Ogni anno nell’Unione Europea oltre 35.000 persone muoiono a causa di infezioni provocate da microrganismi resistenti agli antimicrobici, un numero superiore alla somma dei decessi per influenza, tubercolosi e HIV/AIDS. Sono 4,3 milioni l’anno i pazienti, nell‘UE/Spazio Economico Europeo che contraggono almeno un‘infezione correlata all’assistenza sanitaria durante la degenza in ospedale; ogni giorno un paziente ricoverato su 14.
Molte di queste infezioni sono sempre più difficili da curare: 1 microrganismo su 3 è ormai resistente a importanti antibiotici, limitando così le opzioni di trattamento. Inoltre, il 3% dei residenti nelle strutture di assistenza a lungo termine nell’UE/SEE va incontro ad almeno un’infezione legata all’assistenza sanitaria.
Questi i dati del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC), pubblicati in occasione della Giornata europea per l’uso consapevole degli antibiotici 2025.
Per richiamare l’attenzione e sensibilizzare sull’antibiotico-resistenza, il 18 novembre la sede dell’Agenzia italiana del farmaco si illumina di blu.
Obiettivi 2030: scarsi progressi nel contrasto alla AMR
Il Report dell’ECDC evidenzia scarsi progressi rispetto agli obiettivi che l’Europa si è data per il 2030 nel contrasto all’antimicrobico-resistenza (AMR). In particolare, il documento evidenzia:
• un trend in crescita, negli ultimi anni, del consumo di antibiotici sia ad ampio spettro sia “Reserve”, ovvero quelli di ultima linea, secondo la classificazione AWaRe dell’OMS, riservati esclusivamente al trattamento di infezioni multiresistenti, che non rispondono ad altre terapie;
• un aumento dell’incidenza di infezioni da batteri resistenti e multiresistenti.
In assenza di azioni di sanità pubblica più incisive e rapide e di sforzi per contrastare l’uso non necessario e inappropriato di antimicrobici, secondo l’ECDC è improbabile che l’UE raggiunga gli obiettivi da centrare entro il 2030 per invertire la rotta. La conseguenza sarà un aumento del numero di infezioni da batteri resistenti agli antimicrobici, più difficili da trattare, portando a sfide terapeutiche crescenti e a maggiori decessi correlati all’AMR. E facendo lievitare i costi per i sistemi sanitari.
“L’antibiotico-resistenza – ricorda il Presidente dell’Agenzia italiana del farmaco, Robert Nisticò – è una pandemia silente che, secondo le ultime stime del Centro europeo per il controllo delle malattie (ECDC), provoca 12mila morti l’anno nel nostro Paese ed ha anche un impatto economico significativo, con un costo di 2,4 miliardi l’anno per l’SSN e 2,7 milioni di posti letto occupati a causa di queste infezioni. Il report dell’ECDC indica un cammino in salita più o meno per tutti i Paesi europei, con l’Italia che, nonostante flebili segnali di miglioramento su alcuni obiettivi specifici, rimane tra le realtà più critiche”.
“ I dati europei e nazionali – continua Nisticò – sono un’ulteriore conferma di quanto sia fondamentale impegnarci tutti per salvaguardare questo prezioso strumento di salute che sono gli antibiotici. È necessario adottare un approccio globale One-Health, agendo nella direzione comune di un uso appropriato di questi farmaci in ambito umano, veterinario e zootecnico, e incentivare la ricerca, soprattutto quella indipendente. Una priorità per AIFA. L’Agenzia è impegnata a promuovere e sostenere l’innovazione e a sensibilizzare gli addetti ai lavori e la popolazione attraverso strumenti digitali, come l’app AIFA Firstline, e campagne di comunicazione come quella che prossimamente lanceremo insieme al Ministero della Salute, oltre che con una sempre più proficua collaborazione con i clinici, le Regioni e il territorio”.
L’andamento delle resistenze microbiche in Europa
Il quadro europeo varia a seconda della specie batterica, del gruppo di antimicrobici e della regione geografica considerata; tuttavia i dati della rete di sorveglianza EARS-Net coordinata dall’ECDC mostrano livelli elevati di antibiotico-resistenza nell’UE/SEE anche per il 2024, soprattutto nei paesi dell’Europa meridionale, centrale e orientale.
Il fenomeno riguarda sia le resistenze su cui l’Europa si è data specifici obiettivi di contenimento, con un target da raggiungere per ciascun Paese UE nel 2030, sia molti altri batteri e gruppi di antimicrobici sotto sorveglianza nel periodo 2020-2024, come E. coli resistente ai carbapenemi, tutte le incidenze di resistenza dello Streptococcus pneumoniae e l’Enterococcus faecium resistente alla vancomicina.
