Il cancro, dal modello istologico a quello mutazionale

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La lotta contro il cancro ha un’arma in più, ma per ottenere i risultati auspicati bisogna gestire bene questa fase ibrida.

Grazie all’innovazione tecnologica e diagnostica, è infatti possibile sganciarsi dal modello istologico in oncologia, basato sulla valutazione della terapia in base alla sede primaria del tumore e alla sua tipizzazione istologica.

Oggi esiste la possibilità di identificare le caratteristiche molecolari della malattia, indipendentemente dalla sua localizzazione.

Grazie all’analisi delle mutazioni, si può costruire la “carta d’identità” molecolare del cancro di uno specifico paziente e quindi di disegnare la miglior terapia su misura per lui.

“Si tratta di un cambio di paradigma significativo, che necessita di un adeguamento anche dal punto di vista della governance sanitaria”, ha affermato Nello Martini, presidente della Fondazione Ricerca e Salute (ReS), oggi a Milano per presentare il documento di consenso “Il nuovo modello mutazionale in oncologia: cosa cambia nella pratica clinica e assistenziale, nella ricerca e nelle procedure regolatorie”, redatto con altri sette esperti – oltre a Martini, Paolo Marchetti (Oncologia medica B università La Sapienza e Oncologia ospedale Sant’Andrea Roma), Antonio Marchetti (Anatomia patologica università Chieti), Giuseppe Curigliano (Istituto europeo di oncologia-Ieo Milano), Giancarlo Pruneri (Istituto nazionale tumori-Int Milano), Nicola Normanno (Istituto nazionale tumori Pascale Napoli), Claudio Jommi (Cergas Sda Bocconi Milano) e Antonella Pedrini (Fondazione ReS).

Il documento, edito dal Pensiero Scientifico Editore e realizzato con il supporto incondizionato di Roche, contiene sette raccomandazioni per la corretta gestione di questo nuovo modello.

Gli obiettivi sono garantire la sostenibilità del Servizio sanitario nazionale e, allo stesso tempo, cure sempre più efficaci e a misura di paziente. Il consensus è stato condiviso con rappresentanti di reti oncologiche regionali, società scientifiche, associazioni pazienti e istituzioni.

Quali raccomandazioni
Nel documento di consenso gli esperti sottolineano l’impatto della medicina di precisione in oncologia sui processi programmatori e sui modelli organizzativi e sanitari a livello nazionale, regionale e territoriale, e presentano sette raccomandazioni per attuare i processi di cambiamento:

Regolamentazione dell’accesso ai test Next Generation Sequencing (Ngs), in grado di analizzare le alterazioni molecolari del tumore, per garantire una sempre più ampia profilazione genomica;

Standardizzazione dei report Ngs per una modalità condivisa di valutazione del paziente e delle opzioni terapeutiche;

Implementazione dei Molecular Tumor Board (Mtb) per gestire la complessità e la comprensione dei test genomici, attraverso una integrazione di competenze oncologiche, ematologiche, della biologia molecolare, delle anatomie patologiche, delle farmacie ospedaliere e di esperti di repository genomici e di normativa sulla privacy;

Accreditamento dei Molecular Tumor Board (Mtb) e creazione di un network di Mtb accreditato da Aifa secondo criteri e standard condivisi;

Formazione continua degli operatori sanitari e promozione di campagne informative alla popolazione per una corretta gestione del cambiamento;

Coinvolgimento delle società scientifiche e delle associazioni pazienti oncologici per una più ampia condivisione degli obiettivi e condizioni del cambiamento;

Evoluzione degli aspetti regolatori e condizioni di accesso, in collaborazione con le società scientifiche e le industrie per un più equo e sostenibile accesso alla medicina personalizzata.

L’importanza del dato
I dati, in tanti aspetti della nostra vita, sono sempre più importanti. In medicina stanno assumendo un peso sempre maggiore quelli real world, che permettono di valutare il reale impatto di una terapia su un paziente in comorbità e non all’interno di trial clinici i cui partecipanti sono accuratamente selezionati.

“Oggi assistiamo a un’accelerazione del processo regolatorio – ha evidenziato Giovanni Corrao, past president della Società italiana di statistica medica ed epidemiologia clinica (Sismec) e professore ordinario di statistica medica all’università Milano-Bicocca – Per questo è importante andare oltre al trial, guardare al mondo reale. Il problema oggi non è la qualità dei dati, che abbiamo, ma la loro interpretazione. Il passaggio da dato a evidenza è tutt’altro che semplice e va governato”.

Grazie ai test Ngs si riesce a individuare la singola mutazione genetica responsabile del cancro e rispondere in modo personalizzato. “Oggi questo rappresenta un’opportunità di cura per quei pazienti che non hanno al momento una valida alternativa terapeutica”, ha ricordato Martini.

Il nuovo paradigma, definito mutazionale, al momento affianca e non sostituisce quello istologico. “Se introduciamo nel sistema una nuova e suggestiva tecnologia senza un modello organizzativo valido, i rischi sono altissimi”, ha continuato l’esperto.

Le agenzie regolatorie internazionali stanno recependo questo cambiamento: la Food and Drug Administration ha infatti recentemente registrato nuove soluzioni terapeutiche per il trattamento dei tumori in pazienti con una specifica mutazione e indipendentemente dalla localizzazione del tumore, dell’età e del sesso, secondo la procedura agnostic approval.

In Europa questi trattamenti sono in fase di valutazione da parte dell’Ema. Uno di questi è entrectinib, un farmaco che si è dimostrato efficace in pazienti con tumori di diverso tipo (tumori del polmone, del colon, nel neuroblastoma e in molti altri tumori solidi) selezionati in base all’identificazione di alterazioni del Dna dei geni di Ntrk e Ros1.

La molecola, frutto della ricerca innovativa del Nerviano Medical Sciences, è stata acquisita da Roche nel dicembre del 2017.

E l’azienda, all’avanguardia nella ricerca di molecole innovative, nel 2015 ha acquisito la Foundation Medicine, azienda americana specializzata nell’analisi molecolare genomica.

“Vogliamo dare un segnale di cambio di passo al settore oncologico, per migliorare la cura dei pazienti e garantire a tutti l’accesso al miglior trattamento possibile”, ha concluso Roberto Scalamogna, biomarkers strategy leader di Roche Foundation Medicine.

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