Ipertensione: AstraZeneca fa centro con baxdrostat. Lo studio BaxTH raggiunge tutti gli endpoint

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Dallo studio di Fase III BaxHTN emerge come baxdrostat a due dosaggi (2 mg e 1 mg) riduca in maniera statisticamente significativa e clinicamente rilevante la pressione arteriosa sistolica media in posizione seduta rispetto al placebo a 12 settimane di trattamento. I risultati sono stati osservati nei pazienti con ipertensione arteriosa non controllata o resistente al trattamento che hanno ricevuto baxdrostat o placebo in aggiunta alla terapia standard.

Questi dati positivi sono stati presentati al recente Congresso della European Society of Cardiology (ESC) 2025 e pubblicati contestualmente dal New England Journal of Medicine.

Baxdrostat è un inibitore altamente selettivo dell’aldosterone sintasi (ASi), potenziale “first-in-class”, che agisce sulla sintesi dell’aldosterone, ormone responsabile dell’elevata pressione arteriosa e dell’aumento del rischio cardiovascolare e renale.

Raggiunti tutti gli endpoint dello studio
Nello studio di Fase III BaxHTN, baxdrostat ha raggiunto l’endpoint primario e tutti gli endpoint secondari, garantendo una riduzione significativa e duratura della pressione arteriosa nei pazienti con ipertensione non controllata o resistente al trattamento.

Alla settimana 12, la riduzione assoluta, rispetto al basale, della pressione arteriosa sistolica media in posizione seduta è stata di 15,7 mmHg (intervallo di confidenza [IC] 95%, -17,6 a -13,7) con una riduzione normalizzata per placebo di 9,8 mmHg (IC 95%, -12,6 a -7,0; p<0,001) al dosaggio di 2 mg. Per la dose di 1 mg, la riduzione assoluta rispetto al basale è stata di 14,5 mmHg (IC 95%, -16,5 a -12,5) e quella normalizzata per placebo di 8,7 mmHg (IC 95%, -11,5 a -5,8; p<0,001).

Nel gruppo placebo è stata osservata una riduzione della pressione arteriosa sistolica media in posizione seduta rispetto al basale di 5,8 mmHg (IC 95%, -7,9 a -3,8). I risultati sono stati coerenti sia nei sottogruppi di pazienti con ipertensione non controllata, sia in quelli di pazienti con ipertensione resistente al trattamento.

Baxdrostat è risultato generalmente ben tollerato, senza evidenza di riscontri inattesi in termini di sicurezza e con bassi tassi di iperkaliemia confermata (>6 mmol/L in entrambi i gruppi di dosaggio [1,1% ciascuno]) rispetto al placebo (0,0%). Il profilo di sicurezza di baxdrostat è risultato coerente con il meccanismo d’azione e la maggior parte degli eventi avversi è risultata lieve.

Gli endpoint secondari confermativi
Lo studio ha raggiunto anche tutti gli endpoint secondari confermativi, tra i quali una riduzione duratura della pressione arteriosa con baxdrostat al dosaggio di 2 mg. Entrambi i dosaggi, 2 mg e 1 mg, hanno inoltre determinato una maggiore riduzione della pressione arteriosa diastolica e hanno quasi triplicato la probabilità di raggiungere il target di pressione arteriosa sistolica <130 mmHg rispetto al placebo.

In una analisi esplorativa prespecificata di un sottogruppo di pazienti, confrontato con placebo, baxdrostat ha ridotto in modo significativo la pressione arteriosa sistolica nel monitoraggio dinamico delle 24 ore e in particolare nelle ore notturne, indicatori chiave di controllo duraturo della pressione arteriosa e riduzione del rischio cardiovascolare.

Il dosaggio di 2 mg ha ridotto la pressione arteriosa sistolica misurata nelle 24 ore di 16,9 mmHg (IC 95%, –25,6 a –8,3), e la combinazione dei due dosaggi da 2 mg e 1 mg ha ridotto la pressione arteriosa sistolica notturna di 11,7 mmHg (IC 95%, –19,5 a –3,8).

