Modelli 3D Parkinson e SM sulla Stazione Spaziale Internazionale

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I primi modelli 3D della Malattia di Parkinson e della Sclerosi Multipla entrano nella Stazione Spaziale Internazionale (ISS) per essere studiati in microgravità.

Un team di ricercatori, provenienti da tutti gli Stati Uniti, ritiene che questi modelli potrebbero far luce sul comportamento delle cellule cerebrali in relazione a queste malattie e aiutare a scoprire nuovi approcci per curarle.

I modelli comprendono sia la microglia, ossia le cellule immunitarie del cervello, che i neuroni.

Sono il frutto del lavoro che deriva dalla collaborazione tra ricercatori dell’Aspen Neuroscience di La Jolla, in California, del New York Stem Cell Foundation Research Institute e del Summit for Stem Cell con sede a San Diego.

“Il team li ha prodotti partendo dalle cellule del sangue o della pelle prelevate da pazienti affetti da Parkinson e Sclerosi Multipla”, dice Andres Bratt-Leal, responsabile della ricerca e sviluppo di Aspen.

I ricercatori hanno modificato quelle cellule per indurle a diventare cellule staminali pluripotenti e poi le hanno riprogrammate per diventare neuroni colpiti da Parkinson e SM, rispettivamente dopaminergici e corticali.

I ricercatori sperano di scoprire come la microglia e i neuroni cambiano e interagiscono tra loro in assenza di gravità, cosa che non può essere fatta sulla Terra.

“Uno dei motivi per cui siamo entusiasti della microgravità è che pensiamo con sempre maggiore convinzione che i sistemi immunitari degli astronauti siano colpiti dalla microgravità”, aggiunge Bratt-Leal. “È molto probabile che la gravità influenzi il modo in cui la cellula risponde e cambia forma … Quando la rimuoviamo cambia la capacità di quelle cellule di iniziare questi processi”.

La National Stem Cell Foundation descrive questo lancio come un passo preliminare di preparazione per uno studio unico nel suo genere sulla neurodegenerazione nella microgravità programmato per ISS alla fine di questo autunno.

Una volta a bordo, questi primi modelli trascorreranno un mese in un bioreattore completamente automatizzato creato da Space Tango, quindi gli astronauti “non dovranno fare da baby-sitter”, ha sottolinea Valentina Fossati, ricercatrice senior presso il New York Stem Cell Foundation Research Institute. Alla fine del loro soggiorno, le cellule saranno “riparate” in modo che tutto ciò che è accaduto loro nello spazio non sia influenzato dal loro viaggio di ritorno.

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