I dati ECDC sul consumo di antibiotici in Italia a confronto con la media europea
Nel 2024 sono state consumate nell’UE, in media, 20,3 dosi giornaliere per mille abitanti, un dato in aumento che varia dalle 9,8 dosi al giorno per 1000 abitanti nei Paesi Bassi alle 29,9 della Grecia. Con 22,3 dosi giornaliere per mille abitanti, l’Italia presenta livelli di consumi (ospedalieri, territoriali e acquisti privati dei cittadini) superiori del 10% alla media europea, in calo rispetto al +16% del 2023.
Nel nostro Paese si prescrivono più molecole ad ampio spettro (penicilline, cefalosporine, macrolidi, ad eccezione di eritromicina e fluorochinoloni) che hanno un rischio maggiore di indurre resistenze antibiotiche, rispetto a quelle a spettro ristretto (penicilline e cefalosporine a spettro ristretto ed eritromicina). Il rapporto tra i consumi di queste due categorie resta tra i più elevati in Europa (9,3 contro 4,6) e non ha mostrato miglioramenti significativi nel 2024.
Negli ospedali il consumo di antibiotici è leggermente al di sopra della media europea: 1,91 dosi giornaliere ogni mille abitanti contro 1,67 dosi. In questo contesto, l’aspetto da tenere maggiormente in considerazione è il ricorso agli antibiotici del gruppo “Reserve”. In Italia l’incidenza sui consumi ospedalieri si attesta al 6%, anche se con un andamento lievemente decrescente negli ultimi 3 anni, mentre la media europea è pari al 5,4%.
L’Italia rispetto agli obiettivi per il 2030
Con 22,3 dosi giornaliere per mille abitanti nel 2024, il consumo di antibiotici nel nostro Paese risulta in calo rispetto all’anno precedente (23,1) ma è ancora molto distante dall’obiettivo fissato per il 2030, pari a 17,8 dosi.
L’Italia, inoltre, è lontana dal target del 65% di incidenza di consumi degli antibiotici del gruppo “Access”, ovvero le molecole di prima scelta per trattare le infezioni comuni, grazie al loro spettro d’azione ristretto e al buon profilo di sicurezza. Raggiungiamo appena il 51,3%, nonostante il lieve miglioramento degli ultimi anni (+2,4% rispetto al 2019), mentre la media europea è del 60,3% e diversi Paesi, come Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Irlanda, Lituania, Lettonia, Olanda e Svezia, hanno già centrato l’obiettivo.
Peggiora significativamente nel nostro Paese l’incidenza totale delle infezioni da Klebsiella pneumoniae resistente ai carbapenemi pari a 9,29 infezioni del sangue per 100 mila abitanti (+10,2% rispetto al 2019). Il target 2030 è di 8,01 infezioni per 100 mila abitanti.
L’Italia ha raggiunto invece in anticipo il target 2030 di riduzione dell’incidenza totale delle batteriemie da Staphylococcus aureus resistente alla meticillina (MRSA).
È migliorata l’incidenza totale delle batteriemie da Escherichia coli resistente alle cefalosporine di terza generazione (- 3,4% rispetto al 2019), pari a 22,19 infezioni per 100 mila abitanti, ma non è ancora stato raggiunto l’obiettivo 2030, 20,20 infezioni per 100 mila abitanti.
I dati OsMed sul consumo in Italia
In base a quanto emerso nell’ultima edizione del Rapporto OsMed sull’uso dei medicinali in Italia, nel 2024 il consumo di antibiotici a carico del Servizio Sanitario Nazionale è stato pari a 16,9 dosi giornaliere ogni mille abitanti, registrando un lieve calo dell’1,3% rispetto al 2023.
Quasi 4 persone su dieci hanno ricevuto nel 2024 almeno una prescrizione di antibiotici, con livelli d’uso più elevati nei bambini fino a 4 anni di età e negli anziani con più di 85 anni. La prevalenza d’uso è maggiore nelle donne rispetto agli uomini (40,3% vs 33,3%), con differenze più marcate tra i 35 e i 54 anni, probabilmente per un maggiore utilizzo di antibiotici nel trattamento delle infezioni delle vie urinarie nelle donne.
