Il biotech statunitense ha bisogno del sostegno del governo per competere con la Cina, che negli ultimi anni sta guadagnando terreno grazie a incentivi pubblici, flessibilità normativa e forza lavoro qualificata. Non lasciano spazio a interpretazioni o a letture in filigrana le parole del CEO di Pfizer, Albert Bourla.
Nel corso della conference call sui risultati del secondo trimestre 2025, il numero uno della big pharma statunitense ha segnalato la “superiorità emergente” della Cina nel campo della biotecnologia.
Negli ultimi dieci anni le aziende farmaceutiche del Paese del Dragone sono state protagoniste di un boom di accordi e ricerca farmaceutica che sfida la leadership statunitense nelle life sciences.
Secondo un report di Jefferies, nel primo semestre 2025 un terzo delle spese globali in licensing deal ha riguardato farmaci sviluppati in Cina, in aumento rispetto al 21% registrato nel biennio 2023-2024. Tra le operazioni più importanti concluse emerge l’accordo da 6 miliardi di dollari di Pfizer con la cinese 3SBio per un anticorpo bispecifico in ambito oncologio.
Non solo biotech
Bourla, nel suo intervento, ha citato altri indicatori dei progressi dell’industria farmaceutica cinese: la raggiunta equivalenza con gli USA per numero di trial clinici, un’elevata quantità di pubblicazioni scientifiche su CRISPR e biologia strutturale, nonché un numero maggiore di brevetti depositati rispetto agli Stati Uniti nel 2025, elemento di forte attrazione per gli investitori privati.
“Non li fermeremo – ha concluso Bourla – Sono molto bravi. Ciò che possiamo fare è diventare migliori di loro, e questo deve essere il nostro obiettivo.”