L’Europa dei sistemi sanitari: bene l’Italia, ma la crisi morde ancora

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I sistemi sanitari europei, così come sono, non potrebbero reggere all’impatto della domanda di salute a medio-lungo termine. È necessario continuare a lavorare sulla prevenzione, sul miglioramento dell’accesso soprattutto per le fasce piu’ povere, e sulla riduzione dei costi tramite un minore ricorso ai ricoveri ospedalieri e a un maggior uso dei farmaci generici. Queste indicazioni emergono dall’analisi compiuta da Ue e Ocse sulla sanità nei 28 Paesi dell’Unione. Quello italiano si conferma tra i migliori sistemi sanitari, pur con aspetti negativi come un significativo aumento dell’esclusione dei più poveri dalle cure mediche, una spesa inferiore alla media Ue, uno scarso uso dei generici e un ricorso troppo alto agli antibiotici.

Le evidenze del Rapporto
Secondo il rapporto Health at a Glance: Europe 2016, ogni anno in Europa ci sono oltre mezzo milione di decessi di persone in età lavorativa per malattie potenzialmente evitabili, con un costo annuo sulle spalle dei sistemi sanitari di 115 miliardi. Il 16 % degli adulti è obeso contro l’11% nel 2000, e uno su cinque fuma. Secondo Ocse ed Ue, quindi, molte di queste vite si potrebbero salvare se si concentrassero più risorse su promozione della salute e prevenzione delle malattie, e se si migliorasse la qualità dell’assistenza per le malattie acute e croniche. Altro nodo, l’accesso alle cure: il 27% dei pazienti Ue va al pronto soccorso perché non è disponibile un’assistenza sanitaria di base, e il 15% della spesa per la sanità è pagata direttamente dai pazienti, con grandi disparità all’interno dei Paesi dell’Unione. Risultato: per i più poveri, la probabilità di non ricevere un’assistenza sanitaria adeguata per ragioni economiche è 10 volte superiore rispetto alle persone benestanti.

Italia: cresce l’aspettativa di vita, ma la spesa è bassa
Gli indicatori di stato di salute e qualità dell’assistenza in Italia rimangono fra i migliori in Ue, dove l’aspettativa di vita si attesta come la seconda più alta in Europa dopo la Spagna, con una media di 83,2 anni nel 2014 grazie tra l’altro alla “buona qualità di assistenza sanitaria per condizioni potenzialmente letali”. In concreto, per esempio, il tasso di mortalità a seguito di un ricovero ospedaliero per infarti e ictus è significativamente ridotto, tra i più bassi dei 28 nel 2013. Con lo scoppio della crisi, però, anche in Italia è cresciuto il numero di bisogni rimasti insoddisfatti per mancanza di risorse e tempi, soprattutto per le fasce più deboli della popolazione. Se infatti sono aumentati gli esclusi dall’assistenza sanitaria dal 5% del 2009 al 7% del 2014, questa proporzione “è doppia per persone nel gruppo di reddito più basso”, arrivando sino al 14%. E per quanto riguarda le cure dentistiche, cresciuta in media dal 7% al 10%, sale sino al 20% per i più poveri. Con il rischio, quindi, di “un conseguente potenziale aumento delle disuguaglianze nel settore sanitario” in Italia. Sul fronte dei costi, “l’Italia ha speso 9,1% del Pil nel settore sanitario nel 2015, meno della media pesata Ue del 9,9% e molto meno di Germania, Svezia e Francia, che hanno speso circa l’11%”. Sono quindi “necessari ulteriori sforzi” per aumentare l’uso di farmaci generici, ancora fermo al 18% contro il 52% Ue, e per ridurre il numero di prescrizioni per antibiotici il cui consumo è superiore al 25%, pari al quinto più alto nella Ue.

 

 

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