Best practice per la gestione territoriale del Covid-19

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Siamo probabilmente alle soglie di una nuova ondata di Covid-19 ma, contrariamente a quanto accaduto negli ultimi anni, questa nuova stagione autunno-inverno ci trova meglio armati ad affrontare i contagi. Le diverse Regioni di Italia hanno risposto in alcuni casi in modo differente alla diffusione del virus, e dalle singole esperienze riuscite nel contenimento della pandemia è possibile trarre una lezione sulle best practice per la gestione dei pazienti Covid-19. Nei prossimi mesi sarà fondamentale mantenere alta l’attenzione sul virus e tenere a mente le lezioni apprese.

Abbiamo parlato della gestione dei pazienti infetti con Pietro Colletti, Direttore UOC Malattie Infettive Presidio Ospedaliero Paolo Borsellino di Marsala ASP Trapani; Paolo Bonfanti, Direttore della Struttura Complessa di Malattie Infettive dell’ASST di Monza – Ospedale San Gerardo e Giovanni Cenderello, Direttore della Struttura complessa Malattie Infettive della ASL 1 Imperiese, Presidio di Sanremo. Le esperienze di best practice dei tre centri hanno in comune due aspetti fondamentali: l’integrazione ospedale-territorio e l’uso di terapie per la prevenzione della malattia grave e delle ospedalizzazioni, che prevede una diagnosi precoce della malattia.

Terapie precoci, farmaci appropriati e prevenzione per accerchiare il virus

“Se penso allo scenario Covid-19 dell’autunno/inverno 2022/2023, immagino qualcosa di molto diverso rispetto a quanto abbiamo vissuto negli anni precedenti”, commenta Pietro Colletti. “La maggior parte delle persone è vaccinata (almeno con le prime dosi) e ora sappiamo qual è il nemico da combattere e abbiamo a disposizione armi di prevenzione e terapie”.

“Dal 2021 abbiamo a disposizione dei farmaci efficaci e facilmente utilizzabili per la prevenzione e per il trattamento, che possono essere sfruttati al meglio grazie all’integrazione tra ospedale e territorio”, continua l’infettivologo. “Somministrando gli anticorpi monoclonali ai pazienti fragili (che rispondono a determinate caratteristiche) nei primissimi giorni dell’infezione, si può evitare che il paziente venga ospedalizzato, che venga ospedalizzato in terapia intensiva o che l’infezione porti a un esito fatale”. Nel corso dell’inverno autunno 2021/2022, questa strategia si è rivelata efficace per l’Azienda Sanitaria Provinciale di Trapani. “Abbiamo somministrato anticorpi monoclonali a circa 400 pazienti organizzando un servizio di day hospital che prevedeva anche il trasporto (da casa all’ospedale e vice-versa) dei pazienti particolarmente fragili. Solo uno dei quattrocento pazienti è stato ricoverato, ma non è andato in terapia intensiva ed è guarito”. Con l’emergere di nuove varianti e lo sviluppo di antivirali orali, gli anticorpi monoclonali sono stati usati sempre di meno. “Da febbraio di quest’anno disponiamo di due prodotti antivirali orali (uno di questi può essere prescritto anche dal medico di base) che, se assunti nei cinque giorni dall’inizio dei sintomi, possono prevenire la malattia grave e complicata e l’ospedalizzazione”, dice Colletti. “Alcuni antivirali possono essere usati anche in ospedale, somministrati per via endovenosa, per il trattamento delle polmoniti”.

Emerge quindi con chiarezza la necessità di continuare a effettuare test e tamponi, per poter arrivare a una diagnosi precoce dell’infezione e intervenire tempestivamente con queste armi terapeutiche.

L’esperto sottolinea poi che anche quest’anno non dovranno mancare gli strumenti di prevenzione che conosciamo: la vaccinazione e l’uso delle mascherine. “I livelli di adesione alla vaccinazione sono stati inizialmente molto alti, ma sono diminuiti molto con le terze e quarte dosi. È importante che vengano effettuate le quarte dosi e, per alcuni soggetti con determinate caratteristiche, anche la quinta dose, se sono passati 120 giorni dalla precedente. Anche perché i nuovi vaccini proteggono dalle varianti attualmente circolanti. Inoltre disponiamo oggi di uno strumento sofisticato per proteggere anche le persone immunocompromesse, che non producono anticorpi se il loro sistema immunitario viene stimolato con il vaccino. Tra questi ci sono pazienti affetti da particolari malattie, pazienti trattati con chemioterapia, che hanno appena subito un trapianto o che soffrono di immunodeficienze. Questi soggetti possono beneficiare di un trattamento, che consiste di due punture intramuscolo di un anticorpo monoclonale, che permette di avere in circolo nell’organismo anticorpi che impediscono l’infezione e/o l’emergenza della malattia grave e complicata, per sei mesi”. L’esperto sottolinea anche che, nonostante non sia più obbligatorio, l’uso della mascherina resta consigliato, sopratutto nei luoghi affollati.

