Per l’83% dei neurologi italiani diagnosticare precocemente la malattia di Alzheimer, nelle fasi di declino cognitivo lieve (MCI) o di demenza lieve, è fondamentale per offrire ai pazienti opzioni di cura più efficaci. Eppure, meno del 20% delle persone riceve oggi una diagnosi accurata e tempestiva.
Il divario tra le aspettative degli specialisti e la realtà della pratica clinica sembra legato a diversi fattori, tra cui lo stigma che circonda ancora questa patologia. Secondo il 97% dei neurologi, infatti, pazienti e famiglie tendono a nascondere o minimizzare i sintomi di demenza durante le prime visite.
Sono questi alcuni dei dati emersi da un’indagine IPSOS, commissionata da Lilly, che ha coinvolto 400 neurologi in Francia, Italia, Spagna e Germania — di cui 100 italiani — per fare il punto sulla malattia di Alzheimer, sia sotto il profilo terapeutico sia rispetto alla dimensione socio-psicologica di una patologia che interessa 600 mila italiani e circa 3 milioni di caregiver.
“Riconoscere la malattia di Alzheimer nelle sue fasi iniziali è decisivo: significa poter offrire trattamenti più adeguati e, allo stesso tempo, costruire insieme al paziente e alla sua famiglia un percorso di cura più chiaro e sereno — afferma Andrea Arighi, Direttore della SSD Malattie Neurodegenerative, Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano — Perché questo sia possibile è necessario superare lo stigma che ancora porta molte persone a minimizzare o nascondere i primi sintomi. Dare un nome alla malattia è il primo passo per non restare soli ad affrontarla”.
Tempestività diagnostica e innovazione farmaceutica
Dalla ricerca emerge che per il 73% dei neurologi l’innovazione farmaceutica nel trattamento dell’Alzheimer avrà un impatto positivo sulla qualità di vita dei pazienti e delle loro famiglie. L’85% sottolinea, inoltre, l’importanza dell’integrazione di nuove soluzioni diagnostiche nella pratica clinica per rendere possibile una diagnosi precoce; in particolare, il 41% indica nei biomarcatori plasmatici una risorsa cruciale.
Fondamentale anche il ruolo dell’assistenza primaria: il 75% degli intervistati richiama la necessità di un approccio più proattivo da parte degli operatori sanitari nell’individuare i primi sintomi, come i disturbi della memoria.
“Integrare le nuove tecnologie diagnostiche nella pratica — compresi i biomarcatori nel sangue — aiuta ad anticipare la diagnosi di Alzheimer e a rendere più ordinati ed efficaci i percorsi di cura – sottolinea Federico Massa, Neurologo, IRCCS Ospedale Policlinico San Martino di Genova – La priorità è usarle e interpretarle con competenza: l’assistenza primaria come sentinella sul territorio che intercetta i primi segnali e indirizza ai centri specialistici per un inquadramento clinico accurato, che resta fondamentale. Dobbiamo anche parlarne con chiarezza: educazione e formazione per superare lo stigma della malattia e più cultura e responsabilità tra gli operatori. I risultati dell’indagine tra neurologi europei vanno in questa direzione: accesso equo e tempestivo a diagnosi e terapie sono la via per dare risposte giuste, al momento giusto”.
Concorda Patrizia Spadin, presidente dell’Associazione Italiana Malattia di Alzheimer:“Equità di accesso e sicurezza sono i due punti cruciali sui quali, con i neurologi, lavoriamo da molto. Il diritto alla diagnosi, oggi, per i pazienti, presuppone tempestività di individuazione dei sintomi e quindi miglioramento in competenza e innovazione dei MMG e dei centri esperti. Una presa in carico adeguata e precoce e un accesso equo ai trattamenti, per i pazienti di oggi e per quelli di domani, significherà un peso e un costo inferiore della malattia sia a livello sociale che sulla vita delle persone”.
Accelerare l’innovazione
Per accelerare l’innovazione in Europa emerge la necessità di ridurre il divario tra normative e pratica clinica. La metà dei neurologi italiani intervistati ritiene che l’attuale processo di approvazione dei farmaci crei disparità rispetto ai Paesi con accesso più rapido ai trattamenti. Pur riconoscendo l’importanza di regole prudenti per la sicurezza dei pazienti, molti considerano un accesso meno limitato ai nuovi farmaci come una leva chiave per migliorare l’assistenza.
“Questa indagine evidenzia l’urgente necessità di superare lo stigma e accelerare verso una diagnosi precoce, per trasformare l’assistenza nella malattia di Alzheimer — conclude Elias Khalil, Presidente e Amministratore delegato Lilly Italy Hub — In occasione del mese dedicato all’awareness sull’Alzheimer, dobbiamo riconoscere di trovarci a un punto di svolta. È il momento di trasformare l’assistenza per questa malattia progressiva, che colpisce milioni di europei e le loro famiglie. In Lilly, siamo pionieri nella ricerca sull’Alzheimer da oltre 35 anni e continuiamo a ripensare ciò che è possibile, affinché chi ne è colpito possa immaginare nuove prospettive”.