Secondo i dati ISTAT, circa 3,5 milioni di persone in Italia soffrono di Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva (BPCO), pari al 5,6% della popolazione. Un numero probabilmente sottostimato, poiché spesso la malattia viene diagnosticata solo in occasione di ricoveri per riacutizzazioni, come emerge dal rapporto BIFE 2023 sulla gestione della BPCO in Italia.
Il rapporto HealthSearch – sempre del 2023 – stima la prevalenza clinica della BPCO al 2,7%, più alta negli uomini rispetto alle donne (3,2% vs 2,3%). Si tratta, dunque, di una malattia “invisibile” per il sistema sanitario, non sempre colta nella sua interezza dalla medicina generale, pur avendo un impatto profondo sulla salute del singolo e sui costi assistenziali.
Le Linee Guida GOLD 2025 evidenziano come la BPCO si associ frequentemente ad altre patologie croniche (cardiovascolari, metaboliche, osteoarticolari, neuropsichiatriche e oncologiche) aggravando la complessità del quadro clinico del paziente.
Tre mosse per dare scacco matto alla BPCO
Lo “scacco matto” alla BPCO si articola in tre mosse. La prima passa attraverso la diagnosi precoce e corretta, possibile grazie alla spirometria. La seconda prevede l’individuazione della terapia appropriata già nello studio del medico di medicina generale.
La terza mossa – che consentirà il salto di qualità nella gestione della patologia respiratoria e delle sue complicanze – punta al miglioramento della funzionalità polmonare e della qualità di vita del paziente, con riduzione della dispnea e delle riacutizzazioni.
L’obiettivo di questo approccio sul territorio è non solo ridurre il burden della malattia per il paziente e i caregiver, ma anche favorire un ottimale controllo della spesa sanitaria grazie al minor rischio di ricoveri ospedalieri legati alle recidive della patologia respiratoria.
A delineare questo percorso virtuoso sono i risultati dello studio ASTER, pubblicato dall’International Journal of COPD, che ha visto protagonisti i medici di Medicina Generale. La ricerca mostra come grazie a un approccio studiato su misura da parte del medico che opera sul territorio è possibile, nella vita reale, influire sul benessere dei pazienti con BPCO ottimizzando i trattamenti e favorendo l’appropriatezza prescrittiva e terapeutica. L’indagine ha consentito di descrivere i modelli di trattamento e gli esiti clinici della BPCO per sei mesi, arruolando 385 pazienti con questa patologia, da lieve a moderata, tra i 40 e gli 80 anni.
Il ruolo fondamentale del MMG. L’importanza della formazione
Lo studio ASTER analizza il trattamento della BPCO in medicina generale in Italia, focalizzando anche l’attenzione su particolari aspetti terapeutici e mettendo in evidenza come la diagnosi precoce, la rivalutazione del paziente e l’utilizzo di terapie più efficaci come i LABA/LAMA, quali terapie iniziali di mantenimento, impattino sui pazienti di nuova diagnosi.
“Dalla ricerca emerge chiaramente come sia fondamentale il ruolo dei medici di medicina generale italiani nella gestione della BPCO – commenta Alessandro Rossi, Presidente della Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie (SIMG) – In presenza di linee guida chiare, sul territorio è possibile trattare e monitorare efficacemente i pazienti con BPCO, riducendo l’impatto della malattia e migliorando i risultati a lungo termine”. Ovviamente, come la ricerca conferma, occorre che il medico che opera sul territorio sia adeguatamente formato sulla malattia.
L’esame spirometrico rappresenta la conditio sine qua non per la diagnosi e l’inquadramento terapeutico del paziente. Attualmente, però, la spirometria è sottoutilizzata nella medicina generale e lo studio ASTER dimostra che integrarla nella pratica clinica può fare la differenza.
Soprattutto molti pazienti con BPCO non ricevono trattamenti conformi alle raccomandazioni GOLD. Secondo quanto emerge dallo studio ASTER, una gestione più strutturata della patologia può portare a un miglioramento clinico significativo. È necessario, quindi, modificare i percorsi di presa in carico per ottenere una gestione ottimale della BPCO, basata sulle linee guida, in grado di offrire benefici tangibili in termini di sintomi, riacutizzazioni e qualità della vita.
