Vaccine confidence. Educazione sanitaria nelle scuole per aumentare la fiducia nella scienza. La proposta a Camerae Sanitatis

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La vaccinazione di massa di tutta la popolazione contro il Covid ha fatto emergere come accanto allo sforzo organizzativo e produttivo sia necessaria una campagna di comunicazione in grado di esprimere e far comprendere il valore della vaccinazione, in modo da stimolare la confidenza vaccinale e combattere le informazioni distorsive nate da fake news o cattive interpretazioni del dato scientifico.

Di questo si è parlato nel corso della puntata di Camerae Sanitatis, il format editoriale multimediale nato dalla collaborazione tra l’Intergruppo parlamentare Scienza & Salute e SICS (editore di Quotidiano Sanità, Daily Health Industry, Popular Science e dei suoi Medical Magazine), dedicato, appunto, alla “Vaccine Confidence”.

Ospiti della puntata, moderata da Ester Maragò, giornalista di Quotidiano Sanità, sono stati il sottosegretario alla Salute, Andrea Costa; il presidente della Fimp, Paolo Biasci; il presidente Fimmg, Pier Luigi Bartoletti; il Direttore Dipartimento di Prevenzione ASL Taranto, Michele Conversano; il presidente di Federfarma, Marco Cossolo; Francesco Marchionni, consigliere di presidenza con delega alla Sanità del Forum Nazionale Giovani; e Andrea Grignolio Corsini, Docente di Storia della Medicina e Bioetica all’Università Vita-Salute S. Raffaele di Milano e al Centro Interdipartimentale per l’Etica e l’Integrità nella Ricerca del CNR.

Assente la “padrona di casa”, Angela Ianaro, Presidente dell’Intergruppo parlamentare Scienza&Salute, impegnata nei lavori parlamentari che ha però ricordato come proprio grazie ai diversi strumenti messi in campo in questi mesi dal Governo, quali ad esempio l’estensione del green pass, il numero dei vaccinati è aumentato sensibilmente avvicinandosi all’85% che viene considerato un ottimo risultato per rallentare la diffusione del virus. “Ora – ha aggiunto – rimane da percorrere l’ultimo miglio: convincere quella piccola percentuale di esitanti, che non sono irriducibili no vax, ma cittadini che vanno accompagnati per mano instillando in loro fiducia nel vaccino e fiducia nella scienza. Ricordo quando sono arrivati i primi vaccini in Italia, sembra trascorso tanto tempo ma in realtà era solo lo scorso gennaio. Allora i vaccinati sono stati considerati dei privilegiati. Ecco, vorrei che si ritornasse a quel momento quando tutti abbiamo percepito l’arrivo dei vaccini come una possibilità di salvezza, di ritorno alla nostra vita, alle nostre care abitudini.

“Purtroppo i vaccini – ha detto ancora Ianaro – sono vittime del loro stesso successo e ora che il pericolo di ammalarsi gravemente e di poter morire non è più percepito come tale, proprio grazie ai vaccini, aumenta la diffidenza figlia di un falso senso di sicurezza, perché purtroppo proprio per le caratteristiche di questo virus nessuno potrà considerarsi al sicuro se non sarà immunizzato. Occorre quindi – conclude la presidente dell’Intergruppo parlamentare Scienza&Salute – che ci sia una forte campagna informativa e che attraverso la collaborazione di tutti di medici e in particolare i farmacisti si possa informare correttamente e quindi rassicurare coloro che ancora non hanno aderito alla campagna vaccinale”.

Invito rilanciato anche dal sottosegretario Andrea Costa, che ha sollecitato medici, farmacisti, operatori sanitari – ma anche politici – ad “allacciare un dialogo” con i non vaccinati e a “mettere in evidenza gli aspetti positivi dei vaccini, che sono tutti basati sull’evidenza scientifica”. Va invece evitato per il dibattito su vaccino obbligatorio o non obbligatorio, “che rischia di inasprire il dibattito e aumentare la contrapposizione, con effetti negativi”.

Il confronto si è aperto quindi con la presentazione di un decalogo di elementi ritenuti essenziali per migliorare la confidenza vaccinale: 1. mantenimento della percezione del rischio; 2. fiducia nel vaccino, nel vaccinatore, nel medico e nelle istituzioni; 3. gratuità del vaccino; 4. accessibilità; 5. coinvolgimento; 6. ascolto ed empatia; 7. incentivi; 8. educazione continua; 9. informazione istituzionale positiva; 10. mitigazione dell’infodemia.