Secondo Colletti, facendo queste tre cose – usando terapie precoci, farmaci in ospedale e armi di prevenzione – saremo noi ad accerchiare il virus e non il virus ad accerchiare noi.

Hotspot per la gestione territoriale del Covid-19

L’integrazione ospedale-territorio e la collaborazione tra infettivologi e Medici di Medicina Generale (MMG) è stata la strategia adottata anche a Monza, come racconta Paolo Bonfanti.

“Da più di un anno e mezzo abbiamo attivato un hotspot Covid-19, un centro per la gestione territoriale dei pazienti Covid-19, che funge da punto di incontro tra cure primarie, Medici di Medicina Generale e infettivologi. Il centro hotspot riceve i pazienti che presentano una sintomatologia respiratoria e li sottopone a indagini supplementari, come come l’eco-FAST (Focused Assessment with Sonography for Trauma) del torace o l’emogasanalisi. Questo sistema ci permette di discriminare i pazienti che possono essere rinviati a domicilio o inviati in pronto soccorso perché presentano un’iniziale polmonite, e fin ora ha funzionato molto bene”, dice Bonfanti. “È servito e serve ad alleggerire la pressione sul pronto soccorso e a definire un percorso più appropriato per il malato, lasciandolo a domicilio quando possibile”.

L’hotspot è anche un centro di riferimento per l’uso di terapie precoci e farmaci. “Da quando esistono le terapie precoci le usiamo valutando i criteri di eleggibilità e da alcuni mesi il centro funge anche da centralino telefonico che permette un confronto con i Medici di Medicina Generale per decidere quali pazienti sono eleggibili per le terapie orali che i medici di famiglia possono prescrivere”.
L’esperienza, conclude Bonfanti, va nella direzione della riforma richiesta dal PNRR, si tratta di una sorta di casa di comunità per i malati di Covid-19”.

Collaborazione con i Medici di Medicina Generale

Anche l’esperienza di Imperia si basa sulla collaborazione tra infettivologi e MMG, come racconta Giovanni Cenderello.

“Negli ultimi 18 mesi, l’uso dei monoclonali è stato molto esteso nella nostra provincia, grazie sia alla collaborazione con i Medici di Medicina Generale, sia al contact tracing messo a punto dalla ASL. Abbiamo formato e sensibilizzato gli specialisti e creato una mail ad hoc in cui segnalare i pazienti positivi al Covid-19 che venivano contattati dal medico per un day hospital nell’ambulatorio malattie infettive dove ricevevano la terapia. Nel 2021, abbiamo somministrato gli anticorpi monoclonali a 380 pazienti ella provincia di Imperia (che conta circa 214.000 abitanti). Inoltre siamo stati noi specialisti a spostarci e a consegnare la terapia “a domicilio” nelle case di riposo nel momento in cui in una struttura si verificavano più di sei casi di Covid-19. Questa operazione ci ha permesso di contenere il contagio di altre persone e di lasciare l’anziano nel suo contesto abituale”.

Pensando a questo autunno-inverno Cenderello osserva: “sarà sicuramente necessario mantenere attivi tutti i canali creati in collaborazione con i MMG per trattare tutti i pazienti a rischio di progressione”. Lo specialista sottolinea che, nonostante le nuove varianti siano meno aggressive, i pazienti fragili sono ancora a rischio di progressione della malattia. Parliamo, lo ricordiamo, delle persone anziane (con più di 65 anni), dei soggetti immunocompromessi, affetti da cancro o da patologie croniche e dei soggetti obesi. Diversi studi suggeriscono che anche chi soffre di condizioni neurologiche o psichiatriche è a maggior rischio di sviluppare una forma grave della malattia.

Cenderello conclude: “Sarà fondamentale scegliere la terapia giusta al momento giusto e questo richiede un continuo lavoro di squadra tra medicina del territorio, Medici di Medicina Generale e specialisti delle malattie infettive”.

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