Biosimilari, la convergenza regolatoria non può più attendere

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Un recente studio internazionale condotto dai centri accademici KU Leuven (Belgio) ed Erasmus MC (Paesi Bassi) – pubblicato da BioDrugs in occasione della Global Biosimilars Week (3–7 novembre 2025) – ha riportato al centro del dibattito una questione cruciale per la sostenibilità dei sistemi sanitari e per la competitività dell’industria farmaceutica: la frammentazione dei percorsi di approvazione dei biosimilari a livello mondiale.

Secondo gli autori, le divergenze tra requisiti regolatori nazionali — come la necessità di utilizzare un prodotto di riferimento locale o di condurre studi clinici duplicati — non trovano più giustificazione scientifica e finiscono per rallentare l’accesso a farmaci in grado di generare risparmi significativi per i sistemi sanitari e nuove opportunità per le aziende.

Per analizzare il problema e costruire un consenso su possibili soluzioni, i ricercatori hanno utilizzato la Nominal Group Technique, un metodo strutturato di consultazione che consente di raccogliere e armonizzare rapidamente le opinioni di esperti. Il panel, composto da 21 professionisti internazionali (accademici, rappresentanti delle autorità regolatorie e dell’industria), ha lavorato in tre fasi successive: valutazione preliminare, discussione focalizzata e revisione finale delle proposte.

L’obiettivo era identificare le aree di maggiore consenso su un insieme di raccomandazioni per ridurre gli ostacoli burocratici e favorire una maggiore convergenza regolatoria globale.

Il risultato è un pacchetto di 16 raccomandazioni ad alto consenso, che puntano a una trasformazione concreta dei processi di approvazione. Tra le priorità emergono:
la promozione della regulatory reliance, ovvero la possibilità per un’autorità nazionale di basarsi sulle decisioni di enti regolatori riconosciuti come FDA o EMA, evitando la duplicazione delle valutazioni e accelerando i tempi di autorizzazione;

• l’allineamento dei requisiti regolatori con le evidenze scientifiche più aggiornate, in particolare per quanto riguarda la necessità — spesso superflua — di studi clinici comparativi di efficacia;

• il potenziamento della formazione scientifica di tutti gli stakeholder, dai regolatori ai clinici, sui principi di biosimilarità, per garantire decisioni fondate su basi analitiche moderne e non su approcci conservativi;

• la revisione delle normative nazionali più datate, che ancora impongono procedure ridondanti e costose non giustificate dal progresso tecnologico.

I centri accademici promotori, KU Leuven ed Erasmus MC — da anni impegnati nello studio dell’efficienza regolatoria e dell’accesso all’innovazione farmaceutica — richiamano l’attenzione sulla necessità di superare la frammentazione globale. Come sottolineano gli autori, molte differenze nei percorsi di approvazione derivano più da un atteggiamento di conservatorismo regolatorio che da reali motivazioni scientifiche.

La sfida, in ultima analisi, è culturale prima ancora che normativa: sostituire la logica della sovranità regolatoria con quella della regulatory reliance e della cooperazione internazionale. L’armonizzazione delle regole, dunque, non è solo una questione tecnica, ma una scelta politica indispensabile per garantire equità, sostenibilità e accesso universale ai biosimilari.

 

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