Con una lettera indirizzata ai vertici di 17 colossi farmaceutici, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha rilanciato il tema del prezzo dei farmaci come priorità dell’agenda politica. Ha intimato alle aziende di ridurre, entro 60 giorni, i prezzi praticati negli Stati Uniti fino al livello più basso pagato nei Paesi OCSE. In caso contrario, ha minacciato di autorizzare l’importazione parallela di medicinali da Paesi con prezzi inferiori, accompagnata da ulteriori interventi regolatori.
Tra le aziende coinvolte figurano Pfizer, MSD, Johnson & Johnson, Novartis, Sanofi e AstraZeneca. Secondo quanto riporta Reuters, l’iniziativa rappresenta un cambio di tono rispetto alle tradizionali posizioni pro-business del presidente e potrebbe ridurre in modo significativo i margini delle multinazionali farmaceutiche sul mercato statunitense, dal quale storicamente ricavano i profitti più alti.
Le aziende coinvolte non hanno ancora risposto ufficialmente, ma – sottolinea Reuters – fonti vicine ai CEO parlano di “grave preoccupazione per le implicazioni finanziarie e regolatorie”.
Si delineano anche possibili conseguenze per l’Europa. Una riduzione forzata dei prezzi dei farmaci negli Stati Uniti potrebbe spingere le aziende a compensare le perdite aumentando i prezzi in altri mercati – come appunto quello europeo – o rallentando l’accesso a nuovi farmaci nei Paesi con politiche di rimborso più stringenti.
In particolare, gli esperti avvertono che strategie come il launch sequencing e il price referencing potrebbero essere ricalibrate a svantaggio di Stati come l’Italia. Il launch sequencing è la strategia con cui le aziende decidono in quali Paesi lanciare un nuovo farmaco e in quale ordine, spesso favorendo i mercati più redditizi o più rapidi nei processi autorizzativi. Il price referencing (o external reference pricing) è invece un meccanismo attraverso il quale il prezzo di un farmaco in un Paese viene calcolato sulla base dei prezzi praticati in altri Stati. Una compressione dei listini americani potrebbe dunque modificare gli equilibri globali e ritardare l’accesso dei pazienti europei a nuove terapie.