il rappresentante di Federsanità, anche dalle tecnologie, soprattutto nel caso delle cronicità e dei Pdta. “È tuttavia necessario strutturare bene il percorso, perché tecnologia è un aiuto, non la soluzione. Se non si creano le condizioni giuste, tutte le innovazioni previste, anziché aiutarci, renderanno l’intero sistema più complicato e l’assistenza forse peggiore”.

Fino a qui le criticità. Ma le soluzioni? Per Petralia “si può auspicare, anzi va chiesta, una norma che si aggiunge al rinnovo della legge Madia sulle stabilizzazioni e all’assunzione di parte del personale impiegato contro il Covid prevista dalla legge di Bilancio”. Per Petrialia si potrebbe, ad esempio, considerare “una fase transitoria, dopo la fine dello stato di emergenza del 31 marzo, che consenta di poter contare sul supporto del restante personale impiegato per il Covid per il quale non è prevista l’assunzione. Naturalmente questa norma dovrebbe essere accompagnata da risorse aggiuntive, perché quella a disposizione non sarebbero assolutamente sufficiente”.

La proposta della Sifo per valorizzare gli interventi del Pnrr attraverso il personale prevede l’inserimento della figura del farmacista ospedaliero nei servizi farmaceutici territoriali, “prevedendo anche il potenziamento di quei servizi di distribuzione alternativi di farmaci, come la consegna a domicilio, che già si sono rilevate importanti nel corso della pandemia e che possono anche in futuro contribuire a migliorare il sistema, con vantaggi anche per il cittadini”.

Finzi accende i riflettori sulla “informatizzazione, che deve prevedere un collegamento tra i vari centri e le varie reti, ospedaliere e territoriali, nonché con i medici di medicina generale”. Inoltre, “bisognerà iniziare a immaginare nuovi modelli di ospedale, perché la pandemia ci ha insegnato che servono strutture flessibili, non musei”.

Sosto sollecita la realizzazione di “una piattaforma omogenea e un sistema unico a livello nazionale in cui far convergere l’enorme mole di dati che ci porterà l’applicazione di device di ultima generazione”. Dati che saranno essenziali “per fare programmazione e per costruire una sanità sempre più in linea con il fabbisogno di salute che emerge dal territorio”. In questo contesto sarà importante, per Sosto, il coinvolgimento del sociale. Servirà anche una dedizione adeguata delle tariffe delle nuove prestazioni di telemedicina, “perché senza una loro valorizzazione sarà difficile immaginare una reale evoluzione di queste tecnologie”.

 Cruciale, per Ciotti, sarà il ruolo del Distretto, “elemento centrale della governance del territorio”. Lavorare in un’ottica di “microarea” consentirà, secondo Ciotti, di rispondere meglio ai bisogni dei cittadini, anche prevedendo “il coinvolgimento di diverse e specifiche professionalità, come gli psicologi di comunità o fisioterapisti”.

Mennini ha sottolineato infine il ruolo dell’Health Technology Assessment (HTA) all’interno del Pnrr, “per fare emergere le evidenze robuste in termini di efficacia delle tecnologie, di sicurezza, di innovazione e altro”, da trasferire poi ai decisori “così che possano compiere scelte nella maniera più informata e robusta possibile”. Per Mennini “sicuramente il Pnrr rappresenta un’occasione, ma dobbiamo creare tutte le condizioni perché il nostro sistema sanitario possa evolvere e continuare a farlo in futuro”.

Lucia Conti

 

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