Farmaci equivalenti. Aziende strette tra l’incudine dei prezzi e il martello dei costi produttivi

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In 10 anni sono scomparsi dai mercati europei il 26% dei farmaci equivalenti, il 33% degli antibiotici e il 40% dei farmaci oncologici. Considerando i soli antibiotici, si è osservata la scomparsa di 16 tipologie in Polonia, 11 in Spagna e 10 in Francia.

In Italia in 10 anni su due farmaci largamente utilizzati nella pratica clinica – un antibiotico e un antitumorale – il numero di fornitori è sceso rispettivamente da 10 a 3 e da 18 a 2. Sono solo alcuni dei numeri allarmanti diffusi oggi alla presentazione dell’edizione 2023 del report dell’Osservatorio Nomisma sul ‘Sistema dei farmaci generici in Italia’. Stime dalle quale emerge l’esigenza di “misure urgenti per salvaguardare la biodiversità interna del comparto farmaceutico ed evitare una altrimenti inevitabile carenza strutturale di medicinali”, evidenzia il documento.

Focus del report il cambiamento strutturale del contesto competitivo e i conseguenti segnali di forte sofferenza del settore registrati in tutti i principali Paesi europei, messi a fuoco tramite l’analisi dei dati e delle politiche di contrasto alle interruzioni della catena di fornitura dei medicinali fuori brevetto, insieme ad una serie di interviste ai vertici europei delle aziende del settore dei farmaci generici che operano sui mercati internazionali. I dati – illustrati da Lucio Poma, chief economist di Nomisma e coordinatore scientifico dello studio – disegnano un sistema produttivo dei farmaci generici stretto tra l’incudine dei prezzi e il martello dei costi produttivi. Un mix che rende sempre più vulnerabili le lunghe catene di approvvigionamento gravate anche dalla dipendenza da un’unica fonte o area geografica.

Dal report emerge innanzitutto che la quota di produzione globale di principi attivi in Europa è scesa dal 53% del 2000 all’attuale 25%; la quota di produzione di API in Cina è sempre più aumentata fino a rappresentare oggi oltre il 20% delle nuove registrazioni; soprattutto Cina ed India forniscono ai mercati dell’Unione Europea oltre il 56% del fabbisogno di principi attivi: considerando anche i prodotti intermedi la dipendenza si acuisce raggiungendo una quota pari al 74%. Sul versante dei costi a livello europeo, secondo i dati di Medicines for Europe, nel 2022: i costi di trasporto sono cresciuti fino al 500%; i costi della materia prima tra il 50% e il 160%; i costi del packaging tra il 20% e il 33%; i prezzi dell’energia tra il +65% del gas e il +30% dell’elettricità.

Il report analizza anche le misure implementate finora dai singoli Paesi per arginare la crescente carenza di farmaci. In Germania – dove sono generici circa l’80% dei medicinali venduti nel Paese – una normativa in vigore da luglio ha previsto un aumento fino al 50% del prezzo massimo dei medicinali per uso pediatrico e per gli antibiotici e un intervento sulle gare organizzate dalle assicurazioni sanitarie per l’acquisto dei farmaci generici: le gare per gli antibiotici dovranno essere basate su un modello multi aggiudicatario (accordo quadro) con dei lotti e relativi fabbisogni soddisfatti per una quota percentuale da farmaci con la produzione di API nell’UE e nell’area economica europea; non potranno essere fatte gare per medicinali pediatrici, per i quali sarà anche abolito il prezzo di riferimento; sarà aumentato il periodo di scorta a sei mesi per specifici farmaci acquistati in gara; sarà stabilita una lista di criticità per i farmaci pediatrici e crea un sistema di segnalazione precoce (early warning) per farmaci con rischio di carenze. In Francia l’intesa raggiunta un tavolo tecnico governativo avviato alla luce delle carenze registrate a inizio anno prevede un aumento del prezzo di alcuni farmaci, specialmente quelli generici, in cambio di garanzie industriali volte ad assicurare una fornitura sufficiente a coprire la domanda interna. Misura ritenuta insufficiente dall’associazione dei produttori di farmaci generici e biosimilari francesi, che ha ribadito la richiesta di una sostanziale riduzione per i generici della clausola di salvaguardia che impone alle aziende farmaceutiche una contribuzione nel caso in cui il loro fatturato sia cresciuto più del tasso fissato annualmente per legge.

