Più di 20 milioni di persone in tutto il mondo soffrono di scompenso cardiaco. In Italia questa condizione colpisce l’1,7% della popolazione e porta, ogni anno, a 190.000 ospedalizzazioni. Per questa ragione non bisogna mai abbassare la guardia in termini di prevenzione, monitoraggio e continuità terapeutica, neanche durante o dopo una crisi sanitaria.
È quanto hanno sottolineato gli esperti intervenuti alla conferenza stampa virtuale, organizzata il 29 settembre in occasione della Giornata Mondiale del Cuore. L’evento ha visto la partecipazione delle principali società scientifiche di settore, dell’Associazione Italiana Scompensati Cardiaci e di Novartis, che ha lanciato la sua campagna Il cuore non può aspettare.
I pazienti con scompenso cardiaco hanno evitato gli ospedali per paura del contagio
La pandemia da Covid-19 ha allontanato dagli ospedali molti pazienti che necessitano di una sorveglianza costante. Ciro Indolfi, Presidente Nazionale della Società Italiana di Cardiologia (SIC) riporta che durante il lockdown sono state effettuate 3 milioni di visite cardiologiche in meno e che molti pazienti con scompenso cardiaco, anche quelli più gravi, non sono andati in ospedale.
Domenico Gabrielli, Presidente Nazionale dell’Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri (ANMCO), aggiunge che, negli ospedali, i ricoveri per emergenze cardiovascolari sono diminuiti del 30-50% e le attività ambulatoriali programmate sono state drasticamente ridotte.
Ciò è dovuto in parte alla paura del contagio e in parte al fatto che in questo periodo “tutto il sistema dell’emergenza era focalizzato esclusivamente sulle necessità Covid”, come sottolinea Indolfi. Questo porterà probabilmente a ripercussioni importanti sulla sanità: “Le persone che hanno avuto un infarto del miocardio e non si sono fatte curare, per esempio, soffriranno probabilmente di scompenso cardiaco”, aggiunge il professore.
Per quanto riguarda il timore dei pazienti è importante ricordare che nei mesi sono stati attivati dei percorsi ospedalieri che garantiscono sia alle persone infette di essere curate, sia ai soggetti con problemi cardiovascolari negativi al virus di essere curati in sicurezza.
Imparare dall’emergenza
D’altra parte da questa esperienza è possibile imparare: la gestione dell’emergenza ha mostrato nuove vie per prendersi cura dei pazienti che potrebbero essere preziose anche al di fuori di un contesto di crisi. Un esempio è la necessità di adottare un approccio interdisciplinare per seguire il paziente. Lo scompenso cardiaco è una malattia molto complessa e articolata, che vede il coinvolgimento di diversi organi: sono danneggiati i reni, i polmoni e la patologia è associata a malattie croniche come il diabete o l’ipertensione arteriosa. Per questa ragione, come sottolinea Dario Manfellotto, Presidente Nazionale FADOI (Federazione delle Associazioni Dirigenti Ospedalieri Internisti), bisogna dedicarsi ai pazienti in modo multidisciplinare, proprio come è avvenuto per il Covid-19. I diversi specialisti dovrebbero mettere insieme le loro competenze e creare una rete, anche attraverso la telemedicina.
Proprio la telemedicina può costituire una seconda risposta per una migliore gestione dei pazienti, e anche questa deriva dall’esperienza Covid. Salvatore Di Somma, direttore dell’Associazione Italiana Scompensati Cardiaci racconta, nel suo intervento, del progetto portato avanti dall’associazione che ha permesso il monitoraggio e la gestione a distanza dei pazienti più a rischio, quelli con scompenso cardiaco affetti da Covid-19. “Siamo riusciti a gestire a domicilio e in tutta sicurezza il 90% delle persone che potevano rimanere a casa”, spiega Di Somma. “Certo, servirà sempre un rapporto diretto con il medico, ma la telemedicina può diventare un valido strumento per rassicurare i pazienti e monitorarli”.
Il cuore non può aspettare
Non bisogna poi sottovalutare l’importanza della prevenzione, come ricorda Damiano Parretti, Responsabile Nazionale dell’Area Cardiovascolare della SIMG – Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie, che sottolinea come lo scompenso cardiaco si possa evitare con l’aderenza alle terapie. Il farmaco giusto, dosato nel modo giusto, al fine di ottenere degli obiettivi ben precisi può evitare che una persona ipertesa, per esempio, inizi a soffrire di scompenso cardiaco.
Il primo tassello della prevenzione resta comunque l’informazione. Per questo Novartis ha lanciato il progetto Il cuore non può aspettare. Una campagna di sensibilizzazione sull’importanza di agire tempestivamente, perché ogni secondo conta e perché queste patologie non devono mai passare in secondo piano.
L’iniziativa durerà due settimane, a partire dal 29 settembre. “Verranno coinvolte 1.200 farmacie, gli studi di medicina generale e circa 60 ospedali”, spiega Angela Bianchi, Head of Country Communications & Patient Advocacy di Novartis. “Reimmaginare la medicina per noi significa andare oltre l’offerta di soluzioni terapeutiche innovative e supportare i pazienti anche attraverso una corretta informazione orientata alla prevenzione e a una migliore gestione della patologia” aggiunge Bianchi, e ricorda che la campagna proseguirà nel mese di ottobre, sulla pagina Facebook di ‘Ascolta il Tuo Battito‘, il programma in cui si inserisce l’iniziativa. Verrà poi lanciato un contest, che coinvolgerà le principali scuole di regia italiane, per la produzione di un cortometraggio su questo tema.