Per chi soffre di una malattia oncologica, il dolore è spesso una delle componenti più invalidanti: può manifestarsi in qualsiasi stadio del tumore, con un impatto fortissimo sul piano fisico e psico-emotivo e sulla stessa sopravvivenza del paziente. Si stima che circa il 50% dei malati oncologici soffra di dolore cronico, e fino al 90% dei pazienti nelle fasi di malattia più avanzate; inoltre in circa il 70% dei pazienti il dolore si manifesta anche con delle riacutizzazioni transitorie ma intensissime, note come Breakthrough Cancer Pain o dolore episodio intenso, una sorta di ‘dolore nel dolore’ (cioè in aggiunta al dolore cronico di fondo) che causa un ulteriore peggioramento della qualità di vita. Curare il dolore è pertanto una priorità clinica ed etica per far vivere meglio e più a lungo i pazienti, che può avvalersi della disponibilità di farmaci oppioidi efficaci e sicuri. A richiamare l’attenzione sull’importanza di un’adeguata gestione del dolore nei pazienti oncologici (e non solo), ancora troppo spesso trascurato se non ‘relegato’ a una condizione inevitabile della malattia oncologica, e sul ruolo terapeutico insostituibile dei farmaci oppioidi nella terapia del dolore, sono stati gli esperti intervenuti a Milano all’incontro “Gestione del dolore e oppioidi. Gli usi terapeutici dei farmaci oppioidi verso consumi illegali”, organizzato grazie al contributo non condizionante di Istituto Gentili.
Tra questi medicinali c’è il Fentanyl, un farmaco da decenni impiegato in ambito anestesiologico e uno degli analgesici oppioidi più utilizzati al mondo per trattare il dolore in forma grave, specialmente in oncologia. E proprio dagli esperti arriva il monito a evitare che l’innalzamento dell’attenzione mediatica sull’uso illecito del Fentanyl come sostanza stupefacente condizioni la percezione dell’opinione pubblica su un farmaco indispensabile per il trattamento del dolore, a garanzia dell’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore e a tutela della dignità della persona, come sancito dalla legge 38 del 15 marzo 2010.
“Il dolore oncologico non è esclusivo della malattia in stadio avanzato, ma si manifesta in ogni momento della malattia, nelle sue tre componenti: quella biologica, rappresentata dal dolore fisico vero e proprio, quella psico-emozionale, legata ad ansia, depressione, insonnia e ad altre alterazioni del tono dell’umore, e quella sociale, data dalle limitazioni funzionali nella vita quotidiana”, afferma Arturo Cuomo, Direttore S.C. Anestesia, Rianimazione e Terapia Antalgica, Istituto Nazionale Tumori – IRCCS Fondazione Pascale, Napoli. “Il dolore correlato alla malattia oncologica, sia primitiva sia metastatica, è per definizione un dolore duplice: è cronico, ma in circa il 70% dei pazienti si manifesta anche con delle riacutizzazioni. Si tratta di picchi di dolore – in genere da 1 a 4 nel corso della giornata – che insorgono rapidamente, raggiungono il massimo di intensità in soli 10 minuti e si risolvono al massimo nell’arco di un’ora e mezza. Queste esacerbazioni dolorose, che prendono il nome di Breakthrough Cancer Pain, devono essere trattate con una terapia ad hoc a base di Fentanyl, somministrata per via mucosale, in grado di agire rapidamente e con un’emivita
molto breve, la cui attività si esaurisce in un paio di ore. Ne consegue che il trattamento del dolore è un aspetto prioritario per i pazienti, per i benefici sulla qualità di vita ma anche su una migliore aderenza alle terapie. La terapia del dolore deve essere ritenuta a tutti gli effetti una terapia adiuvante alla cura del tumore, che può contribuire ad ottimizzare le terapie antitumorali e ad aumentare la sopravvivenza”.
L’utilizzo dei farmaci oppioidi, cioè molecole in grado di produrre analgesia nel momento in cui i sistemi endogeni non sono più sufficienti a proteggerci dal dolore, rappresenta una strategia terapeutica fondamentale per il trattamento del dolore, come evidenziato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e dalle linee guida delle principali società scientifiche nazionali e internazionali.
Fentanyl, in particolare, appartiene ai cosiddetti “farmaci del terzo scalino” secondo la scala analgesica dell’OMS, e ha una potenza analgesica di circa 100 volte superiore alla morfina: maggiore è la potenza analgesica, minore sarà la dose di farmaco necessaria per ottenere l’effetto terapeutico. Ne è la conferma l’inserimento, da parte dell’OMS, nella lista dei farmaci essenziali per il trattamento del dolore nei pazienti affetti da tumore.
