Farmaci equivalenti a rischio scomparsa. “Il tempo è scaduto, serve una chiara agenda di interventi”. L’appello dell’Osservatorio Nomisma 2025

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Non sono prodotti di serie B, ma pilastri della salute pubblica. I farmaci equivalenti sono a tutti gli effetti la spina dorsale delle terapie croniche e un presidio di salute pubblica. Eppure, senza una strategia industriale chiara e misure di tutela concrete, rischiano di sparire dal mercato. Un bene che lo Stato ha il dovere di tutelare.

Parla chiaro il decimo Rapporto Egualia–Nomisma, presentato martedì 7 ottobre a Roma, che fotografa un comparto in sofferenza: l’aumento dei costi di produzione (+32% tra il 2019 e il 2023, +9,5% solo nell’ultimo anno), trainato dal rincaro delle materie prime (+40,6% sul periodo), ha eroso i margini, mettendo sotto pressione la redditività di un settore che opera già con prezzi regolati e fermi da anni.

Il comparto: crescita, occupazione, ma margini erosi

Il settore in Italia conta 102 imprese, 10.900 addetti diretti, 6,4 miliardi di valore della produzione e 1,6 miliardi di valore aggiunto diretto generato. Negli ultimi anni le aziende hanno investito e consolidato occupazione, ma l’aumento dei costi (+32% tra 2019 e 2023, +9,5% solo nell’ultimo anno) ha messo sotto pressione la redditività.

Parallelamente cresce il rischio di concentrazione: il 46% dei medicinali equivalenti critici è oggi fornito da solo 1 o 2 produttori, con casi in cui resta un unico fornitore per principio attivo. Un sistema così fragile espone a carenze diffuse e prolungate.

Dipendenza dall’estero: la vulnerabilità europea e le azioni necessarie in Italia

Il decimo Rapporto dell’Osservatorio, illustrato da Lucio Poma, capo economista di Nomisma, mette in evidenza la forte dipendenza dell’Europa dalle forniture estere di materie prime e principi attivi farmaceutici. Il continente importa infatti il 48% dei principi attivi, il 60% degli intermedi e l’85% delle materie prime regolamentate, un assetto produttivo che espone il sistema sanitario a seri rischi di interruzione delle forniture. Da qui l’urgenza di una politica industriale europea per la produzione dei farmaci critici essenziali, in linea con il Critical Medicines Act, ultimo tentativo di rafforzare la sicurezza e l’autonomia del settore.

Il Rapporto invita ad agire con rapidità e con una visione di lungo periodo. Come ha sottolineato Poma, serve “una nuova agenda industriale per i farmaci critici: impianti esistenti e nuovi, ma sostenibili nel lungo periodo”, ricordando che “perché questo progetto diventi operativo serve una tempestiva revisione delle politiche di prezzo, rimborso e acquisto pubblico”.

L’economista ha inoltre richiamato il divario tra l’andamento dei prezzi dei beni di consumo e quello dei farmaci equivalenti: “a livello europeo, il pane ha segnato +45% e l’indice generale dei prezzi al consumo +30%, ma i farmaci equivalenti critici sono fermi a +2% e quelli più diffusi addirittura deflattivi a –8%. Questa forbice – che distingue nettamente questi farmaci da quelli innovativi – mette a rischio la sostenibilità industriale degli equivalenti”.

Un campanello d’allarme, dunque, che ribadisce la necessità di un intervento coordinato tra istituzioni e industria per garantire la resilienza produttiva e la sicurezza dell’approvvigionamento dei farmaci essenziali.

Le raccomandazioni di policy

Lo studio Nomisma cita senza remore il “dite di no a tutto, fate qualcosa!” di Mario Draghi prima di esordire con la prima e più basilare raccomandazione di policy: adeguare i prezzi perché “alcune multinazionali hanno già dichiarato che nel biennio 2026-2027 rischiano di dover procedere al ritiro progressivo delle AIC di diverse famiglie di principi attivi se i prezzi resteranno sotto le soglie minime di remuneratività”.

L’Osservatorio indica la necessità di una nuova agenda industriale per la farmaceutica essenziale, articolata in più direttrici:

adeguamento dinamico dei prezzi dei farmaci fuori brevetto;

gare pubbliche basate sui criteri MEAT, con esclusione delle offerte anomale tramite floor price;

obbligo di gare multi-aggiudicatarie, per ridurre la concentrazione dei fornitori;

incentivi a chi produce in Europa o utilizza API di provenienza UE;

superamento del payback per i farmaci fuori brevetto;

allineamento tra politiche ambientali e industriali, perché le nuove regole (come la Direttiva Acque Reflue) non compromettano le produzioni.

Un comparto che cresce, investe, dà lavoro, ma è schiacciato da regole che ne minano la sostenibilità “Il Rapporto di quest’anno – ha dichiarato Stefano Collatina, presidente di Egualia – ci consegna una fotografia chiara: il comparto degli equivalenti cresce, investe, dà lavoro, ma è schiacciato da regole che ne minano la sostenibilità. Se i prezzi restano fermi, mentre i costi produttivi aumentano a doppia cifra, il rischio è che molte aziende siano costrette ad abbandonare i farmaci essenziali, lasciando i cittadini senza cure di base”.

Egualia non chiede sussidi a fondo perduto ma condizioni economiche e regolatorie eque: “Non si tratta solo di investire di più – ha proseguito Collatina – ma di spendere meglio: prezzi sostenibili, gare multi-aggiudicatarie, basi d’asta realistiche, incentivi alla produzione europea e abolizione del payback sui fuori brevetto o esclusione dal tetto di spesa. Il nostro settore non è un costo, è una risorsa: ogni euro speso per un equivalente libera risorse per innovazione e nuove terapie”.

Collatina ha poi sottolineato il rischio sistemico per il Ssn: “Se cede l’industria dei fuori brevetto, crolla l’intera impalcatura dell’accesso ai farmaci. Le carenze stanno aumentando, e riguardano proprio i farmaci più critici per i pazienti cronici”.

Un passaggio centrale è la valorizzazione dell’industria che già opera in Italia: “Oggi il nostro Paese vanta impianti produttivi di altissimo livello. Questa è una risorsa strategica che non possiamo disperdere. Ma se non cambiamo rotta, i farmaci prodotti in Italia rischiano di non essere più destinati al mercato interno: le aziende smetteranno di investire, e progressivamente sceglieranno altri Paesi dove allocare le loro risorse. Sarebbe una perdita irreparabile per il sistema industriale e per la sicurezza nazionale”.

Infine, un richiamo alla responsabilità politica: “I farmaci equivalenti non sono una commodity. Sono la spina dorsale delle terapie quotidiane per milioni di cittadini. Senza di loro non c’è SSN sostenibile, non c’è autonomia strategica europea, non c’è equità per i pazienti. È il momento di passare dalle dichiarazioni ai fatti: il tempo è già scaduto”.

 

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