Una variazione persistente e significativa nell’accesso ai nuovi farmaci tra i Paesi europei e un tempo medio dall’approvazione all’accesso dei pazienti che raggiunge i 578 giorni, oltre un mese in più rispetto al 2023.
E’ quanto rivelano i nuovi dati provenienti da due rapporti pubblicati mercoledì 7 aprile dall’Efpia, la Federazione europea delle industria farmaceutiche, che si focalizzano sulle cause profonde e interconnesse dell’indisponibilità e del ritardo nell’accesso ai farmaci innovativi fra i pazienti europei.
Il rapporto Patients W.A.I.T. indicators fornisce un’analisi completa di 173 nuovi medicinali approvati tra il 2020 e il 2023. Nel 2024, utilizzando la media UE dei 27 Stati membri, i dati mostrano che meno della metà (46%) dei medicinali innovativi approvati a livello centrale era disponibile per i pazienti, in calo rispetto al 48% del 2019. Solo il 29% dei medicinali era completamente disponibile tramite rimborso pubblico, in calo rispetto al 42% del 2019. Inoltre, il 17% dei medicinali era disponibile solo con restrizioni, in aumento rispetto al 6% del 2019.
Permangono variazioni significative e durature tra i Paesi: il più rapido è la Germania con 128 giorni, mentre i pazienti portoghesi affrontano l’attesa più lunga, con 840 giorni. In tutte le aree terapeutiche, il tempo di attesa medio è aumentato: per i prodotti oncologici, in particolare, continua a crescere, con 33 giorni in più rispetto al rapporto dello scorso anno e 66 giorni in più rispetto al 2022.
Il CRA Report on root causes of unavailability and delays approfondisce invece le cause alla base di queste disparità, spesso dovute a una combinazione di fattori. Tra questi, la lentezza del processo normativo, un avvio tardivo della valutazione di accesso al mercato, requisiti di evidenze duplicate, ritardi nelle decisioni su rimborsi e sui prontuari locali. Questi fattori sono radicati nei sistemi e nei processi di accesso ai farmaci negli Stati membri dell’UE e nel relativo impatto sul processo decisionale commerciale. Il rapporto sottolinea che non solo le problematiche sono molteplici, ma che per trovare soluzioni concrete è necessario che tutte le parti coinvolte si impegnino a creare soluzioni che funzionino per i pazienti.
Diversi esempi concreti illustrano come questi elementi si manifestano nella pratica. In Grecia le aziende possono presentare domanda di rimborso solo dopo che un farmaco è stato rimborsato in almeno cinque degli 11 paesi UE designati, con conseguenti ritardi dovuti al sistema di prezzi di riferimento esterni. Questa condizione strutturale si aggiunge ad altri ritardi, inclusi quelli legati ai finanziamenti sanitari limitati e alle decisioni di lancio.
In Bulgaria il calendario annuale fisso per l’aggiornamento dell’elenco dei rimborsi a gennaio può comportare che, se una decisione di P&R non viene finalizzata entro dicembre, il rimborso venga automaticamente posticipato di un altro anno.
La frammentazione regionale complica ulteriormente l’accesso: in Italia, ad esempio, il tempo medio per l’accesso regionale a seguito della decisione nazionale è di 65 giorni, ma con un range che va da 1 a 773 giorni. I pazienti delle regioni settentrionali hanno solitamente un accesso più rapido ai nuovi farmaci rispetto a quelli delle regioni meridionali.
Il nostro Paese vanta però un ottimo piazzamento secondo molti aspetti. Ad esempio, la percentuale di prodotti messi a disposizione per le cure: l’83% di quelli approvati a livello europeo sono disponibili in Italia (un totale di 143 su 173). Meglio solo la Germania con il 90%. Quanto ai giorni trascorsi dall’autorizzazione all’immissione in commercio e la data di disponibilità per i pazienti nei paesi europei, se la media è 578 giorni l’Italia si piazza al di sotto con 439 giorni.
Inoltre, l’86% dei medicinali oncologici è disponibile in Italia contro la media europea del 50% (Germania prima in classifica con il 96%). Per i farmaci orfani la percentuale è del 76% (sempre secondi solo alla Germania con l’89%) contro una media Ue del 42% di prodotti approvati disponibili. Per i farmaci non oncologici, la percentuale di prodotti approvati e disponibili in Italia è del 74% (Germania 85%).
Oltre agli ostacoli normativi e amministrativi, anche le limitazioni infrastrutturali del sistema sanitario svolgono un ruolo significativo. Anche dopo il rimborso di un farmaco, i pazienti possono incontrare ostacoli all’utilizzo di una nuova terapia a causa di capacità diagnostica insufficiente, mancanza di personale specializzato o preparazione delle strutture, in particolare nel caso di trattamenti altamente specializzati come le terapie avanzate o i medicinali orfani.
Garantire che i farmaci raggiungano i cittadini indipendentemente da dove vivano in Europa è un’ambizione e una responsabilità condivisa, rileva l’Efpia. Tuttavia, la mancanza di consenso su come raggiungere al meglio questo obiettivo significa che i pazienti di un paese europeo possono attendere lo stesso farmaco per oltre 7 volte di più rispetto ai pazienti di un paese vicino.
L’Efpia sta cercando di creare partnership per affrontare queste problematiche nei paesi in cui i pazienti si trovano ad affrontare alcune delle sfide più urgenti. “I nostri indicatori W.A.I.T. – commenta Nathalie Moll, Direttore Generale dell’Efpia – vengono pubblicati da due decenni e, in questo periodo, in tutta Europa si è assistito a un fallimento collettivo nel migliorare la situazione per milioni di pazienti. È noto da tempo che non esiste una soluzione unica e che nessun attore può risolvere il problema da solo: occorrono una forte volontà, soluzioni specifiche per ogni Paese e una vera alleanza tra i responsabili politici dell’UE, gli Stati membri e l’industria farmaceutica per ridurre la burocrazia, le duplicazioni dei processi e garantire decisioni rapide e pragmatiche in materia di prezzi e rimborsi che valorizzino e premino realmente l’innovazione”.