Cancro del polmone: l’immuno-oncologia come terapia di prima linea

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La possibilità di cura più promettente per il tumore del polmone, che in Italia conta più di 110 nuove diagnosi al giorno, potrebbe essere l’immunoterapia che mira a risvegliare il sistema
immunitario per combattere direttamente il cancro. Tale approccio, con la combinazione di varie molecole immunoncologiche innovative, si è infatti dimostrato efficace non solo nel trattamento della malattia in stadio avanzato, ma anche in prima linea, ovvero al momento della diagnosi, e l’obiettivo futuro è riuscire ad evitare il ricorso alla più invasiva chemioterapia. A parlare sono i risultati presentati alla 17/ma Conferenza mondiale sul tumore del polmone dell’International Association
for the Study of Lung Cancer (Easl) in corso a Vienna.

L’immuno-oncologia, sottolinea Federico Cappuzzo, direttore Dipartimento Oncologia all’Ospedale di Ravenna, “ha già evidenziato risultati decisivi in seconda linea nella fase avanzata e metastatica della malattia. La sfida ora è individuare i pazienti che possono maggiormente beneficiare di questa nuova arma in prima linea, cioè al momento della diagnosi. E sono incoraggianti – annuncia – i risultati aggiornati dello studio CheckMate-012, dopo un follow-up di circa 16 mesi, sulla combinazione delle molecole immunoncologiche nivolumab e ipilimumab nella forma non a piccole cellule, la più frequente”.

Infatti, i tassi di risposta confermata in tutti i pazienti trattati sono pari al 43%, quasi il doppio rispetto alla percentuale registrata con nivolumab in monoterapia (23%). Inoltre, la sopravvivenza globale a un anno copre il 100% dei pazienti quando l’espressione tumorale dell’antigene PD-L1 è superiore al 50%. Positivi anche i dati sulla sopravvivenza libera da progressione. Per questi pazienti, afferma l’esperto, “si sta sempre più concretizzando la possibilità di evitare la chemioterapia e aver accesso a farmaci innovativi caratterizzati da una tollerabilità migliore. Riteniamo che il futuro sia rappresentato proprio dall’associazione delle molecole immunoncologiche”.

Complessivamente, la sopravvivenza a 5 anni nella forma non a piccole cellule in stadio I è compresa tra il 47% e il 50%, mentre per lo stadio IV scende al 2%. I tassi tendono però a essere più bassi nel tumore del polmone a piccole cellule perché questa forma cresce più rapidamente. Anche in questo caso una concreta speranza arriva dalla combinazione delle molecole immunoncologiche: un altro studio presentato al Congresso, il CheckMate-032, spiega Francesco Grossi, Responsabile Unità Tumori Polmonari all’IRCCS San Martino IST-Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro di Genova, “ha infatti valutato nivolumab in monoterapia e in combinazione con ipilimumab in pazienti precedentemente trattati, quindi in seconda linea, colpiti proprio da tumore del polmone a piccole cellule. Il tasso stimato di sopravvivenza a due anni è stato del 30% con nivolumab più ipilimumab e del 17% con nivolumab in monoterapia”. Dunque la conferma, concludono gli oncologi, che “la combinazione di queste nuove molecole rappresenta la strada da seguire”.

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