“Fentanyl è la molecola analgesica più potente che abbiamo a disposizione nella pratica clinica, indicata nel trattamento del dolore moderato-grave di natura oncologica e non, e le sue caratteristiche uniche ne fanno la soluzione migliore per curare il dolore episodico intenso oncologico”, spiega Diego Fornasari, Professore ordinario di Farmacologia, Università degli Studi di Milano e Presidente Eletto dell’Associazione Italiana per lo Studio del Dolore (AISD). “Inoltre, rispetto ad altri farmaci, Fentanyl ha una spiccata liposolubilità ed è quindi in grado di entrare nell’organismo attraverso vie di somministrazione che garantiscono un’azione immediata della molecola, per esempio per via transdermica, con un cerotto – permettendo di curare anche i pazienti che non possono deglutire a causa della malattia – sotto forma di spray nasale, sotto la lingua. Lo spray nasale ha una velocità e un’efficacia di azione paragonabile alla somministrazione endovena, rappresentando una soluzione ottimale per i pazienti che soffrono di attacchi di dolore episodico che possono manifestarsi in ogni momento. Infine, il farmaco viene rapidamente metabolizzato una volta assorbito a livello intestinale: ha un’emivita breve, di circa due ore, e tende a non accumularsi in circolo”.
“Il Fentanyl è un farmaco analgesico estremamente prezioso per la cura del dolore oncologico; è un farmaco molto potente ma anche molto sicuro, di cui non bisogna avere timore se ci si affida al controllo medico”, aggiunge Vittorio Guardamagna, Direttore Cure Palliative e Terapia del Dolore dello IEO (Istituto Europeo di Oncologia), Milano. “Gli effetti collaterali dei farmaci oppioidi sono noti e i medici hanno gli strumenti per gestirli adeguatamente e senza rischi. Al contrario dei farmaci antinfiammatori non steroidei di uso comune che sono pericolosi se impiegati in modo errato, cioè se assunti cronicamente, perché possono provocare ulcere e perforazioni gastrointestinali, ma anche danni renali o epatici, i farmaci oppioidi non provocano danni d’organo. I pazienti che necessitano del Fentanyl per il controllo del dolore, e che quindi lo utilizzano sotto controllo medico, non rischiano di andare incontro a gravi effetti collaterali come la depressione respiratoria, ma possono sperimentare sintomi minori come mioclonie, cioè tremori, un po’ di sonnolenza, stipsi, che possono essere facilmente controllati con appositi farmaci che agiscono a livello intestinale evitando nausea, vomito e stitichezza, oppure adeguando i dosaggi della terapia”.
“Il trattamento del dolore è un imperativo etico, tra l’altro sancito nel nostro ordinamento dalla legge 38/2010 e dalla legge 219/2017 sul ‘biotestamento’”, dichiara Franco Marinangeli, Professore ordinario di Anestesia e Rianimazione, Università degli Studi de L’Aquila e Direttore del Dipartimento Emergenza e Accettazione ASL 1 Abruzzo. “Rispetto a 15 anni fa, è aumentata la consapevolezza nella classe medica dell’importanza e della sicurezza di questo strumento per la cura del dolore, non solo nel paziente oncologico, anche se ci sono ancora diversi aspetti da migliorare. Un aspetto importante da sottolineare nello scenario nazionale è il ruolo svolto dalla classe medica a garanzia dell’appropriatezza d’uso del Fentanyl come di tutti i farmaci oppioidi. I medici prescrittori vigilano sulla terapia e rivalutano periodicamente dosaggio e modalità di assunzione dei farmaci analgesici. Anche perché l’efficacia della terapia del dolore dipende dall’adattamento al singolo caso, in una modalità che si potrebbe definire “su misura. Per una presa in carico globale del paziente è necessario pensare a équipes interdisciplinari in cui siano presenti anche gli algologi, oltre che nutrizionisti, fisioterapisti, terapisti occupazionali e psicologi. Il paziente oncologico non ha solo, spesso, dolore fisico, ma anche ansia e depressione per ciò che sta vivendo. La terapia non è solo farmacologica: va spiegato cosa sta succedendo, perché provano dolore, cosa si può fare insieme. La consapevolezza del paziente è di per sé terapia; ansia e stress amplificano il dolore e dobbiamo lavorare per depotenziare queste situazioni. Tutti
elementi che nelle nuove Linee Guida sul dolore dell’Associazione Italiana Oncologia Medica (AIOM) sono presi in considerazione”.
“La terapia del dolore rappresenta una delle condizioni più rilevanti per migliorare la qualità della vita dei pazienti oncologici, soprattutto nelle fasi avanzate della malattia, ma resta ancora un bisogno clinico fortemente insoddisfatto”, dichiara Maria Cristina Mazzotta, HQ Medical Director, Istituto Gentili. “Come azienda che ha scelto di focalizzarsi in maniera prevalente in oncologia per rispondere ai bisogni delle persone che convivono con gravi neoplasie, Istituto Gentili è impegnata a mettere a disposizione di medici e pazienti terapie oncologiche e cure di supporto sicure ed efficaci. Una mission che perseguiamo anche attraverso iniziative di informazione e sensibilizzazione sul tema del dolore, affinché sempre più pazienti possano intraprendere il giusto percorso di cura”.