Il 2025 si avvia alla conclusione come uno degli anni più intensi per le operazioni di fusione e acquisizione nel settore biopharma, con un deciso aumento del valore complessivo dei deal rispetto al 2024. A fare da motore a questo trend è soprattutto il combinato disposto tra l’avvicinarsi del patent cliff per molti blockbuster e la necessità di rafforzare e rinnovare le pipeline; sullo sfondo, le nuove prospettive offerte dal mercato statunitense.
Un anno cominciato con gli squilli di tromba dell’acquisizione da 14,6 miliardi di dollari di Intra-Cellular Therapies da parte di Johnson & Johnson. Un deal strategico – il più “costoso” dell’anno solare – che ha rafforzato in modo significativo il portafoglio neuroscience della big pharma del New Jersey con l’arrivo di Caplyta (lumateperone), già approvato negli USA per schizofrenia e depressione bipolare e ora autorizzato anche per il disturbo depressivo maggiore. Secondo gli analisti, il farmaco potrebbe raggiungere vendite annue nell’ordine dei 5 miliardi di dollari.
Meno deal, ma di maggior valore
I numeri elaborati raccontano di un mercato globale in cui il volume delle operazioni diminuisce, ma, di contro, aumenta la dimensione media dei deal. “Il valore complessivo è in aumento, mentre il numero delle operazioni è in calo: un chiaro segnale che le acquisizioni sono diventate più consistenti”, osserva Subin Baral, global deals leader Life Sciences di Ernst & Young. La dimensione media di un’operazione effettuata nel 2025 si colloca tra gli 1,9 e i 2 miliardi di dollari, ben al di sopra dei livelli del 2024.
Dopo una prima metà dell’anno caratterizzata da cautela – anche a causa della volatilità legata alle politiche commerciali e di pricing dell’amministrazione Trump – l’attività di M&A ha accelerato nel secondo semestre. Con una maggiore chiarezza sugli impatti dei dazi e delle riforme, le aziende sono tornate sul mercato.
Tra ottobre e novembre si sono concentrate alcune delle operazioni più rilevanti: dall’acquisizione di Avidity Biosciences da parte di Novartis per 12 miliardi di dollari ai due deal di MSD per Verona Pharma e Cidara Therapeutics, rispettivamente da 10 e 9,2 miliardi.
Tuttavia, sul piano strutturale, le operazioni del 2025 hanno mostrato un approccio più prudente alla gestione del rischio. È cresciuto il peso dei pagamenti legati alle milestone e quello dei contingent value rights (CVR), strumenti utilizzati per condividere il rischio sul reale valore futuro degli asset acquisiti. Una tendenza che – secondo alcuni analisti – potrebbe consolidarsi anche nel 2026.
Il peso del patent cliff
In questo scenario di grande attività M&A, il patent cliff ha costituito un elemento decisionale estremamente importante. Nei prossimi anni, una quota significativa delle vendite globali perderà la protezione brevettuale. Secondo le stime, entro il 2030 solo il 4% delle vendite di farmaci sarà ancora coperto da brevetto.
Blockbuster come Keytruda di MSD sono destinati a perdere l’esclusività negli Stati Uniti, con un’inevitabile ripercussione sui ricavi, in particolare nel settore oncologico. “Con l’accorciarsi dell’orizzonte brevettuale, cresce l’urgenza di ricorrere all’innovazione esterna per rifornire le pipeline”, sottolinea Subin Baral.
Non sorprende quindi che le big pharma guardino sempre più a biotech con asset avanzati e profili di rischio ridotti, privilegiando acquisizioni late-stage rispetto a scommesse molto precoci.
Obesità e neuroscienze protagoniste
Accanto alle neuroscienze, un’altra area calda dei deal 2025 è stata quella dell’obesità. Emblematica la guerra di offerte e controfferte tra Pfizer e Novo Nordisk per Metsera, biotech attiva nello sviluppo di agonisti GLP-1 a lunga durata d’azione, conclusasi con l’acquisizione da parte di Pfizer per 10 miliardi di dollari.
La corsa ai farmaci per la perdita di peso ha avuto riflessi anche sui mercati finanziari: Eli Lilly è diventata nel novembre 2025 la prima azienda healthcare al mondo a raggiungere una capitalizzazione di un trilione di dollari.