I risultati dello studio di Fase III Bax24, disegnato per valutare gli effetti sulla misurazione della pressione arteriosa nelle 24 ore, sono attesi entro la fine dell’anno.

I commenti
“I risultati del trial BaxHTN, al quale anche l’Istituto Auxologico di Milano ha partecipato, rappresentano un vero progresso per una popolazione che ha ancora un importante unmet medical need, nonostante la politerapia – osserva Gianfranco Parati, Professore Onorario di Medicina Cardiovascolare, Università degli Studi Milano-Bicocca, Direttore Scientifico dell’Istituto Auxologico Italiano IRCCS Milano e Presidente della World Hypertension League -Infatti molti pazienti ipertesi non riescono a raggiungere i target pressori raccomandati dalle linee guida e restano esposti a un rischio significativo di eventi cardiovascolari e renali”.

Lo studio BaxHTN – prosegue Parati – ha raggiunto l’endpoint primario e tutti gli endpoint secondari evidenziando come baxdrostat, in aggiunta alla terapia standard, determini una significativa e sostenuta riduzione della pressione arteriosa sistolica, fino a 15,7 mmHg rispetto al basale, offrendo una risposta terapeutica di elevata rilevanza clinica in una popolazione ampia e rappresentativa di pazienti non controllati o resistenti. Raggiungere una riduzione di pressione di tale entità si associa a un rischio significativamente inferiore di infarto, ictus, scompenso cardiaco e malattia renale. Grazie a questa nuova strategia terapeutica, un numero sempre maggiore di pazienti potrà raggiungere un controllo pressorio ottimale, con un impatto concreto sugli esiti clinici a lungo termine per milioni di persone.”

“Raggiungere una riduzione di quasi 10 mmHg della pressione arteriosa sistolica con baxdrostat nello studio di Fase III BaxHTN rappresenta un risultato davvero significativo, considerato che questo livello di riduzione è associato a un rischio significativamente inferiore di infarto, ictus, scompenso cardiaco e malattia renale – aggiunge Bryan Williams, Chair of Medicine presso University College London e Principal Investigator dello Studio – Questi dati evidenziano come l’aldosterone, nell’ipertensione non controllata o resistente al trattamento, giochi un ruolo più rilevante rispetto a quanto precedentemente riconosciuto, sottolineando l’importanza del meccanismo d’azione innovativo di baxdrostat e il suo potenziale impatto per milioni di persone che vivono con ipertensione non controllata o resistente al trattamento, nonostante la terapia con multipli farmaci ipertensivi”.

“I risultati dello studio di Fase III BaxHTN dimostrano il potenziale di baxdrostat nel rispondere a una delle sfide più importanti in ambito cardiovascolare, ossia l’ipertensione difficile da controllare nonostante terapie multiple – sottolinea Sharon Barr, Executive Vice President, BioPharmaceuticals R&D di AstraZeneca – Nei prossimi mesi, intendiamo proseguire l’iter di sottomissione regolatoria di baxdrostat alle autorità regolatorie, parallelamente al rapido avanzamento di un robusto programma di sviluppo clinico nelle indicazioni in cui l’aldosterone svolge un ruolo chiave, incluse la prevenzione della malattia renale cronica e dello scompenso cardiaco”.

Epidemiologia dell’ipertensione
Nel mondo, 1,3 miliardi di persone convivono con l’ipertensione. In Italia questa patologa colpisce circa il 30% della popolazione. Un crescente numero di evidenze indica come la disregolazione dell’aldosterone rappresenti uno dei principali meccanismi biologici alla base dell’ipertensione, contribuendo ad aumentare il rischio cardiovascolare e renale. Un’ampia metanalisi ha dimostrato che una riduzione di 10 mmHg della pressione arteriosa sistolica può ridurre il rischio di eventi cardiovascolari maggiori di circa il 20%; di qui la necessità di nuovi trattamenti che agiscano sui meccanismi biologici alla base dell’ipertensione.

 

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