Il farmaco? Lo voglio di marca. Sembrano continuare a seguire questo ‘mantra’ gli italiani alle prese con un acquisto di medicinali in farmacia: di fronte all’alternativa di un equivalente rimborsato dallo Stato, sono pronti a pagare di tasca propria la differenza pur di avere il ‘branded’. E’ quanto emerge analizzando i dati del monitoraggio della spesa farmaceutica compilati regolarmente dall’Aifa, che parlano chiaro: nel 2019 i cittadini avevano speso 1,122 miliardi, nel 2020 hanno speso 1,077 miliardi (in calo per la pandemia), 1,083 nel 2021, fino al 1,060 del 2024, come emerge dall’ultimo report.
Il gradiente Nord-Sud si fa sentire anche in questo ambito: nel Centro-Sud si preferisce anche di più il farmaco di marca. Tra chi ha speso di più nel 2024 ci sono infatti i campani (128 mln), i siciliani (107 mln) e i laziali (139 mln, una cifra quasi identica a quella spesa in Lombardia, che ha però il doppio della popolazione del Lazio).
Lo conferma anche l’ultimo report Egualia, secondo cui il ricorso alle cure equivalenti continua ad essere privilegiato al Nord (40,4% a unità e 34,4% a valori), rispetto al Centro (29,5% a unità e 26,9% a valori) e al Sud (24,3% a unità e 22,1% a valori), a fronte di una media Italia del 32,6% a confezioni e del 28,8% a valori. L’incidenza maggiore si rileva nella P.A. di Trento (45,3%), in Lombardia (42,5%), in Piemonte (40,9%). In coda per consumi di generici-equivalenti Basilicata (23,3%), Calabria (22,1%), Campania (21,8%).
L’incidenza maggiore a livello regionale si registra in Lazio (16,3% della spesa regionale SSN nel canale retail) e nel Molise (15,8%). Quella più bassa si registra invece ancora una volta in Lombardia, dove il differenziale versato di tasca propria dai cittadini quota il 10,5% della spesa regionale SSN in farmacia.
In generale nel 2024, nel canale delle farmacie aperte al pubblico, i generici equivalenti hanno rappresentato il 23,3% del totale del mercato a confezioni e il 15,8% del mercato a valori. A fronte di un valore assoluto stabile del numero di confezioni vendute rispetto all’anno precedente (1,8 mld) si è avuta comunque una crescita di incidenza percentuale (+0,6%) dovuta ad una flessione del segmento branded rimborsabile dal SSN. L’89% delle confezioni vendute è classificato in classe A, totalmente rimborsabile dal SSN.