2022: tornano le grandi fusioni?

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Con 1,7 trilioni di dollari da spendere, il 2022 potrebbe essere un anno importante per M&A nel biotech. MSD, per esempio, potrebbe acquistare Mirati, Novartis – con valore di 153 miliardi di dollari – sta muovendo le acque delle piccole biotech, Pfizer sta puntando su asset in fase avanzata, con 175 miliardi di dollari, per riuscire a portare le entrate del 2030 a 25 miliardi di dollari e Johnson & Johnson, con un nuovo CEO alla guida, sarà più ‘aggressiva’ con 200 miliardi di dollari a disposizione dopo che si ‘libererà’ della sua unità di farmaci da banco.

Tuttavia lo scenario potrebbe essere più articolato, caratterizzato, più che da fusioni e acquisizioni, da accordi di licenza, come anticipato nel corso della JP Morgan Healthcare di gennaio.

Nel 2021 le aziende hanno avuto la possibilità di raggiungere accordi di M&A a livelli mai visti dal 2014, con 1,2 trilioni di dollari a disposizione. Tuttavia, valutazioni alte e problemi sui prezzi hanno inciso pesantemente su questo fronte.

Ma ora le valutazioni delle biotech stanno scendendo; il ‘deficit di innovazione’ –  previsto tra le aziende farmaceutiche nei prossimi anni – oltre alle attese perdite di brevetti potrebbero portare le pharma a considerare un maggior numero di accordi. Soprattutto la prospettiva a lungo termine della diminuzione dell’innovazione interna potrebbe spingere le aziende farmaceutiche a cercare accordi nel settore biotech per colmare i buchi nelle pipeline dal 2024 in poi.

Secondo gli esperti, tutte le più grandi aziende farmaceutiche potrebbe concludere, quest’anno, accordi dal valore di oltre 50 milioni di dollari. Un ritorno al periodo delle megafusioni, come quelle di BMS/Celgene e di AbbVie/Allergan, non appare una prospettiva remota.

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