Colesterolo: dopo le statine c’è l’acido bempedoico?

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Con un meccanismo di azione che abbassa i livelli di colesterolo LDL attraverso l’up-regulation del recettore, l’acido bempedoico potrebbe diventare la terza opzione terapeutica dopo statine ed ezetimibe nel trattamento degli elevati livelli di colesterolo LDL nel sangue. Dai risultati di trials clinici di fase I e II, condotti su più di 700 pazienti, è emerso che l’acido bempedoico  – prodotto da Esperion Therapeutics – è riuscito ad abbassare i livelli di LDL del 30%, quando utilizzato da solo, e di circa il 50%, quando somministrato in combinazione con ezetimibe, e di un ulteriore 24% quando aggiunto alla terapia con statine. Il programma di sperimentazione di fase III includerà pazienti con ipercolesterolemia in cura con statine a qualsiasi dosaggio. Secondo Tim Mayleben, CEO e presidente di Esperion, l’acido bempedoico si differenzia dalle statine perché lavora solo sul fegato e non sui tessuti, riducendo così il rischio di effetti collaterali come quelli a carico dei muscoli.

La voce del mercato
Tuttavia gli analisti sono concordi nel vedere impegnativo il percorso dell’acido bempedoico nel mercato degli ipocolesterolemizzanti orali. La FDA potrebbe far slittare l’approvazione dal 2018 al 2022, visto che l’agenzia ha cambiato gli standard di cura per i pazienti intolleranti alle statine. Esperion ha avviato il trial clinico CLEAR proprio per valutare gli effetti dell’acido bempedoico nei pazienti intolleranti alle statine e con elevato rischio cardiovascolare. Nonostante siano la categoria terapeutica più prescritta, le statine potrebbero non rappresentare l’opzione migliore per tutti i pazienti con elevati livelli di colesterolo LDL. “E anche se i benefici di questi farmaci superassero gli effetti collaterali, vi sarebbe sempre un sottogruppo di pazienti intolleranti”, dice Paul Thompson, direttore della cardiologia all’Hartford Hospital, negli USA. Tra i principali effetti avversi, secondo l’esperto, c’è il dolore muscolare, anche se sono stati riportati casi di danno epatico, aumento del rischio di diabete di tipo 2 e disturbi neurologici.

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