Farmindustria. “La farmaceutica è il 2% del Pil. A rischio innovazione e investimenti senza stop al payback, tetti di spesa e nuovo regolamento Ue”

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Farmaceutica, uno dei pilastri dell’economia italiana. Lo confermano i numeri illustrati oggi a Roma all’assemblea pubblica di Farmindustria, l’appuntamento fisso in cui le aziende di settore dialogano con istituzioni, pazienti, stampa e tutto il mondo della sanità. Il contributo diretto e con l’indotto totale di questo comparto risulta pari a circa il 2% del PIL. E con misure a favore degli investimenti, promette Farmindustria, nel giro dei prossimi 5 anni si potranno centrare obiettivi altrettanto ambiziosi: contribuire all’incremento del PIL fino all’1%, aumentando l’occupazione di 20.000 addetti diretti e indiretti. secondo un’analisi svolta da BCG.

“L’Italia è ormai protagonista in Europa. Anche con l’industria farmaceutica – ha sottolineato Marcello Cattani, presidente di Farmindustria – e i numeri lo dimostrano: 49 miliardi di euro di produzione nel 2022, di cui 47,6 miliardi di export, 3,3 miliardi investiti in produzione e R&S, 68.600 addetti, di cui le donne rappresentano il 44% del totale. Un’occupazione di qualità cresciuta del 9% in 5 anni, soprattutto tra i giovani (+16%) e le donne (+13%). Aziende farmaceutiche che sono anche all’avanguardia per gli standard di sostenibilità e nel welfare che assicura la conciliazione vita-lavoro. Oggi viviamo una trasformazione epocale, dovuta ai mutamenti geopolitici e demografici, alla competizione internazionale, all’innovazione che corre velocissima grazie alle nuove tecnologie, ai big data e all’intelligenza artificiale. È questo quindi il momento di sviluppare una nuova visione che permetta all’Italia di crescere e recuperare velocemente il gap competitivo con altri Paesi, in un sistema a misura di paziente e rivolto al futuro. L’industria farmaceutica è strategica perché risponde a esigenze di salute, crescita, sicurezza nazionale ed efficienza della spesa pubblica, evitando costi nelle altre prestazioni sanitarie e di welfare”.

Chi studia, sviluppa e produce farmaci ha consentito ai cittadini di vivere di più e meglio in Italia, ricorda l’associazione italiana delle industrie farmaceutiche: in 10 anni, le persone che sopravvivono dopo una diagnosi di tumore sono 1 milione in più e oggi 2 persone su 3 alle quali viene diagnosticato un cancro sopravvivono dopo 5 anni, 30 anni fa erano 1 su 3 (l’83% di questo progresso si deve ai nuovi farmaci); le persone curate con farmaci innovativi contro l’epatite C, e quindi guarite, sono 260 mila; i farmaci orfani disponibili sono passati da 7 nel 2007 a più di 120; in 20 anni è diminuita la mortalità del 28% e per le patologie croniche del 41%; le vaccinazioni hanno permesso di eradicare malattie e di controllarne altre, riducendo l’incidenza e la mortalità e consentendo di salvare milioni di vite, come nel caso del Covid; gli antibiotici innovativi consentono di contrastare le infezioni resistenti; tanti trattamenti in più per patologie acute e croniche, anche grazie al ruolo crescente delle Terapie avanzate.

“Rispondiamo alla domanda di salute con la nostra innovazione molto diversificata, che usa nuove piattaforme per la ricerca, e ha permesso di arrivare al record storico di oltre 20.000 farmaci in sviluppo nel mondo, tra cui molti medicinali e vaccini innovativi”, ricorda Cattani. “Un dinamismo della R&S farmaceutica confermato anche dalle previsioni sugli investimenti: tra il 2023 e il 2028 raggiungeranno i 1.600 miliardi di dollari a livello globale. Ma l’Europa deve invertire una tendenza che da 20 anni la vede perdere quote mondiali di investimenti rispetto a USA e Cina che invece guadagnano terreno. In più oggi c’è la forte concorrenza anche di Paesi emergenti, come Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Singapore che mettono sul piatto misure molto attrattive. Una concorrenza alla quale l’Italia e l’Europa devono rispondere come Nazione e come continente. L’industria farmaceutica made in Italy è un patrimonio di sviluppo – che deve essere considerato tale nei progetti di nuove politiche industriali – per il Paese e i territori. Nella competizione mondiale abbiamo bisogno di più Europa nel mondo e più Italia in Europa per attrarre investimenti, innovazione, mettere in sicurezza e ricostruire filiere strategiche e diminuire la dipendenza di principi attivi e intermedi dall’estero”.

“Ecco perché è più che mai necessario intervenire urgentemente rivedendo la proposta di revisione della legislazione farmaceutica europea presentata dalla Commissione UE. Proposta che indebolisce la proprietà intellettuale e quindi la competitività e la qualità delle cure, con rischi anche per la salute dei cittadini. Riduce la data protection da 8 a 6 anni e l’esclusiva di mercato per i farmaci orfani da 10 a 9. Così come sono importanti regole nuove, innanzitutto nella gestione della spesa, che è fondamentale per l’attrattività degli investimenti, messa a forte rischio da livelli ormai insostenibili di payback, proiettati a 1,5 miliardi nel 2023 e 1,8 mld nel 2024 (15% del fatturato di chi lo sostiene). Le aziende pagano tante tase ma non possono accettare tassazioni aggiuntive che strangolano la capacità di attrarre investimenti”, aggiunge.

“E ancora: rimodulare i due tetti di spesa, includere già dal 2023 i farmaci a innovatività condizionata nel fondo innovazione, aumentare le risorse e uniformare le regole di gestione della spesa a livello regionale, che creano differenze sui territori. In questo modo si potranno gettare le basi per un nuovo sistema, che si ponga l’obiettivo di superare in prospettiva la logica dei tetti e considerare la farmaceutica come un investimento. Obiettivi che possono essere raggiunti anche con un rapido completamento della riforma dell’Agenzia italiana del Farmaco (AIFA), che consentirà di modernizzare le valutazioni delle terapie basate sul valore per migliorare ulteriormente la disponibilità e per gestire la spesa in modo compatibile con la presenza industriale. Serve velocità per accompagnare l’innovazione, snellendo i tempi di accesso ai nuovi farmaci. Si dovrà, infine, poter contare su strumenti efficaci per gli investimenti, superando i vincoli del regime UE di aiuti di Stato e aumentando la possibilità di utilizzare gli attuali incentivi per ricerca e produzione. Il Governo ha manifestato fin dall’inizio grande disponibilità al dialogo, in un clima di fiducia, dimostrando nei fatti di credere nella nostra industria come valore per l’intera Nazione. E assumendo anche una posizione forte in UE a tutela della proprietà intellettuale per la proposta di revisione della legislazione farmaceutica. Questo governo si fida di chi fa impresa e di chi vuole lavorare (…), ha dichiarato il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni qualche giorno fa. Noi facciamo impresa e vogliamo lavorare. A vantaggio dei cittadini, per offrire innovazione e cure. E per dare il nostro concreto contributo pe aiutare la Nazione a realizzare un deciso scatto in avanti nella competizione internazionale”, ha concluso il presidente di Farmindustria.

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