Trasformazione digitale: la nuova frontiera dell’industria farmaceutica

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Per molto tempo si è parlato di telemedicina, di digitalizzazione in ambito sanitario e prima della pandemia c’erano tutte le premesse per un cambiamento importante nell’approccio alla cura del paziente. È stata però necessaria una crisi sanitaria per spingerci davvero verso questa nuova frontiera, come ha giustamente notato Rick Lee, presidente esecutivo di Healthy Platforms e CancerLife. Ora non si può più tornare indietro.

Un’importante questione che si pongono industrie farmaceutiche ora è: come adattarsi rapidamente a questo cambiamento? Come trasformare il ruolo dell’industria per rispondere al meglio alle esigenze del paziente e del medico in questa nuova epoca? Nel corso dell’incontro Hybrid: Go-To-Market Models, Roles, and Capabilities for HCP Engagement, George Katzourakis, SVP, Responsabile Europa di GSK; Cyril Schiever, SVP, President Mid-Europe Region di MSD, Brent Hooper, socio di McKinsey & Company, Christina Hoffman, partner associato di McKinsey & Company, Yash Gautam, partner di McKinsey & Company e Janneke van der Kamp, Head Region Europe di Novartis, si sono confrontati per rispondere a questa domanda.

Una trasformazione necessaria

La sfida non consiste solo nel riuscire a sfruttare al meglio il digitale e ideare un modello che bilanci gli incontri da remoto e gli incontri di persona con i professionisti della salute. L’industria farmaceutica non presenta più soltanto farmaci e dispositivi, ma entra a far parte del percorso di cura del paziente. Chiede al medico e al paziente di cosa hanno bisogno, quali sono i loro unmet needs.

È una trasformazione complessa, profonda e necessaria. “La questione non è più: lo facciamo o no? Ma piuttosto: come possiamo farlo?”, osserva Hooper nel suo intervento. “I pazienti e i medici si aspettano questo cambiamento, è ciò che vogliono”. La trasformazione è in corso.

Secondo uno studio del CDC (Centers for Disease Control and Prevention), rispetto al 2019, l’anno scorso si è verificato un aumento del 50% dell’uso della telemedicina.
Non stupisce, come non stupisce che il 42% dei medici abbia modificato le proprie abitudini di prescrizione dei farmaci (secondo un’analisi condotta da McKinsey), preferendo per esempio i prodotti che permettono l’auto-somministrazione da parte del paziente.

D’altra parte, la maggior parte dei medici (il 68%, sempre sulla base di un sondaggio di McKinsey), ha preferito entrare in contatto con i rappresentanti farmaceutici o da remoto, o principalmente da remoto con sporadiche interazioni personali. È un sistema però che deve essere migliorato, come precisa Hooper. “Bisogna adottare un approccio che ha al centro il professionista sanitario”, cercare di raggiungere i medici, coinvolgere principalmente quelli più reattivi, formalizzare le vendite da remoto e valutare e misurare in modo sistematico l’esperienza e la soddisfazione del medico. Per fare tutto questo bisogna investire, sviluppare talenti.

Big data

Non bisogna però dimenticare un aspetto fondamentale: “alla fine dei conti i nostri risultati sono gli outcome dei pazienti”, quindi sono questi i dati che contano e che devono essere misurati per sapere se l’approccio, i servizi e i prodotti funzionano.

“Il digitale e i dati servono proprio a questo”, gli fa eco Schiever, “ci permettono di capire meglio i pazienti e di metterci al meglio al loro servizio”.

“Abbiamo a disposizione un’enorme quantità di dati”, osserva Gautam. “Sono abbastanza? I dati non sono mai abbastanza, sarebbe sempre meglio averne di più. Sono di eccellente qualità? Probabilmente no, ma la quantità e la qualità dei dati di cui disponiamo sono sufficienti per iniziare a usarli”.

Non è semplice, nota Katzourakis. “Stiamo iniziando ora a usare dati predittivi e c’è ancora molto lavoro da fare”. Ma sarà possibile confrontare i dati comportamentali (come l’adesione a una campagna vaccinale) e i real world data (su sicurezza ed efficacia di farmaci e vaccini dopo la commercializzazione), per migliorare la qualità dei prodotti, tenere sotto controllo gli effetti collaterali e la loro diffusione, ma anche conoscere i pazienti, le loro esigenze, i loro comportamenti.

Può spaventare, e anche l’impatto psicologico del cambiamento deve essere preso in considerazione, come osserva van der Kamp. “Negli ultimi 10 anni ci sono stati pochi cambiamenti”, è facile affezionarsi a un sistema che funziona, come il contatto diretto con il medico. Bisogna però superare la paura, mettere in discussione ciò che è noto, assumere anche qualche rischio, adattarsi a una nuova situazione imparando rapidamente.

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