“Purtroppo lo studio ASTER mostra come per molti pazienti eleggibili non ci fosse una chiara diagnosi di BPCO precedente all’arruolamento, il che evidenzia l’importanza di uno screening della malattia e una diagnosi tempestiva mediante spirometria da parte dei medici di medicina generale – sottolinea Rossi – A quel punto, come indica la nota 99, il medico di medicina generale può trattare la BPCO senza problemi: grazie alla rivalutazione del trattamento anche con terapie innovative come i LAMA/LABA si possono ottenere esiti positivi come quelli evidenziati dallo studio per i pazienti”.
Una nuova prospettiva
Lo studio ASTER offre quindi informazioni molto solide sull’assistenza al paziente con BPCO nella vita reale. E sottolinea quanto e come la chiave del successo della gestione della patologia dipenda dall’integrazione tra le competenze di medici di medicina generale e specialisti.
“Ai primi va il compito di intercettare precocemente la patologia, per poi gestire direttamente il paziente con le forme meno impegnative ed indirizzare allo pneumologo il malato più grave, per la presa in carico specifica – osserva Claudio Micheletto, Direttore dell’UOC di Pneumologia dell’Azienda Ospedaliera Universitaria di Verona e Presidente nazionale per il biennio 2024-2025 dell’Associazione Nazionale Pneumologi Ospedalieri – Non bisogna mai dimenticare che quattro pazienti con BPCO su dieci vengono riconosciuti solo nelle fasi avanzate della malattia e quindi l’approccio alla problematica sul territorio è basilare. Si tratta di pazienti particolari, vale a dire prevalentemente fumatori, che convivono con minimi sintomi nelle fasi iniziali, come la tosse con secrezioni e la difficoltà respiratoria solo da sforzo. Sono abituati a convivere, non riconoscono il lento deterioramento e non si rivolgono al Medico. Tocca a noi andare a cercarli, per tentare di farli smettere di fumare, avviarli a una diagnosi e terapia”.
Dallo studio emerge chiaramente come grazie alla rete più efficace ed efficiente tra medico di medicina generale e specialisti si possa ottenere anche una migliore assistenza sociale e sanitaria per il paziente con BPCO.
Giovanna Elisiana Carpagnano, Responsabile dell’Unità Operativa Complessa di Pneumologia presso l’Ospedale Universitario Policlinico di Bari e Direttrice della Scuola di specializzazione in Malattie dell’apparato respiratorio dell’Università di Bari sottolinea: “Il ruolo dei medici di medicina generale nella ricerca clinica, soprattutto negli studi osservazionali di fase 4 come ASTER, è cruciale per comprendere l’efficacia dei trattamenti nella pratica quotidiana e migliorare l’approccio terapeutico. Grazie alla loro conoscenza approfondita del territorio e alla stretta connessione con i pazienti, i medici di famiglia rappresentano un punto di riferimento fondamentale per raccogliere dati reali e validare strategie che possano ottimizzare la gestione di patologie croniche come la BPCO. Solo con una maggiore collaborazione tra medicina generale e specialistica, supportata da studi clinici di questo tipo, possiamo garantire diagnosi tempestive, trattamenti appropriati e un reale miglioramento della qualità di vita dei pazienti.”
L’impegno di GSK nella BPCO
“GSK è impegnata da oltre 50 anni nel promuovere una gestione più efficace e sostenibile delle patologie respiratorie, investendo in ricerca, formazione e collaborazione con la comunità scientifica”, conclude Donato Cinquepalmi, Direttore Medico di GSK Italia, “Studi come ASTER rappresentano un passo importante per rafforzare il ruolo della medicina territoriale e garantire che ogni paziente con BPCO possa ricevere una diagnosi tempestiva e un trattamento appropriato, in linea con le più recenti evidenze scientifiche.”