In Italia al tavolo di lavoro istituito un tavolo in gennaio al MIMIT con la partecipazione di tutta la filiera farmaceutica le aziende di generici e biosimilari hanno ribadito la necessità di pianificare un aggiornamento dei livelli di rimborso delle fasce dei medicinali che sono soggette ad un rischio più elevato di indisponibilità. Il MIMIT, a fine luglio 2023 ha aperto un bando con una dotazione di 391,8 milioni di euro dai fondi PNRR per lo strumento dei “Contratti di sviluppo” a sostegno dei programmi industriali delle filiere produttive strategiche, anche nelle aree del centro nord del Paese, in vari settori compreso quello chimico farmaceutico.

Gli aiuti di Stato, esplicitamente vietati dalla normativa europea e dal Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea in quanto possono determinare delle distorsioni del mercato, sono entrati in gioco nel contesto della pandemia con un quadro temporaneo adottato nel marzo 2020 dalla Commissione UE e rimasto in vigore fino al 30 giugno 2022 e riferito esclusivamente per la produzione di medicinali che erano correlati alla cura del Covid. La richiesta delle aziende di settore è quella di perfezionare il quadro temporaneo rendendolo più flessibile al fine di eliminare queste limitazioni e di estendere, superando i sei mesi previsti, le tempistiche di realizzazione dei progetti di investimento. A rendere più pressante la richiesta l’adozione da parte del governo statunitense, nell’agosto 2022, dell’Inflation Reduction Act” che prevede l’erogazione di incentivi per 750 miliardi di dollari in settori specifici e che potrebbe incoraggiare implicitamente il fenomeno delle delocalizzazioni dall’Europa agli Stati Uniti delle imprese che rientrano nei settori interessati dal provvedimento per beneficiare di questi aiuti. Appare indispensabile che l’Unione europea adotti misure specifiche a sostegno del settore farmaceutico in uno scenario economico ancora instabile e indecifrabile.

Ad oggi -rileva il report Nomisma – il concetto di bene pubblico nella farmaceutica off-patent è stato esclusivamente ricondotto in tutti i Paesi UE alla riduzione dei prezzi dei farmaci attraverso il meccanismo del rimborso al prezzo più basso. Una visione già obsoleta e ormai improponibile, secondo Nomisma, che sottolinea la necessità di ridisegnare il confine tra pubblico e privato, alla ricerca di un nuovo equilibrio che contemperi anche la salvaguardia e il rafforzamento del sistema produttivo, con azioni sia sul lato della domanda che dell’offerta.

Quattro le azioni da attuare sul fronte della domanda:

  • Revisione o eliminazione del payback per i farmaci fuori brevetto;
  • Di fronte alla impennata della struttura dei costi, agire sul livello di rimborso dei farmaci fuori brevetto per arrestare l’emorragia di fornitori che si sta delineando, individuando quelli con particolari condizioni di vulnerabilità oppure individuando una soglia critica di prezzo al di sotto del quale la sostenibilità industriale è compromessa;
  • Nuovi meccanismi pubblici di acquisto di farmaci in ospedale, ripensando il meccanismo di determinazione dei fornitori e del prezzo;
  • Meccanismi di incentivo e sostegno economico per mantenere in produzione i farmaci più consolidati e con meno fornitori, salvaguardando la biodiversità.

Più complesso l’intervento sul lato dell’offerta, conclude il rapporto: “Significa tornare ad attivare la dimenticata politica industriale del Paese lasciando alle imprese il tempo necessario per «crescere e amalgamarsi» e offrendo una controparte burocratica amministrativa di pari efficienza”.

