Dispositivi medici. Crollano del 30% gli investimenti ma tiene l’export (+3,5). Pesano effetto payback e assenza di politica attrattiva. Barni (CDM): “Serve nuova governance del settore”

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Cambiamento della programmazione sanitaria non più incentrata sulle singole prestazioni ma per patologia. Riconsiderazione dei tetti di spesa sulla base dei fabbisogni di salute e delle spinte tecnologiche. Un metodo di valutazione delle nuove tecnologie sanitarie HTA, che assicuri un accesso rapido a tutte quelle innovazioni che hanno ricevuto parere positivo, per migliorare da subito la cura per i pazienti.
Sono questi i tre punti cardine della proposta di governance dei dispositivi medici che Nicola Barni, Presidente di Confindustria Dispositivi Medici, ha voluto ricordare nel corso dell’assemblea pubblica “Insieme per la sanità del futuro”, organizzata giovedì 7 marzo a Roma alla presenza di istituzioni, aziende, professionisti sanitari e pazienti.

Al settore serve un cambio di passo importante, nonostante cresca l’esportazione di dispositivi medici (+3,5%) e aumenti la domanda pubblica di tecnologie mediche (+6,7%), gli effetti del payback e della mancanza di una politica industriale a supporto del settore iniziano a manifestarsi chiaramente. Il nostro Paese risulta infatti poco attrattivo per le imprese: calano gli investimenti in ricerca e sviluppo del 30,1%, sebbene siano presenti sul territorio 4.641 aziende e 117.607 dipendenti, oltre a una filiera della salute fatta di eccellenze sia in termini di strutture sanitarie che di professionisti altamente qualificati.

Una situazione paradossale, denuncia Confindustria DM, che rischia di impoverire il territorio, abbassando il livello di assistenza per i pazienti e portando all’estero molte imprese (nel 2028, 7 aziende su 10 prevedono di rivolgersi a mercati esteri) a causa di una mancanza di governance e di una politica industriale poco lungimirante.

“Siamo convinti che solo insieme a tutti gli attori del mondo della salute – ha dichiarato Nicola Barni – sia possibile ridisegnare la sanità del futuro, partendo proprio dalle esperienze di valore che abbiamo oggi in Italia, dove sono presenti realtà imprenditoriali, sanitarie, di ricerca e innovazione di alto livello. Oggi l’industria è qui per iniziare un percorso di lavoro e collaborazione con istituzioni, pazienti e medici, in modo che queste realtà non siano eccezioni, ma divengano la regola in tutto il Paese e diventino parte di una sanità all’avanguardia: efficiente, equa, sostenibile e competitiva. Si tratta di una grande sfida che può essere affrontata con una governance del settore che superi da subito il payback e avvii un nuovo capitolo della strategia nazionale per i dispositivi medici. Bisogna sostenere tutte le aziende che in Italia vogliono fare ricerca, che generano Pil e che creano forza lavoro qualificata. Serve supporto a prescindere dalle dimensioni dell’azienda e dalla struttura del capitale per favorire e promuovere una politica industriale il più possibile dinamica e attrattiva”.

“In questo quadro – ha aggiunto Barni – il superamento del payback è una priorità assoluta per scongiurare un grave impatto sul settore e sul sistema salute. Ciò è ancora più urgente alla luce del Decreto ministeriale che impone il pagamento dello 0,75% sul fatturato. Siamo favorevoli al fatto che vengano sostenute l’innovazione e l’HTA, ma la misura – e le richieste di contributo da parte delle imprese – devono essere inserite in una cornice che contempli una visione organica, quindi una governance strutturata dei dispositivi medici. Occorre, dunque, ricomprendere il superamento del payback, il prelievo dello 0,75% e in generale le politiche industriali in un unico grande disegno strategico che bilanci la sostenibilità economica con lo sviluppo delle imprese nel Paese. Tutto ciò può essere affrontato solo insieme agli attori della salute perché solo unendo le forze possiamo aspirare a un futuro per i pazienti e per l’economica italiana”.

Da qui le proposte di una governance per dare ossigeno al settore e fare crescere l’appeal del nostro Paese.

Ma per il mondo dei dispositivi medici c’è un appuntamento importante: il 22 maggio ci sarà la prima udienza della Consulta che dovrà chiarire se le aziende dovranno pagare 1 miliardo per gli sforamenti del tetto di spesa per gli anni 2015-2018 dopo che il Tar Lazio ha rimesso la questione alla sua attenzione, pronunciandosi quindi sul profilo di legittimità della norma sul payback. E le aspettative sono tante. “Vedo difficile uno scenario in cui la Corte Costituzionale si pronunci nella direzione opposta rispetto all’ordinanza del Tar Lazio, anzi i nostri legali che difficilmente mostrano ottimismo questa volta sono molto possibilisti per una pronuncia a nostro favore” ha spiegato Barni. Ma la cautela è sempre d’obbligo: “Si potrebbe anche ipotizzare uno scenario di mezzo in cui la Corte ci dà ragione su una parte di incostituzionalità della legge, senza sradicare l’impianto attuale, in quel caso vedremo come giocare la partita” ha aggiunto.
Nel frattempo, Barni non lascia nulla di intentato e punta a un confronto con il Governo: “Ho chiesto di sederci intorno a un tavolo per capire come risolvere questa emergenza”.

“Comunque vada grazie all’ordinanza del Tar Lazio è stato messo un punto fermo, strategico per il comparto. Finalmente è stata definita in maniera chiara la differenza fra il mondo del farmaco e quello del dispositivo medico” che, sottolinea Barni ha sancito “l’impossibilità di applicare con un copia-incolla il sistema del payback al nostro settore”. E questo ha aggiunto “mi rende ancora più ottimista sull’esito della pronuncia della Consulta”.

Sciogliere il nodo del Payback avrà anche ricadute positive anche sul fronte della gare pubbliche. E su questo punto il presidente di Confindustria DM auspica che anche le stazioni appaltanti comincino ad adottare, sempre più, forme di procurement innovative che premino il valore: “Alcune regioni lo stanno già facendo, ma di certo anche noi Aziende dobbiamo attrezzarci, è un cambio di paradigma che vale per tutti”.

 

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