Covid. Infettivologi: “Ruolo monoclonali importante in terapia precoce anziani”

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“C’è la convinzione, non del tutto corretta, che l’emergenza Covid sia finita”, ma in questa fase “una delle armi che possiamo utilizzare sono gli anticorpi monoclonali. Tra questi, uno è fondamentale, il sotrovimab, l’unico monoclonale che mantiene la capacità di neutralizzare Omicron, l’ultima variante del virus: tutti gli altri non lo riconoscono”. Lo ha detto Mario Clerici, direttore dipartimento Fisiopatologia Medico-chirurgica e trapianti dell’Università degli studi di Milano, a margine del simposio ‘I mab hanno ancora un ruolo nel trattamento precoce dei pazienti con Covid-19?’, all’interno del congresso ‘Icar-Italian conference on Aids and antiviral research’, in corso a Bari.

“E’ finita la fase pandemica, ma il mese scorso – rimarca Clerici – ci sono stati ancora 1.200.000 nuovi casi con 10mila morti, quindi non è un problema del passato”. Sul meccanismo d’azione e l’efficacia del sotrovimab, Clerici ricorda: “attiva le cellule del sistema immunitario che uccidono direttamente le cellule infette dal virus e attiva il complemento, che è un altro meccanismo immunitario che permette l’uccisione delle cellule infettate dal virus: è quindi un’arma molto potente, in grado veramente di fare la differenza. Noi vediamo che i pazienti fragili trattati con sotrovimab statisticamente vanno molto meglio: guariscono prima, sono dimessi prima hanno un tasso di mortalità molto più basso”, conclude.

Secondo Giordano Madeddu, professore di Malattie infettive dell’Università di Sassari,”in questo momento” di fase post pandemica “quello che manca è un approccio profilattico e un approccio terapeutico precoce”. Inoltre, “non dobbiamo dimenticare il ruolo, ancora oggi importante, degli anticorpi monoclonali disponibili nel trattare precocemente i pazienti ‘old’ e ‘super old’ per ridurre il rischio di progressione di malattia”. La definizione di pazienti ‘old’ e ‘super old’, cioè anziani o super anziani, “è abbastanza variabile. Per quanto riguarda il Covid-19 – sottolinea – sono considerati ‘old’ soggetti over 65 e a rischio”. Il termine ‘Old’ è considerato “non solo dal punto di vista anagrafico, ma anche dal punto di vista immunologico perché, il paziente anziano, è gravato da tutta una serie di alterazioni della sua risposta immunitaria, sia dal punto di vista dell’immunità innata, sia adattativa, che purtroppo minano la capacità di rispondere, in generale, all’infezione. Non fa eccezione l’infezione da Sars-CoV2. I bisogni irrisolti dei pazienti ‘old’ e ‘super old’ sono legati al fatto che questa tipologia di soggetti ha una scarsa risposta alla vaccinazione – spiega -. A questo si deve aggiungere il fatto che, attualmente, soprattutto nell’ultimo anno, con la riduzione dell’attenzione sul Covid-19, il numero di persone che si recava a ricevere le dosi booster si è ridotto drammaticamente. Abbiamo quindi, da una parte una scarsa capacità di rispondere alle infezioni e, dall’altra, una riduzione della protezione vaccinale”, conclude.

“L’utilizzo degli anticorpi monoclonali in questa fase post pandemica nell’infezione da Covid-19 sicuramente ha un ruolo molto importante nella popolazione fragile. Ormai anche la popolazione generale vuole giustamente dimenticare quello che abbiamo passato, però non dobbiamo assolutamente trascurare e tralasciare le persone fragili perché hanno una immunocompromissione indotta da alcune terapie o da altre patologie oppure sono immunocompromesse per problemi di età”, ha detto Sergio Lo Caputo, professore associato di Malattie infettive del policlinico Riuniti di Foggia e dell’università di Foggia.

“L’utilizzo di anticorpi monoclonali, soprattutto sotrovimab – aggiunge – ha anche una funzione effettrice sul sistema immunitario perché lo aiuta a eliminare il virus. L’esperienza clinica – osserva Lo Caputo – conferma l’efficacia nei pazienti fragili della somministrazione precoce di sotrovimab. Non dobbiamo dimenticare che il problema principale che stiamo affrontando in questi mesi è la diagnosi tardiva di Covid”, sottolinea l’infettivologo. “Nessuno ormai vuole fare più il test, ma nella persona fragile, appena c’è qualche sospetto, conviene assolutamente fare il tampone e, in caso di positività, inviarlo ai reparti di Malattie infettive dove, in regime di day service senza ricovero, si somministra il sotrovimab”. Tornando al tema del congresso ‘dalla prevenzione alla cura, pronti per nuove sfide’ nell’Hiv, Lo Caputo sottolinea che “l’esperienza della pandemia ci ha insegnato quanto è importante la prevenzione” che vale anche “nelle infezioni sessualmente trasmesse. La cultura del test rapido – ribadisce – è una cultura che abbiamo imparato durante la pandemia, quindi fare i test rapidi vuol dire fare diagnosi precoce, agire tempestivamente, diminuire il numero di persone che si possono infettare e – conclude – curare le persone che si sono infettate”.

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