AstraZeneca: durvalumab con BCG riduce il rischio di recidiva e morte nel carcinoma della vescica non muscolo-invasivo ad alto rischio

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I risultati dello studio di Fase III POTOMAC hanno mostrato come l’aggiunta di un anno di trattamento con durvalumab di AstraZeneca alla terapia di induzione e mantenimento con Bacillus Calmette-Guérin (BCG), abbia prodotto un miglioramento statisticamente significativo e clinicamente rilevante della sopravvivenza libera da malattia (DFS) nei pazienti con carcinoma della vescica non muscolo-invasivo (NMIBC) ad alto rischio naïve a BCG, rispetto al solo trattamento con BCG.

Durvalumab è un anticorpo monoclonale umano che si lega alla proteina PD-L1 e blocca l’interazione di PD-L1 con le proteine PD-1 e CD80, contrastando le tattiche di elusione immunitaria del tumore e liberando l’inibizione delle risposte immunitarie.

I risultati dell’analisi finale dello studio POTOMAC sono stati presentati al Congresso 2025 della European Society for Medical Oncology (ESMO), in corso a Berlino, e contemporaneamente pubblicati da The Lancet.

Le evidenze
Al follow-up mediano di oltre cinque anni (60,7 mesi), il regime con durvalumab ha mostrato una riduzione del 32% del rischio di recidiva (o di morte in assenza di recidiva) rispetto al braccio di confronto (rapporto di rischio [HR] per sopravvivenza  libera da malattia di 0,68; intervallo di confidenza [CI] 95% 0,50-0,93; p=0,0154). La sopravvivenza libera da malattia mediana stimata non è stata raggiunta in entrambi i bracci. Si stima che l’87% dei pazienti trattati con il regime durvalumab sia vivo e libero da malattia a due anni rispetto all’82% nel braccio comparatore.

La sopravvivenza globale
Lo studio non è stato disegnato statisticamente per rilevare formalmente la sopravvivenza globale (OS); tuttavia, al follow-up mediano di oltre cinque anni (65,6 mesi, maturità 14%), un’analisi descrittiva ha mostrato un HR per sopravvivenza globale di 0,80 (CI 95% 0,53-1,20), senza differenza statisticamente significativa tra i due bracci.

“Il trattamento standard per i pazienti con tumore della vescica non muscolo invasivo ad alto rischio – afferma Lorenzo Antonuzzo, Direttore dell’Oncologia Medica Careggi, Università di Firenze – prevede l’utilizzo della terapia con BCG, dopo la resezione transuretrale della neoplasia. L’obiettivo è ridurre il rischio di recidive locali, ma si verifica ancora un’alta percentuale di ricadute, che possono portare a interventi chirurgici ripetuti e trattamenti più invasivi, compresa la rimozione della vescica, con un profondo impatto sulla qualità di vita dei pazienti. Da qui l’esigenza di nuove opzioni di cura. I risultati dello studio POTOMAC dimostrano che l’aggiunta di durvalumab, per 12 mesi, alla terapia di induzione con BCG è in grado di ridurre il rischio di recidiva del 32%, consentendo a un maggior numero di pazienti di rimanere vivi e liberi da malattia dopo due anni”.

“È una vera innovazione, in un setting di pazienti trattati a intento curativo, in cui non si registravano progressi da almeno un decennio – continua Antonuzzo – Diventa così più concreta la possibilità di guarigione anche in pazienti ad alto rischio di recidiva. Anche da un punto di vista psicologico, il termine di un anno della cura è davvero importante per le persone colpite dal tumore. Gli importanti risultati dello studio POTOMAC si aggiungono ai risultati positivi dello studio NIAGARA, che ha dimostrato efficacia nei suoi endpoint, tra cui la sopravvivenza globale positiva nel setting del tumore della vescica muscolo-invasivo, confermando l’efficacia di durvalumab in questa patologia. In Italia è inoltre attivo un Expanded Access Program, cioè un programma di accesso precoce, per il trattamento dei pazienti con malattia muscolo-invasiva”.

“Il beneficio precoce e sostenuto di sopravvivenza libera da malattia osservato nello studio POTOMAC ha dimostrato che durvalumab ha il potenziale di cambiare il corso del carcinoma della vescica non muscolo-invasivo ad alto rischio, prolungando la vita dei pazienti in assenza di recidiva o progressione di malattia ad alto rischio – osserva Susan Galbraith, Executive Vice President, Oncology Haematology R&D, AstraZeneca – Questi risultati si basano sull’impatto rivoluzionario di durvalumab nel trattamento del carcinoma della vescica muscolo-invasivo e convalidano ulteriormente la nostra strategia volta a introdurre nuove terapie nella fase iniziale della malattia, nella quale possono avere il maggiore impatto sulla vita dei pazienti”.

Sicurezza e tollerabilità
La sicurezza e tollerabilità di durvalumab più terapia di induzione e mantenimento con BCG sono risultate coerenti con i profili di sicurezza già noti dei singoli farmaci e non sono stati identificati nuovi segnali di sicurezza. Gli eventi avversi di Grado 3 e 4 per tutte le cause si sono verificati nel 34% dei pazienti trattati con il regime durvalumab e nel 17% dei pazienti nel braccio di confronto. L’aggiunta di durvalumab non ha compromesso la possibilità per i pazienti di completare la terapia di induzione e mantenimento con BCG e non ha avuto impatti gravi sulla qualità di vita riportata dai pazienti, a supporto del profilo rischio-beneficio di questa combinazione.

Durvalumab è approvato negli Stati Uniti, nell’Unione Europea in Giappone e in altri Paesi per il carcinoma della vescica muscolo invasivo (MIBC) sulla base dei risultati dello studio di Fase III NIAGARA, e continua ad essere analizzato nel carcinoma della vescica in fase iniziale e avanzata in diverse combinazioni terapeutiche, tra cui i pazienti con carcinoma della vescica non muscolo-invasivo non eleggibili o che rifiutano il trattamento con cisplatino (VOLGA) e nella malattia localmente avanzata o metastatica (NILE).

 

 

 

 

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