Alzheimer, il futuro della cura passa per i biomarker

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L’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce la demenza come “una sindrome in cui si verifica un deterioramento delle funzioni cognitive al di là di quanto ci si potrebbe aspettare dalle normali conseguenze dell’invecchiamento biologico”. La malattia di Alzheimer è considerata un tipo di demenza.

Nel corso del 2022 sono stati studiati individuati biomarker potenzialmente in grado di trasformare il processo diagnostico della demenza. Alcuni cominciano a essere presi in considerazione nella ricerca clinica.

I ricercatori, nello specifico, stanno studiando biomarker basati sul sangue per sostenere gli sforzi volti a trovare farmaci contro l’Alzheimer che vadano oltre il bersaglio della proteina amiloide. Si spera così di poter centrare nuovi target terapeutici ampliando potenzialmente il gruppo di pazienti che possono rispondere favorevolmente a una terapia. Lo sviluppo di biomarker terapeutici e diagnostici può aiutare a raggiungere questi obiettivi.

Recentemente, in occasione del meeting CTAD (Clinical Trials on Alzheimer’s Disease), sono stati presentati i dati dello studio clinico Clarity AD, un trial nel quale lecanemab (Eisai/Biogen) ha raggiunto l’endpoint primario – ossia un cambiamento medio nella scala Clinical Dementia Rating-Sum of Boxes (CDR-SB) – riducendo il declino clinico del 27% rispetto al placebo dopo 18 mesi di trattamento.

Lecanemab (Eisai/Biogen) è un anticorpo anti-amiloide che ha come bersaglio gli oligomeri e le protofibrille di amiloide. Secondo Serge Gaulthier, direttore dell’Unità di Ricerca sulla Malattia di Alzheimer e i Disturbi Correlati della McGill University di Montreal, si tratta della maggiore riduzione del deterioramento cognitivo mai dimostrata con una terapia modificante la malattia di Alzheimer. Tuttavia, Gaulthier afferma che questo potrebbe essere il limite dell’efficacia delle terapie modificanti l’amiloide per i pazienti affetti da demenza e Alzheimer.

Per questo motivo,ora ci si sta concentrando sullo studio di nuovi biomarcatori che possano aiutare a identificare bersagli più efficaci negli studi clinici.

I marcatori diagnostici e prognostici precoci possono rivelare la fisiopatologia, la progressione, la gravità e le potenziali differenze nei meccanismi della malattia. Ciò è di fondamentale importanza per migliorare la progettazione degli studi clinici e lo sviluppo di nuovi strumenti diagnostici e terapie specifiche per la malattia di Alzheimer, quella di Parkinson e altri tipi di demenza.

Tra i diversi bersagli esplorati, la proteina tau, la catena leggera del neurofilamento e le placche di amiloide beta hanno generato il maggior numero di prove.

 

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