Il decalogo è stato condiviso dagli ospiti di Camerae Sanitatis, perché contenente elementi ritenuti fondamentali per contrastare i timori di quella parte della popolazione che non si è ancora sottoposta alla vaccinazione contro il Covid ma che non ha posizioni ideologiche contrarie (i cosiddetti no vax), solo dubbi o paure. “Esistono meccanismi cognitivi che rendono difficile valutare il rapporto rischi/vantaggi. Chi esita, tende a passare più tempo sul web, che è il luogo dove più si annida la disinformazione”, ha osservato Andrea Grignolio Corsini. Ma per il docente di Storia della Medicina e Bioetica a indebolire la fiducia nei vaccini sono stati anche alcuni errori delle istituzioni. “Veicolare informazioni disomogenee, come avvenuto per il caso AstraZeneca, che ha visto le indicazioni di utilizzo mutare molte volte nel giro di pochi giorni, non ha sicuramente aiutato a rafforzare la fiducia nei cittadini nei vaccini né nelle istituzioni. L’impatto negativo creato da quella situazione è parzialmente rientrato, ma alcuni indagini hanno rilevato che gli italiani sono molto confusi e ritengono di avere ricevuto una comunicazione molto ansiogena”.

Oltre a chi crede nelle teorie cospirative, l’identikit di chi esita a vaccinarsi contro il Covid vede prevalere coloro che non ritengono che la pandemia sia così pericolosa come si racconta. C’è poi chi sostiene di “non volere essere una cavia”. “Ma da uno studio pubblicato su Nature emerge anche che tra chi non vuole vaccinarsi c’è una forte spinta anti-sistema. Questo discredito nei confronti delle istituzioni fa riflettere sulla necessità di veicolare l’informazione usando anche canali non istituzionali o testimonial”, evidenzia Grignolio Corsini.

Per Michele Conversano uno dei problemi principali, quando si parla di vaccini contro il Covid, resta comunque “la sbagliata percezione del rischio”. Una condizione errata ma che si è radicata: “All’inizio della pandemia si continuava a ripetere che si trattava di un virus che colpiva gli anziani. Questo, abbiamo visto con il tempo, non è vero ma c’è ancora chi continua a pensarlo. Va fatto comprendere che il Covid è rischioso ad ogni età”. Per Conversano questo lavoro di informazione corretta va compiuto soprattutto a livello locale e in particolare attraverso i medici di famiglia e i pediatri, ad esempio: “Avere come interlocutori persone a cui ci siamo affidati in passato aiuta a creare un clima di fiducia. Questo può consentire di aumentare l’adesione alla vaccinazione in tutte le fasce di età”.

Opinione confermata dall’esperienza delle farmacie descritta da Marco Cossolo. Il presidente di Federfarma ha evidenziato come le circa 3mila farmacie coinvolte nella campagna vaccinale abbiano somministrato 400 mila dosi di vaccini pur lavorando “con la palla ai piedi”. Questo perché in alcune Regioni la possibilità di vaccinarsi in farmacia non è stata neanche ancora avviata. E laddove è stata avviata, ha visto livelli di coinvolgimento diverso. “In Piemonte, ad esempio, tutte le farmacie che vogliono aderire alla campagna e hanno i requisiti per farlo, possono somministrare i vaccini Pfizer in quantità libera. Questo aspetto è stato gradito dalla cittadinanza, che ha aderito numerosa alla vaccinazione in farmacia. In altre Regioni le possibilità offerte dalla farmacia sono state minori. Questo anche per sottolineare come, ancora una volta, persista una disomogeneità regionale e territoriale che rischia di penalizzare cittadini e e di non valorizzare le potenzialità dei servizi e dei professionisti”.

È la facilità di accesso, per Cossolo, il punto di forza delle farmacie. Ma anche la relazione di fiducia, appunto: “Le persone indecise entrano in farmacia e si sentono liberi di esprimere i loro dubbi e farci le domande sugli aspetti che hanno bisogno di capire prima di decidere di vaccinarsi. Si sentono a loro agio ma sanno anche di trovare competenza”.

Francesco Marchionni del Forum Nazionale Giovani ha quindi presentato alcuni dati di una indagine condotta tra i giovani per comprendere se e perché aveva aderito alla vaccinazione e la qualità dell’informazione ricevuta. Una indagine, ha evidenziato Marchionni, “condotta prima dell’introduzione del Green pass e quindi senza che i ragazzi si sentissero in qualche modo forzati dalla necessità di avere il certificato vaccinale per accedere a determinati servizi”.

Dall’indagine è quindi emerso che il 49,7% degli over 12enni si era vaccinato al momento della rilevazione, il 36% si apprestava a farlo mentre il 14,4% non voleva sottoporsi alla vaccinazione. Il 79% di chi si era vaccinato lo aveva fatto “perché è giusto e per dare il proprio contributo affinché la pandemia finisca per sempre”. Il 10% degli intervistati si era vaccinato “per tutelare la salute dei propri cari, genitori e nonni”. Quanto all’informazione, il 64% ha ritenuto di essere stato informato “adeguatamente sui possibili effetti collaterali e sotto il profilo della sicurezza”.

Tra le fonti da cui si erano ricevute maggiori informazioni, il 40% ha indicato i social, il 22% i portali regionali, il 20% la stampa e solo il 16% ha citato il portale del Governo. Tra chi aveva usato i social per informarsi, il 18% era stato influenzato negativamente sulla vaccinazione, il 32% era stato influenzato positivamente mentre la metà era rimasto indifferente a quanto letto sui canali social.Si tratta di risultati che, per Marchionni, confermano “che la comunicazione attraverso i social e gli influenze riceve credito, più della comunicazione istituzionale”.