Le associazioni di penicilline (compresi gli inibitori delle beta‐lattamasi), quasi interamente rappresentate da amoxicillina/acido clavulanico, rimangono la categoria di antibiotici a maggior prescrizione (6,5 dosi giornaliere ogni mille abitanti), seguiti dai macrolidi e lincosamidi (3,5 dosi) e dalle cefalosporine di III generazione (2,2 dosi). L’amoxicillina+acido clavulanico, antibiotico ad ampio spettro molto utilizzato in ambito pediatrico, è la molecola a maggior consumo, seguita da claritromicina e azitromicina.
Per i fluorochinoloni si osserva una riduzione dell’uso a partire dal 2019, per effetto delle raccomandazioni restrittive di EMA e AIFA. Dopo una lieve ripresa tra il 2022 e il 2023, i consumi sono tornati a diminuire nel 2024.
Per le cefalosporine di terza generazione e per le associazioni di penicilline, dopo la riduzione osservata nel 2020 e 2021, gli anni della pandemia, si è registrata una forte ripresa dei consumi nel 2022 e nel 2023, che sembra essersi arrestata: il 2024 mostra un lieve calo, con livelli simili al periodo pre‐pandemico.
La prevalenza d’uso degli antibiotici a livello nazionale è stata del 36,8%, maggiore al Sud e Isole (43,6%) e più bassa al Nord (30,6%) e al Centro (40,1%). Al Sud emerge una maggiore propensione alla prescrizione di antibiotici più costosi, come rivela il costo per utilizzatore più elevato (28,1 euro) rispetto al Centro (26,5 euro) e al Nord (22,7 euro).
Anche in termini di consumo, le Regioni del Sud e Isole mostrano il valore maggiore (19,2 dosi giornaliere ogni mille abitanti) rispetto al Centro (18,4 dosi) e al Nord (14,6 dosi). Rispetto al 2023, tuttavia, registrano una riduzione del 5,1%, mentre nelle altre due aree si nota un aumento di poco superiore all’1%.
Gli antibiotici contro germi multiresistenti (“Reserve”) rimborsati con il Fondo per i farmaci innovativi
Dal 2025 l’AIFA ha individuato gli antimicrobici “Reserve” per trattare le infezioni da germi multiresistenti, che sono entrati nel Fondo per i farmaci innovativi, con uno stanziamento dedicato di 100 milioni di euro, per rafforzare il contrasto all’antibiotico-resistenza.
Gli antibiotici “Reserve” che accedono al Fondo devono essere utilizzati con estrema cautela e il loro impiego risulta appropriato in presenza di infezioni da germi multiresistenti.
L’appropriatezza è quindi legata in modo significativo alle procedure di diagnosi microbiologica svolte dalle strutture sanitarie che li utilizzano. Attraverso i registri di monitoraggio, l’Agenzia verifica la frequenza d’uso di questi antibiotici nei trattamenti avviati con una diagnosi specifica, rispetto ai casi in cui vengono impiegati in modo empirico.
A luglio il CdA dell’Agenzia ha autorizzato il primo nuovo antibiotico finanziato attraverso il Fondo. Si tratta dell’associazione cefepime/enmetazobactam, indicata per le infezioni complicate del tratto urinario e per la polmonite acquisita in ospedale. L’elenco degli antinfettivi della classe “Reserve” che accedono al Fondo comprende attualmente 9 molecole o associazioni di molecole ed è pubblicato e aggiornato periodicamente sul portale dell’Agenzia.
L’impegno di AIFA per promuovere studi indipendenti sugli antibiotici
Nell’ottica di un approccio globale One Health indicato anche dal Piano Nazionale di Contrasto dell’Antimicrobico Resistenza (PNCAR) 2022-2025 del Ministero della Salute, la corretta gestione degli antibiotici disponibili e di quelli di nuova introduzione è fondamentale per la prevenzione, la riduzione e il contenimento dell’insorgenza di infezioni farmaco-resistenti. Altrettanto fondamentale è incentivare e sostenere la ricerca, in particolare quella no profit.
Per questo AIFA promuove la ricerca indipendente sull’antimicrobico-resistenza, area a cui è dedicato, insieme alla medicina di precisione, il secondo Bando finanziato nel 2025 con 20 milioni di euro, i cui termini per la presentazione dei progetti scadono il 18 novembre, in coincidenza con la Giornata europea degli antibiotici.
Con questo bando, l’Agenzia intende valutare nuove combinazioni terapeutiche di antimicrobici; favorire strategie innovative per migliorarne l’efficacia; individuare marcatori predittivi della risposta a questi farmaci e utilizzare nuovi strumenti diagnostici, come i test rapidi, con ricadute positive per i pazienti e il Servizio sanitario nazionale.