Un recente studio pubblicato su Nature Communications ha mostrato come l’intelligenza artificiale possa rivoluzionare i trial clinici sulla malattia di Alzheimer, aumentando l’efficacia della sperimentazione e velocizzando il percorso di sviluppo del candidato farmaco.
Il lavoro, guidato da Delshad Vaghari, Gayathri Mohankumar, Keith Tan e Andrew Lowe, ha applicato un modello predittivo basato su dati clinici e immagini MRI per rianalizzare i risultati di uno studio clinico – concluso senza centrare l’obiettivo – su un farmaco per la patologia neurodegenerativa.
Le evidenze
Nello studio originario il candidato farmaco non aveva evidenziato benefici significativi nella popolazione generale. Grazie all’algoritmo del modello di intelligenza artificiale, Vaghari e colleghi sono riusciti a suddividere i pazienti in due sottogruppi caratterizzati da una diversa velocità di progressione della malattia: un gruppo a progressione rapida e uno a progressione lenta.
In questo secondo gruppo è stato rilevato un effetto terapeutico concreto del candidato farmaco, con un miglioramento dell’efficacia pari al 46% rispetto allo studio originario.
Parallelamente il modello AI è stato validato anche per predire – con una precisione rivelatasi dell’82% – quali pazienti con lieve compromissione cognitiva fossero a rischio di sviluppare Alzheimer entro i tre anni successivi allo studio. Questa accuratezza è stata raggiunta utilizzando esclusivamente dati clinici standard e immagini MRI, risorse già largamente disponibili nella pratica clinica.
Per l’industria farmaceutica l’uso di modelli AI rappresenta una strategia innovativa per migliorare il design dei trial clinici, proteggere gli investimenti in pipeline e valorizzare al massimo i risultati ottenuti, soprattutto nei segmenti di pazienti più reattivi. Lo studio pubblicato da Nature rappresenta dunque un importante passo avanti verso la personalizzazione e l’efficienza della ricerca clinica sull’Alzheimer.