Per Maurizio Marchesini, presidente Nomisma, “dalla ricerca emerge evidente la sottovalutazione dell’impatto sociale del farmaco in generale e, in particolare, del farmaco generico: un eventuale shortage di questi prodotti impatterebbe direttamente e pesantemente sulla popolazione, che si troverebbe privata dei medicinali indispensabili per curare malattie anche gravi. Tanto più in una situazione geopolitica come quella attuale con una polarizzazione a blocchi del mondo, che rende estremamente difficile e incerto l’approvvigionamento di materie prime. La progressiva diminuzione – talvolta la scomparsa – dei farmaci è un fattore di alto rischio anche per il fatto che la produzione nel settore farmaceutico ha tempi diversi rispetto agli altri settori (non solo per i margini temporali necessari per riavviare la produzione, ma anche per la produzione delle macchine per il confezionamento dei prodotti, che – noi di Marchesini lo sappiamo bene – sono sottoposte a test di verifica e validazione lunghissimi): tornare a produrli richiede mesi di tempo. Ritengo che siano urgenti policy mirate, anche europee, perché vengano devolute al comparto necessarie attenzioni e risorse”.

Secondo Enrique Häusermann, presidente Egualia, “Per assicurare continuità di cure a milioni di cittadini italiani per le patologie croniche è necessario scongiurare il rischio di carenze di farmaci divenuti non più industrialmente sostenibili. Dal momento che la capacità produttiva è al suo massimo, i Paesi europei competeranno sempre di più sui grandi volumi per assicurare le cure e se l’Italia non saprà guardare alle cause profonde delle carenze di medicinali essenziali, perderà questa sfida. Purtroppo non ci sono in pista nel nostro Paese provvedimenti che puntino ad affrontare questo nodo cruciale. Resta dunque urgente e prioritario trovare delle forme di bilanciamento per affrontare l’esplosione dei costi produttivi per i farmaci a più basso costo, che rischiano progressivamente di scomparire dal mercato. Seppur consci del contesto macroeconomico nel quale la manovra di bilancio 2024 si sta delineando e degli sforzi che il Governo ha profuso nell’assicurare risorse adeguate al SSN, vorremmo poterci confrontare sugli interventi necessari e le modifiche normative che rimangono da fare, tanto legate alla governance farmaceutica quanto alla politica industriale, con l’obiettivo di alleggerire la pressione che da tempo sta schiacciando il nostro settore industriale, minando la capacità futura di garantire al SSN farmaci di qualità, sicuri ed efficaci a costi sostenibili. In caso contrario un comparto essenziale per la tutela della salute pubblica rischia di essere irreversibilmente compromesso”.

Intervenuto anche il sottosegretario alla Salute, Marcello Gemmato: “Le criticità del settore sono legate a più aspetti. Ad aspetti generici del comparto industriale, vale a dire l’aumento del costo delle materie prime e dei costi di produzione in generale. Poi ci sono delle specificità legate al tema del payback che noi abbiamo affrontato in maniera puntuale in legge di bilancio, sostanzialmente innalzando il tetto della diretta, portandolo dall’8,3% del Fondo Sanitario Nazionale all’8,5% e conseguentemente riducendo il fondo della convenzionata dal 7% al 6,8%. Una risposta immediata che serve a dare sostanzialmente una puntuale presa di coscienza e quindi una risoluzione da parte del Governo a una tematica importante che riguarda in genere l’industria farmaceutica, un asset della nostra economia nella misura in cui il valore della produzione è di 50 miliardi di Euro e ce la giochiamo puntualmente con la Germania nell’essere leader in Europa in questa produzione. Insieme al Mimit si stanno sviluppando dei ragionamenti, il primo dei quali è stato quello in legge di bilancio di prevedere la rimodulazione dei tetti che si aspettavano da tempo”.

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