Farmaci proteici: dal MIT un nuovo processo di produzione

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I ricercatori del Massachusetts Institute of Technology (MIT) hanno sviluppato un nuovo metodo di purificazione per ridurre i costi di produzione dei farmaci proteici. Gli ingegneri hanno utilizzato nanoparticelle funzionalizzate con bioconiugati per isolare in modo rapido ed economico le proteine da un bioreattore.

I farmaci biologici, come gli anticorpi e altri farmaci a base di proteine, vengono prodotti in grandi bioreattori da cellule viventi.

Una volta generate, le proteine devono essere isolate dal reattore. La cromatografia è il metodo standard ed è in grado di separare le proteine in base alle loro dimensioni. Il processo è molto oneroso: può assorbire la metà del costo totale di produzione.

La tecnologia della cristallizzazione delle proteine è considerata troppo lenta per l’uso industriale e non funziona bene a basse concentrazioni proteiche.

Per superare questi ostacoli, gli ingegneri del MIT hanno deciso di adattare le nanoparticelle in modo che possano aumentare localmente la concentrazione di proteine sulla superficie.

In questo modo si ottiene anche un modello che permette alle proteine di allinearsi correttamente e di formare cristalli.

Le nanoparticelle “agiscono come modelli per migliorare la formazione di cristalli di proteine a basse concentrazioni”, spiega Kripa Varanasi, professore di ingegneria meccanica al MIT e autore senior dello studio.
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Per creare la superficie necessaria, il team ha rivestito le nanoparticelle con i bioconiugati maleimide (MAL) e N-idrossisuccinimide estere (NHS), comunemente usati per etichettare le proteine a scopo di studio o per “attaccare” farmaci proteici a nanoparticelle che rilasciano farmaci.

Quando le soluzioni di proteine sono esposte alle nanoparticelle rivestite, le proteine si accumulano sulla superficie e si legano ai bioconiugati.

I bioconiugati, a loro volta, costringono le proteine ad allinearsi con un orientamento specifico, creando un’impalcatura per altre proteine che si uniscono al cristallo.

Con le particelle rivestite, i ricercatori hanno osservato una riduzione di sette volte del tempo di induzione, ossia del tempo necessario affinché i cristalli inizino a formarsi.

È stato inoltre osservato un aumento di tre volte del tasso di nucleazione, ossia della velocità con cui i cristalli crescono una volta avviati.

“Anche a basse concentrazioni di proteine, con queste nanoparticelle funzionalizzate con bioconiugati si formano molti più cristalli”, ha commentato Caroline McCue, autrice dello studio. “Le nanoparticelle funzionalizzate riducono notevolmente il tempo di induzione perché i bioconiugati forniscono un sito specifico per il legame delle proteine. E poiché le proteine sono allineate, possono formare un cristallo più velocemente”.

I risultati indicano che la cristallizzazione si è verificata molto più rapidamente quando le proteine sono state esposte alle nanoparticelle rivestite di bioconiugati, rispetto alle nanoparticelle nude o a nessuna nanoparticella”.

Il team del MIT ha utilizzato l’apprendimento automatico per analizzare migliaia di immagini di cristalli. McCue ha spiegato che: “avevamo bisogno di un enorme set di dati per poter misurare realmente se il nostro approccio stava migliorando il tempo di induzione e il tasso di nucleazione della cristallizzazione”. Con così tante immagini da elaborare, l’apprendimento automatico è il modo migliore per poter determinare quando si formano i cristalli in ogni immagine senza doverli contare manualmente”.

I ricercatori si stanno ora occupando di scalare il processo e utilizzarlo in un bioreattore industriale, per dimostrare che può funzionare con anticorpi monoclonali, vaccini e altre proteine utili.

 

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