Paolo Biasci, Presidente della Fimp, ha espresso preoccupazione per l’utilizzo dei social come fonte di informazione. “C’è un proliferare di notizie, dalle fonti spesso non attendibili. Questo mondo dell’informazione fuori controllo inficia gravemente il lavoro di chi cerca di informare bene, come fanno i pediatri da decenni”. Biasci ha confermato, quindi, il vantaggio del rapporto di fiducia medico-paziente. “Dove è stata attivata la vaccinazione Covid negli studi dei pediatri di libera scelta, i risultati di adesione sono stati ottimi”. Per il presidente della Fimp questa esperienza va potenziata. “Gli hub hanno permesso, nel momento emergenziale, di arrivare a vaccinare un grande numero di persone nel minore tempo possibile. Ma ha anche portato a una generalizzazione dell’atto vaccinale che credo oggi non sia più funzionale. È arrivato il momento di passare dal modello emergenziale a un modello di ‘routine’, che ha come riferimento i centri vaccinali, gli studi dei pediatri, gli studi dei Mmg. Di costruire quindi quella rete vaccinale del Ssn che è efficiente in altri ambiti e che può consentire al Ssn di affrontare anche altre grandi sfide nazionali di oggi e del futuro”.

A Camerae Sanitatis anche l’intervento del segretario nazionale vicario della Fimmg, Pier Luigi Bartoletti, che ha voluto evidenziare come tra i non vaccinati ci siano molti over 50. Ma tra loro non tutti sono no vax. “C’è chi ha ricevuto informazioni errate o mutuate da qualcuno a lui vicino che ha indotto dei dubbi”. Queste persone, secondo Bartoletti, “vanno semplicemente informate correttamente sul reale rapporto rischio beneficio sulla loro fascia di età. E le evidenze scientifiche sono chiare: i vantaggi per gli over 50 sono enormi”. Per Bartoletti è di assoluta importanza anche “sfatare i falsi miti, come il fatto che si tratti di un vaccino sperimentale”.

Più difficile, per Bartoletti, indurre a vaccinarsi chi ha posizione ideologiche contrarie alla vaccinazione. Per il segretario nazionale vicario della Fimmg, tuttavia, anche con i no vax va avviato un dialogo. “Serve uno sforzo di informazione, spiegando che da un punto di vista probabilistico la possibilità di contagiarsi è alta, perché il virus è largamente in circolazione, e gli effetti sui non vaccinati o sulle persone con fattori possono essere gravi, addirittura mortali”.

Una linea, quella di Bartoletti, che trova concorde Grignolio Corsini. “Ignorare i no vax non solo non è giusto, ma rischia di essere controproducente perché alimenta le teorie complottiste”. Per l’esperto di Storia della Medicina e Bioetica, “la cattiva informazione va contrastata, con informazioni corrette, spiegando i benefici dei vaccini, ricostruendo la fiducia nelle istituzioni”.

Per Grignolio Corsini c’è però un’altra iniziativa importante che può portare ampi benefici, nel lungo termine. Ed è l’inserimento dell’educazione scientifica nelle scuole “per offrire ai ragazzi gli strumenti che gli permettano di comprendere il metodo scientifico”. Questo, per Grignolio Corsini, favorirebbe anche “l’alleanza terapeutica con i medici, stili di vita sani e un ricorso più appropriato ai servizi sanitari. In generale, livelli di salute migliore”.

Una proposta che vede d’accordo Bartoletti: “Avere un minimo di coordinate per comprendere se una fonte di informazione è affidabile o no, è importantissimo. Come lo è sapere riconoscere se una notizia scientifica è riconducibile a uno studio pubblicato o si tratta solo di opinioni personali o di fake news”.

Educazione sanitaria, ma anche civica e ambientale. Una proposta che vede d’accordo il presidente di Federfarma Marco Cossolo, “perché se conosco, ragiono. Se non conosco sono più a rischio di cadere nella trappola delle fake news o in forme di scaramanzia prive di qualsiasi base scientifica”.

Marchionni si è chiesto, invece, se non sia “più utile introdurre l’educazione sanitaria, civica e ambientale nei contesti lavorativi piuttosto che in quelli scolastici. D’altronde molti degli indecisi sul vaccino – ha osservato – fanno parte delle classi di popolazione in età lavorativa”.

Biasci ha quindi richiamato anche la classe medica a una maggiore responsabilità: “Ci sono troppi medici e operatori sanitari che pensano di conoscere la materia vaccinale ed esprimono giudizi spesso errati, con conseguenze molto gravi perché il loro ruolo gli attribuisce credibilità. Ma non basta essere medici per essere esperti di vaccini. Servirebbe maggiore prudenza, perché da una parte rischiano di essere voci a favore dei no vax, dall’altra rischiano di creare diffidenza nei confronti di tutta la classe medica e sanitaria”.

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