Farmaceutica: Bruxelles verso una riforma più morbida

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La riforma della legislazione farmaceutica europea – la più ampia degli ultimi vent’anni – entra nella fase finale con l’obiettivo di rendere il pacchetto normativo più favorevole all’industria. Secondo quanto riportato da Politico, la presidenza di turno danese starebbe lavorando a una bozza di compromesso che bilanci le necessità di salute pubblica con quella di garanzia della competitività industriale.

Tra i temi più caldi in discussione figura la protezione dei dati regolatori. La proposta originaria della Commissione prevedeva una durata di 6 anni, estendibile fino a 8 solo se il farmaco viene reso disponibile in almeno 25 Paesi membri entro due anni dalla registrazione. Una clausola che le aziende hanno definito eccessivamente penalizzante e difficile da rispettare per ragioni logistiche e normative. L’ipotesi al vaglio è ora quella di soglie più realistiche e scalabili, che incentivino l’accesso senza minare la sostenibilità economica delle imprese.

Altro nodo cruciale riguarda i farmaci orfani e pediatrici. Si discute una razionalizzazione degli incentivi attualmente previsti da due regolamenti separati. L’intento è creare un sistema più coerente, che premi l’innovazione vera nei bisogni non soddisfatti, evitando rendite di posizione su indicazioni marginali. Si valuta inoltre di introdurre criteri più chiari per la valutazione dell’innovazione terapeutica, in modo da indirizzare gli incentivi alle aree di reale interesse clinico.

Un ulteriore fronte è rappresentato dalla disponibilità dei farmaci negli Stati UE. Uno degli obiettivi dichiarati della riforma è garantire un accesso più equo ai medicinali in tutti i Paesi, inclusi quelli con capacità negoziali più deboli. Il compromesso in discussione prevede meccanismi premianti per le aziende che rendono disponibili i propri prodotti in più Stati.

Il peso delle dinamiche internazionali
Nel gioco degli equilibri di cui la presidenza UE di turno deve tenere conto pesa anche l’incertezza legata alle dinamiche internazionali. Le politiche di contenimento dei prezzi dei farmaci in discussione negli Stati Uniti – in particolare l’idea, emersa già con l’amministrazione Trump, di ancorare i prezzi USA ai livelli praticati nei Paesi europei – rischiano di spingere le aziende a ritardare i lanci in Europa o a mantenere prezzi elevati per non influenzare negativamente i ricavi oltreoceano.

Le principali associazioni del settore – su tutte EFPIA – hanno chiesto a più riprese un approccio che non scoraggi l’innovazione. “Non possiamo permetterci una riforma che renda l’Europa meno attrattiva per gli investimenti farmaceutici,” ha sottolineato Nathalie Moll, direttrice generale della federazione. Secondo EFPIA, tra il 2016 e il 2020 l’Europa ha già perso terreno rispetto agli Stati Uniti sia in termini di studi clinici, sia di nuovi farmaci approvati.

Autunno decisivo
In autunno, il trilogo inter-istituzionale – la sede informale di confronto tra Parlamento Europeo, Consiglio e Commissione, in cui viene definita la versione finale di una legge europea-– sarà decisivo per limare gli ultimi dettagli e approvare il pacchetto normativo. Nel frattempo, la presidenza danese e quella ungherese, che le succederà nel secondo semestre 2025, dovranno garantire continuità e coerenza nel processo negoziale. Una volta approvata, la riforma avrà impatti significativi sulle strategie di sviluppo, registrazione e accesso al mercato per tutte le aziende farmaceutiche che operano nell’Unione Europea.

 

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