Remicade switch a biosimilare rischioso, l’allarme dei ricercatori

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(Reuters Health) – I pazienti in terapia con l’anticorpo monoclonale infliximab (nome commerciale Remicade), utilizzato contro diverse patologie infiammatorie di origine autoimmune come la malattia di Crohn, la colite ulcerosa e l’artrite reumatoide, non dovrebbero passare al biosimilare. A dimostrarlo è uno studio condotto da ricercatori spagnoli e pubblicato su Annals of Rheumatic Disesaes. “Gli anticorpi – spiega il coordinatore della ricerca, Daniel Nagore, direttore della divisione Ricerca e Sviluppo della Progenika Biopharma di Derio, in Spagna – potrebbero dare una reazione crociata con il farmaco biosimilare e la risposta clinica al trattamento potrebbe ridursi”. Lo studio, inoltre, sottolinea l’importanza del monitoraggio del farmaco durante la terapia. “I risultati sono in accordo con recenti studi condotti su pazienti con malattia di Crohn e colite ulcerosa”, ha sottolineato il ricercatore spagnolo.

Infliximab è un anticorpo monoclonale che inibisce l’attività del fattore di necrosi tumorale alfa (TNFα), il cui rilascio da parte delle cellule del sistema immunitario induce l’infiammazione, soprattutto nella fase acuta. L’agenzia europea dei medicinali (EMA) ha approvato il biosimilare CT-P13, commercializzato con i nomi di Inflectra (dall’azienda Hospira)  e Remsima, (dalla Celltrion) per tutte le indicazioni di infliximab, mentre la Food and Drug Administration americana ha approvato Inflectra solo per trattare la malattia di Crohn, la colite ulcerosa, l’artrite reumatoide, la psoriasi e l’artrite vertebrale.

Lo studio

Per lo studio, Nagore e colleghi hanno analizzato i dati di 250 adulti che sono stati trattati con Remicade alla dose di 3 o 5 mg/Kg, per trattare l’artrite reumatoide e la spondiloartrite. Nessuno è stato trattato con i biosimilari. I ricercatori hanno quindi misurato i livelli di anticorpi anti-infliximab con test ELISA separati per Remicade, Inflectra e Remsima. Con il saggio per Remicade, 126 pazienti, pari al 50,4%, sono risultati positivi agli anticorpi. Ma tutti i pazienti sono risultati positivi anche agli anticorpi anti-infliximab nei saggi per Inflectra e Remsima. Mentre nessuna differenza è stata trovata tra i malati di artrite reumatoide e i pazienti con spondiloartrite o nell’associazione dei diversi farmaci immunosoppressori somministrati. “Nonostante l’approvazione di CT-P13 da parte di diverse agenzie regolatorie, i biosimilari fanno nascere ancora dubbi su sicurezza ed efficacia. – aggiunge Nagore – Una delle domande per le quali non c’è ancora una risposta riguarda proprio le reazioni crociate degli anticorpi anti-infliximab”. E l’impatto per i pazienti potrebbe essere significativo dal momento che, come sottolinea lo stesso ricercatore spagnolo, “la somministrazione dei biosimilari nell’Unione Europea e in altre regioni sta crescendo”.

I risultati dello studio giustificano la necessità di utilizzare tecniche di monitoraggio delle terapie. “I pazienti beneficeranno del migliore farmaco e della migliore strategia terapeutica se i medici valuteranno i livelli del farmaco e degli anticorpi”, conclude Nagore, che auspica “ulteriori studi volti a stabilire il range terapeutico per i farmaci biologici nelle malattie reumatiche, man mano che verranno utilizzati per altre malattie infiammatorie. Questo permetterà ai medici  di personalizzare i trattamenti e aumentare il numero di remissioni”.

Fonte: Ann Rheum Dis 2016.

Lorraine L. Janeczko

(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)

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