Tumore prostata: una risposta da combo MSD, Pfizer e Astellas

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Un team di scienziati della Duke University ha identificato un recettore sulla superficie cellulare del tumore prostatico aggressivo resistente alla castrazione, che guiderebbe la resistenza al trattamento con terapia ormonale standard. Il gruppo, coordinato da Jiaoti Huang, ha anche sperimentato un candidato di MSD che, inibendo il recettore, ridurrebbe il tumore negli animali da laboratorio. Lo studio è stato pubblicato su Science Translational Medicine.

La resistenza alla terapia ormonale è stata attribuita alle cellule di tumore prive del recettore per gli androgeni, ma queste cellule hanno anche un recettore diverso, chiamato CXCR2, che contribuisce a sopravvivenza e progressione del tumore.

Un’ipotesi che è stata confermata dal fatto che l’inibitore del recettore messo a punto da MSD navarixina, MK-7123, in combinazione con l’antiandrogeno di Pfizer e Astellas Xtandi (enzalutamide), ha ucciso il tumore CRPC negli animali da laboratorio. MSD stava inizialmente sviluppando la terapia come antiinfiammatorio nel trattamento della BPCO.

Nella ricerca, Huang e colleghi hanno esaminato le cellule neuroendocrine purificate dai tessuti di carcinoma prostatico umano, verificando che il 14% delle cellule era CXCR2 positiva. Questi recettori, inoltre, sono ancora più diffusi nella malattia metastatica, il 20%, e in una forma particolarmente letale di carcinoma prostatico, noto come carcinoma neuroendocrino a piccole cellule, il 74%. Così, le terapie ormonali non solo non sono in grado di colpire queste cellule, ma le aiutano a crescere.

Inoltre, quando le cellule venivano trattate con Xtandi, il tumore si riduceva, ma la popolazione di cellule positive per CXCR2 aumentava. E solo dopo aver eliminato completamente l’azione di CXCR2 con navarixina, le cellule tumorali tornavano ad essere sensibili a Xtandi. Dunque la combo potrebbe ridurre il tumore meglio dei due agenti usati da soli.

I ricercatori hanno visto anche che le cellule CXCR2 positive erano in grado di creare un microambiente tumorale ideale che sopprime le cellule T immunitarie e promuove la crescita del tumore anche con un’altra modalità.

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